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Autore Topic: È confermato: la Commissione europea chiede «chiarimenti» al governo italiano  (Letto 2211 volte)
Luisa
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« il: 04 Luglio 2008 - 09:05:48 »

L’Unità 03-07-08
L’Europa avverte l’Italia
«No a differenze su base etnica»


di Paolo Soldini / Roma

È confermato: la Commissione europea chiede «chiarimenti» al governo italiano sull’iniziativa di registrare le impronte digitali dei bambini rom. Ne ha dato notizia Antonia Carparelli, capo dell’ufficio brussellese cui è approdato (o meglio: approderà quando Maroni e il resto del governo la smetteranno con l’indegna melina di queste ore) il dossier, e cioè l’Unità inclusione e aspetti sociali dell’immigrazione della Direzione Generale che fa capo al commissario Vladimir Špidla.

Ieri, insieme con la Direttrice generale della DG Sanità Paola Testori Goggi e con il rappresentante della Commissione a Roma Pier Virgilio Dastoli, la dott. Carparelli era a Roma per presentare alla stampa italiana l’Agenda sociale europea, un pacchetto di misure contro la povertà e le discriminazioni che contemporaneamente veniva illustrato a Bruxelles. Il tutto un paio d’ore prima che il ministro Maroni si recasse alla Camera a rispondere a un’interrogazione presentata sull’argomento nel question time e, con una ostinazione degna di cause ben più nobili, ripetesse la «gravissima imprecisione» (eufemismo per non dire balla astronomica) secondo cui l’ordinanza per l’«identificazione» dei bimbi nomadi non violerebbe «alcuna norma o direttiva europea».

In realtà ne viola un bel numero, e soprattutto, in modo evidentissimo, quella su cui si basa l’intera politica anti-discriminazioni dell’Unione europea, e cioè la direttiva 2000/43/CE, che ha valore di legge in tutti gli stati dell’Unione e che proibisce espressamente all’art. 1 comma 3 «qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata sulla razza o l’origine etnica» (forse sarebbe utile se Maroni e i suoi pappagalleschi epigoni questa frase se la appuntassero su un taccuino).

Il ministro, alla fine del question time, ha anche trovato modo di accendere il suo personale fronte di fuoco con la magistratura attaccando il gip di Verona che ha scarcerato l’altro giorno dei nomadi accusati di aver spinto i figli a rubare. «Continueremo a indagare - ha detto - e controlleremo, ma di più non possiamo fare: siamo nelle mani della giustizia».

Intanto potrebbe cominciare, il ministro dell’Interno, a controllare la coerenza delle sue proprie esternazioni. Alla Camera infatti ha pensato di fare una furbata sostenendo che c’era stato un «equivoco dei giornali» (il Gran Capo docet) e che le misure riguarderebbero non solo i piccoli rom, ma «tutti gli abitanti dei campi nomadi abusivi». Il che però contrasta con quello che Maroni stesso ha più e più volte asserito, e comunque non salva la frittata. Infatti, pure se il ministro per essere coerente ordinasse per assurdo il rilevamento delle impronte digitali di tutti quelli che in Italia sono senza un domicilio ufficiale, italiani o no, incapperebbe in una pratica discriminatoria altrettanto illecita. Non solo rispetto alla normativa Ue ma anche sotto il profilo della Costituzione italiana.

Insomma, più parla e più si mette nei guai da solo. Giustamente i rappresentanti della Commissione, ieri, gli hanno tolto ancora una volta da sotto i piedi il tappeto che il ministro leghista va strapazzando in malo modo da giorni. Dastoli ha messo in evidenza quello che l’«Unità» aveva già scritto ieri, e cioè che il riferimento alla «pratica europea» dietro la quale Maroni aveva cercato di nascondersi riferendosi a un regolamento che effettivamente prevede il prelievo delle impronte digitali anche ai minori è un’altra delle sue - come dire? - «gravi imprecisioni».

Il regolamento 380 serve a rendere univoci i criteri di elaborazione dei permessi di soggiorno per gli extracomunitari. Riguardano in minima parte i rom, cheall’80% nel nostro paese sono italiani o cittadini comunitari, e non riguardano in alcun modo, ovviamente, i «nomadi». Intanto Špidla, al Barleymont, ribadiva che le norme europee sono «chiare»: «Non si possono stabilire differenze sulla base dell’etnicità». Rispondendo poi a chi gli chiedeva se «è preoccupato» per quanto avviene in Italia, il commissario ha aggiunto che, mentre attende ancora comunicazioni ufficiali, le notizie provenienti da Roma delineano un quadro teoricamente «grave» e «sono tali che sarà importante seguirne gli sviluppi».

Che succederà ora? Il governo italiano, prevedibilmente, continuerà a fare melina e prenderà tutto il tempo possibile per fornire i «chiarimenti» richiesti. A meno che non diventi di per sé punibile la manifesta reticenza del gabinetto Berlusconi (il che però potrebbe avvenire abbastanza presto se le schedature cominceranno ad essere sistematiche e se la Commissione reitererà inascoltata la sua richiesta di spiegazioni), le istituzioni europee non possono adire in proprio alla Corte di Giustizia.

Lo può fare però, ricordavano ieri i rappresentanti della Commissione, qualsiasi cittadino europeo, sulla base dell’art. 13 del Trattato in vigore.

È ciò che sta già avvenendo in queste ore.
« Ultima modifica: 04 Luglio 2008 - 09:54:43 da Luisa » Loggato
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