...continua dalla prima parte
LIBERISMO ED EDUCAZIONE
Chiunque conosce la scuola, appena un poco, sa che è andata sfumando negli ultimi 20 anni la critica sociologica e politica alla sua funzione per essere sostituita da quella liberista. Si è passati dalla critica della scuola per la selezione sociale che operava, per essere di classe ed aliena dai bisogni degli emarginati, ad una critica della scuola per la sua inefficacia per far fronte all'innovazione, alla disoccupazione, alle esigenze dell'impresa.
Il mercato che ormai è l'unico orizzonte possibile ha messo nel dimenticatoio la vecchia idea illuminista della scuola motore di emancipazione sociale. E la critica a quest'ultima concezione della scuola ha buon gioco e sembra abbia avuto argomenti forniti proprio dalla classe politica che si è succeduta negli ultimi 35 anni. Da una parte la gestione disastrosa della massificazione della scuola con la perdita progressiva del suo valore formativo e di affermazione sociale, dall'altra con alcuni avvenimenti epocali come: la scomparsa di molte professioni note che pure avevano una scuola per le quali preparava; il progressivo aumento della precarietà del lavoro a fronte di un apparente benessere avanzante; il venir meno del ruolo di socializzazione che la scuola garantiva a livello infantile ed adolescienziale, ruolo sempre più sostituito dai mezzi di comunicazione di massa; la continua messa in dubbio di molti valori dati per acquisiti e che oggi appaiono obsoleti; ...
L'insieme di questi eventi, e di vari altri che si danno in momenti diversi ed in luoghi e circostanze diverse, rende facile il dire che è necessaria una
Riforma. Questa parola è una espressione che, dal punto di vista epistemologico, è onnicomprensiva di significati. E' in sé una parola accattivante e di per sé, se non si specifica successivamente, è una parola vuota. Si parla di Riforma senza altro aggiungere ogni volta che si vuole eliminare dalla circolazione la possibilità, faticosa, di ragionare, di capire e quindi, solo dopo, intervenire. Le Riforme a priori sono populiste e servono solo a creare consenso tra chi capisce poco dell'oggetto da riformare. Parlare di Riforma certamente si può. Si possono pensare anche Riforme radicali, sconvolgenti lo stato presente delle cose. Ma, parlando di riforma della scuola, agli addetti ai lavori vengono subito in mente alcune domande ineludibili: che tipo di scuola si vuole costruire in luogo di quella esistente ? per che tipo di società è pensata ? a cosa deve preparare ? come deve farlo ? con quali risorse (in più o in meno) ? A queste domande occorre rispondere subito altrimenti l'operazione annunciata di Riforma è una scatola vuota buona, appunto, per operazioni di bassa politica.
Mentre, come già accennato e come vedremo, tutti i documenti di tutte le organizzazioni ed istituzioni mondiali, bilaterali, europee, ... parlano della necessità di una scuola liberista (che definirò tra poco), in Italia si sorvola e si mettono in campo espressioni fanciullesche buone per campagne pubblicitarie ma non per soddisfare le esigenze degli operatori del settore e dei fruitori del servizio. Non si può sostenere che la Riforma della scuola iniziata da Berlinguer e Bassanini nasce dall'esigenza di rendere più flessibile il sapere e più aderente la scuola alle esigenze degli alunni. Neppure che la scuola aveva bisogno di maggiore libertà perché tutti gli studenti avessero modo di esprimersi al meglio. E non vale neanche il richiamo alla Costituzione che vuole una scuola autonoma (altra parola bella ma epistemologicamente priva di significato senza ulteriori specificazioni). Non vale nulla di cose consimili che suonano come la storia a fumetti.
Occorre rispondere a delle domande precise per avvicinare i cittadini alla comprensione di cosa si vuole riformare e come. Iniziamo dalla fondamentale: si vuole una scuola pubblica o privata ? Se si afferma di volere la prima occorre mettere in campo politiche che lo dimostrino. Se, ad esempio, si afferma di volere la scuola pubblica non è possibile toglierle risorse per finanziare la scuola privata. Qualcuno ci prenderebbe in giro. E sembra che le cose siano andate in questo modo. Si è cioè avviato un processo che è in progressiva crescita nel senso di potenziare la scuola privata, con scelte ora certamente contrarie alla Costituzione, potenziamento a cui corrisponde una netta sottrazione di risorse e di personale alla scuola pubblica. Citano sempre cifre utilizzando una matematica da baraccone (nella cosa è esperta la ministra Brichetto Moratti) per mostrare che ciò non sarebbe vero. Naturalmente anche qui il populismo dei valori assoluti la fa da padrone. Faccio un esempio. Se si dice, con un esempio con numeri a caso, che la spesa nel pubblico è aumentata di 100 milioni di euro e che nel privato di solo 1 milione si dice il vero. Sarebbe di maggior interesse sapere che quei 100 sono solo l'1% di aumento che non copre neppure l'inflazione, mentre quel solo milione è il 100% in più e che vola rispetto all'inflazione. Comunque la tecnica dell'informazione su queste cose è scandalosa perché procede con la tecnica ora vista e con quella dello
spezzatino. La quale consiste in questo: ogni fatto considerato separatamente senza presentare mai una situazione globale. Questa è una tecnica ben nota all'informazione TV. E così Berlusconi passa per colui che è indagato per avere, ad esempio, evaso tasse. Non si dice, in una volta, che è (meglio: era) indagato per aver: evaso le tasse, corrotto la guardia di finanza, esportato illegalmente capitali, falso in bilancio, traffico di droga, corruzione di giudici, falsa testimonianza, ed un lunghissimo eccetera. Allo stesso modo di Andreotti che, udite udite, è innocente in quanto è stato mafioso solo dal 1946 fino al 1980. Non vado fuori tema, faccio solo presente che le tecniche informative, alla KGB, sono ben note ed utilizzate nel nostro Paese e lo sono anche nelle informazioni riguardanti la scuola. Un esempio dell'ultima ora: oltre la metà degli edifici scolastici italiani è fatiscente ed a rischio. Questo problema non è distinto dai finanziamenti alla scuola. E non è un pezzetto di carne separato dal vassoio che serve in tavola. Fa parte del vassoio che è miserevole e porta la firma di Berlusconi e Brichetto Moratti (insieme a tante responsabilità pregresse, non ultima la corruzione negli appalti pubblici).
Insomma sembra che la scuola privata avanzi a scapito della pubblica. L'educazione è sempre più considerata come bene privato che ha un valore principalmente economico. Il cambiamento fondamentale di impostazione è che non è più compito della società garantire a tutti un minimo di formazione e cultura, è ora compito dell'individuo capitalizzare in educazione con i loro mezzi usando scuole, che sempre più forniscono servizi
individuali e quindi che sempre più dovranno caratterizzarsi come private, per poi dare il loro contributo alla società, all'impresa, a tutto ciò che abbia carattere produttivo. In questo modo la scuola acquista caratteristiche in completa sintonia con il liberismo dominante. Da un lato la scuola è considerata come utilitarista nel senso che quel sapere che fornisce è strumento di benessere individuale, come se la scuola esistesse solo per fornire materiale umano alle imprese. Per altri versi la scuola diventa liberista in quanto impresa che offre servizi e si deve mettere in concorrenza con altre imprese (scuole) che offrono servizi simili. La scuola è quindi anche essa stessa un mercato. In definitiva, se l'educazione fornisce benessere economico individuale, le relazioni educative non possono essere pensate altrimenti che in modo mercantile. In estrema sintesi stiamo assistendo a questo cambio concettuale profondo, spacciato per quelle sciocchezze di cui più su: maggiore libertà di espressione, autonomia del centro scolastico per sperimentare insegnamenti fantastici, maggiore aderenza alle aspettative degli alunni, scuola che non deve annoiare, che non deve sapere di scuola, in cui si operi con i videogiochi (Maragliano, consulente pedagogista di Berlinguer).
Ma è proprio l'arretratezza culturale della nostra classe politica e sindacale (non voglio pensare alla malafede) che ci fa sembrare il cammino della Riforma come se scaturisse da esigenze nazionali e contingenti. Il processo riguarda tutto il mondo avanzato, e particolarmente l'Europa. E' scopo del Paese guida dell'Occidente, gli USA, creare dei minimi comuni denominatori al ribasso con l'Europa. Occorre azzerare ogni rimasuglio di Stato sociale e quindi di scuola pubblica, per dare campo libero al mercato. E queste cose non sono, appunto, delle novità; sono, ad esempio, annunciate come piano da estendere a tutto l'Occidente in pubblicazioni dell'Unesco che espressamente parlano di decentralizzazione delle scuole, della standardizzazione dei metodi e dei contenuti, della gestione aziendalistica delle scuole, della professionalizzazione dei docenti, della competitività (
competitivity-centred).
E' certo comunque che la scuola è soggetta ad una grande contraddizione: da una parte essa dovrebbe esaudire le aspirazioni egualitarie dei cittadini, dall'altra non lo può fare proprio perché la società è divisa in classi. La tendenza liberista di riduzione dell'imposizione fiscale va immediatamente in contrasto con la necessità di aumentare tale imposizione se si vuole fare fronte all'educazione sempre più specialistica di grandi masse. Quanto detto pone un problema squisitamente politico: occorrono scelte coraggiose e comunicate agli elettori perché non è possibile portare avanti simultaneamente una scuola all'altezza delle sfide culturali e scientifiche dei nostri tempi, con le politiche egoiste del neoliberismo. Si deve quindi dire che quanto hanno iniziato Berlinguer e Bassanini è la costruzione di una scuola che risponde alle esigenze neoliberiste in quanto non aumenta ma ne diminuisce le disponibilità rispetto alle sue accresciute e crescenti necessità (peraltro con forti arretrati da dover colmare).
Poiché so con chi ho a che fare, in gran maggioranza con personaggi che tendono a liquidare chi argomenta contro in modo sbrigativo utilizzando il dispregiativo:
sei un conservatore!, vorrei affermare che la dicotomia tra progressisti e conservatori non si applica ad una questione così importante come la scuola. La questione del voler conservare non è di per sé negativa, tanto è vero che, di fronte agli scempi costituzionali di questa destra arraffona e cialtrona, tutti siamo conservatori. Eppure qualche riforma sarebbe interessante (e non mi riferisco a quelle pasticciate che fece il centrosinistra a fine legislatura). Con la scuola vale esattamente lo stesso. Vi sarebbero state varie cose da cambiare ma nel senso di preparare meglio gli studenti e di dare maggior vigore e credibilità alla scuola di massa. Ho molte volte sostenuto che il numero dei diplomati è falso problema che non si risolve facilitando gli studi. Basterebbe una seria politica di corsi opzionali per avere, a fianco a quella scuola seria e professionalizzante di cui prima, un tal numero di diplomati da far impallidire Brichetto Moratti.
Ed allora iniziamo a ragionare e chiediamoci se siamo di fronte a tante belle parole che nascondono una crescente e voluta descolarizzazione ammantata di giustificazioni pedagogiche (7). Quanto dico ha un qualche sostegno nel
lifelong learning, nell'imparare nel corso di tutta la vita, che viene sempre portata a sostegno di buone intenzioni. Il Consiglio Europeo di Lisbona del 2000 (7bis) ha confermato il ruolo chiave del
lifelong learning nel modello sociale europeo, ruolo che, secondo la Commissione (EU, 2001), si sta affermando attraverso strategie, piani, processi distinti, ma complementari, come, ad esempio, la strategia europea per l'impiego, l'agenda sociale europea, il piano d'intervento per la mobilità e lo sviluppo delle abilità e l
'e-learning. E Berlinguer rivendica Lisbona 2000 quando afferma: "
È stato quel Consiglio europeo del 2000, proprio a Lisbona, ad imprimere la svolta che ha accresciuto nell'Unione, a livello dei Capi di Stato e di Governo, la consapevolezza strategica sul ruolo dell'istruzione-formazione nella società della conoscenza. Da allora, è a questa Europa che dobbiamo l'indicazione di obiettivi comuni, ben oltre il provincialismo delle soluzioni autarchiche o nostalgiche che si continuano a praticare nei singoli stati. E gli obiettivi sono intanto tre: migliorare la qualità, agevolare l'accesso a tutti, aprirsi al mondo" (da l'Unità del 20.09.2004).
Allo stesso modo, anche i documenti relativi alle politiche nazionali fanno riferimento alla necessità di promuovere la cultura dell'apprendimento continuo per far fronte alle pressioni economiche e sociali dell'economia e della società della conoscenza. Vale la pena sottolineare sia la forte influenza delle organizzazioni intergovernative sul dibattito nazionale, sia l'introduzione del concetto di
lifelong learning nei processi di globalizzazione culturale ed economica. Caspita, e come si fa ad affrontare i costi di questa impresa, se non ci sono neppure le risorse per una scuola pubblica decente ? Gli industriali lo sanno e ce lo fanno spiegare dall'OCSE (8) : "
l'apprendimento a vita non può fondarsi sulla presenza permanente di insegnanti ma deve essere assicurato da 'prestatori di servizi educativi' (...). La tecnologia crea un mercato mondiale nel settore della formazione". Chiaro, no? Non si tratta di avere una scuola come riferimento stabile, ma una sorta di servizio d'urgenza fornito a pagamento attraverso TV ed Internet. E' inutile sprecare soldi per una scuola pubblica per educare milioni di persone quando a noi ne servono poche, ben preparate ed a costi infinitamente minori (9). E quest'ultima cosa va sotto il nome di nuove tecnologie didattiche, delle quali sono esperti venditori i suddetti pedagogisti (10).
Alla descolarizzazione strisciante si accompagnano: la progressiva perdita di importanza dell'istituzione scuola che sempre più acquisterà carattere flessibile; la progressiva perdita del valore di promozione sociale ed emancipazione politica della scuola (una bandiera della sinistra da sempre fin quando l'ha fatta cadere), valore sostituito dall'efficacia produttiva e dalla capacità di inserimento nel mondo del lavoro (tutti i valori diventano economici); la progressiva disintegrazione della scuola medesima attraverso la sua scelta individuale secondo una concezione consumistica attraverso la promozione della
scelta delle famiglie (tanto cara ai cattolici), intese come corpo sociale.
Per ora ci troviamo in una fase ibrida di transizione. Da una parte l'esplosione della concorrenza, delle iniziative individuali, spesso estemporanee, seguendo la logica dell'impresa; dall'altro vi è ancora un centralizzatissimo Ministero che tutto decide e dirige.
ENTRIAMO IN QUALCHE DETTAGLIO...