Ringraziamo l’editore e i curatori per averci concesso la pubblicazione di questo saggio
apparso su: Bragato, S. e Menetto, L. (a cura di) E per patria una lingua segreta. Rom e
sinti in provincia di Venezia.
Portogruaro: nuovadimensione [www.nuova-dimensione.it]:
pp. 17-32
Lo scandalo dell’alterità: rom e sinti in Italia
Nando Sigona
Nella seduta della Camera dei Deputati del 27 febbraio 2003, Federico Bricolo, deputato della Lega Nord, chiede al governo maggiori controlli sui nomadi2 e dichiara: “mentre altri fenomeni delittuosi, che si possono fare risalire ad etnie, a bande extracomunitarie presenti nelle nostre città, non hanno comunque una collocazione ben definita, i campi nomadi sappiamo dove e quanti sono. Sono facilmente controllabili”3. Spetta al sottosegretario di stato agli Affari interni, Maurizio Balocchi, rispondere. Balocchi conferma al collega l’impegno del governo “per la sicurezza dei cittadini” e a riprova di ciò richiama l’attenzione dell’aula sul fatto che: “vengono svolti accertamenti e controlli
presso i campi-nomadi dislocati su tutto il territorio nazionale. In più non viene tralasciata ogni iniziativa volta a verificare le possibili violazioni delle norme in materia di immigrazione previste dal testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato”4.
Isoliamo tre aspetti di questo scambio verbale: il luogo dove è avvenuto, il tono della conversazione e la relazione tra campo-nomadi e sicurezza. Il fatto che la conversazione sia avvenuta nella Camera dei Deputati e la naturalezza/normalità con cui i due interlocutori comunicano le rispettive posizioni esprimono chiaramente, da una parte, quanto l’equazione nomadi=criminali sia espressione di un senso comune a cui i due parlamentari implicitamente si richiamano, dall’altra, ci allertano sull’importanza del senso comune nel definire gli interventi e le politiche sui “nomadi”.
Volendo riassumere lo scambio in poche parole potremmo dire: i nomadi, tutti e indistintamente, sono criminali per natura, pertanto è normale che siano oggetto di controlli indiscriminati da parte delle forze di polizia.5 E qui entra in gioco il terzo elemento: il campo-nomadi – il luogo per eccellenza dove vivono i nomadi – è funzionale a tenere questi criminali sotto controllo. Fine riassunto6.
Lo scopo di questo contributo è di mostrare, attraverso un percorso storico a grandi tappe, come i termini salienti di questo tipo di discorsi ricorrano frequentemente nella storia delle relazioni tra società maggioritaria e popolazioni zigane e come abbiano portato, in più occasioni, a conseguenze tragiche per la vita di rom e sinti. Infine, portando lo sguardo sul presente, si guarderà più in dettaglio alla relazione tra pregiudizi, stereotipi e politiche.
note:
1 Nando Sigona è ricercatore presso la Oxford Brookes University in Gran Bretagna e tra i fondatori di osservAzione – centro di ricerca azione contro la discriminazione di rom e sinti (www.osservazione.org). Si occupa di asilo politico e migrazioni forzate in ambito europeo e di rom e sinti in Italia e Europa. Autore di numerosi saggi su queste tematiche, nel 2006 ha ricevuto il premio Di Liegro per la ricerca sociale.
2 I termini di uso comune “zingaro” e “nomade” sono eteronimi, imposti sui destinatari dall’esterno, da chi in una determinata fase storica ha il potere di farlo. Nonostante da più parti si sia sottolineato come possano risultare ingannevoli se non denigratori (Marta, 1996; Colacicchi, 1998), risultano ampiamente utilizzati.
Fungono da termine generico per indicare una pletora di gruppi e comunità rom e sinti che Piasere ha definito “un mondo di mondi” (Piasere, 1999). L’eterodenominazione è un aspetto che non va trascurato. Dice Piasere che la categoria “zingari” “deve essere decostruita e poi ricostruita incorporando dentro di lei i rom nelle loro varie e diverse comunità e migrazioni” (Piasere, 2004: 4).
3 Camera dei Deputati, Svolgimento dell’interpellanza urgente n.2-00648 dell’On. Dussin, 27 febbraio 2003.
4 Anche se, come il sottosegretario sa, molti degli abitanti dei campi nomadi sono cittadini italiani.http://www.osservazione.org/documenti/Aliqui%20dicebant.pdf