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Autore Topic: Cheją Celen - il sogno delle ''ragazze che ballano''  (Letto 4831 volte)
Luisa
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« il: 26 Giugno 2008 - 04:54:18 »

La repubblica 26-06-08
Il sogno delle piccole danzatrici,
un documento per esistere




ROMA - E adesso chi avrą il coraggio di dire ad Ambra, la ragazzina di 13 anni che mi sta davanti, che dovrą mettere la sua mano sull“inchiostro, sporcarsi quelle dita affusolate, abituate a muoversi al ritmo della musica, e lasciare all“autoritą le sue impronte di etnia sotto controllo? Ambra la prenderą male.

Era appena uscita dal suo guscio, aveva appena trovato l“orgoglio dell“identitą attraverso la passione per la danza. Storia di un esperimento che, con questo clima, potrebbe bloccarsi fino a morire. Ambra fa parte delle Cheją Celen, «ragazze che ballano». Un vero corpo di ballo, inventato a Roma da Vania Mancini, responsabile del progetto di scolarizzazione dei minori Rom, per conto del Comune veltroniano (e ancor prima rutelliano) in collaborazione con l“Arci. Vi ricordate Billy Elliot, il ragazzino figlio di minatore, che danzava come un dio sulle punte? Ecco: come in un film, Vania intuisce che, per integrare e mandare a scuola le ragazzine Rom del campo di Monte Mario, bisogna partire dalla loro cultura, dal loro amore per la musica e il ballo.

Nasce cosģ il gruppo, si comincia con un vecchio stereo e qualche cd. Ragazzine che si fanno fare i vestiti colorati dalle mamme, che si esibiscono prima nelle scuole e poi anche in un vero teatro con i camerini, quello di Villa Lazzaroni. Giovani Rom che scoprono di "esistere", di valere qualcosa anche per i gagé, i non zingari. Felici finalmente di esprimersi, di danzare a piedi nudi, con il ventre scoperto, al ritmo di canzoni non solo rom ma anche indiane e arabe.

La loro storia č in un libro che Vania Mancini ha scritto per le edizioni Sensibili alle Foglie, fotografie di Tano D“Amico. Dice una di loro: «Il mio sogno č di avere un documento, pensa che bello essere libera di esistere, di andare dove voglio».

Quando rilasciņ la sua testimonianza per il libro, Ambra era dura, diffidente: «Non mi sento italiana, mi sento una Rom. Loro vivono nelle case, noi nelle " stalle"». Che cosa vuoi fare da grande? «La parrucchiera».

L“ho incontrata poche settimane fa. Ambra la pensi ancora come allora? «No, sono cambiata. Io danzo con le Cheją Celen e ho capito che da grande voglio fare l“insegnante di ballo».

(a.lo.)
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