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Autore Topic: Leggi Razziali - Quella Grande Vergogna firmata dallo Stato  (Letto 2351 volte)
aemme
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« il: 07 Luglio 2008 - 07:47:35 »

Quella Grande Vergogna firmata dallo Stato

di Fabio Isman
ROMA (5 ulglio) - Il 14 luglio 1938, giusto 70 anni fa, la Francia celebrava per la 149ª volta la presa della Bastiglia; l’Italia invece cominciava a vergognarsi della sua “menzogna della razza”. Quel giorno, viene infatti pubblicato il Manifesto degli scienziati razzisti, in realtà scritto però da un solo assistente universitario, e anzi nemmeno: a Guido Landra l’aveva dettato Mussolini, che lo aveva convocato a febbraio, a dimostrazione di un programma non del tutto improvvisato. I 58.412 ebrei italiani, un sesto con tessera fascista, diventano così minacciosi stranieri: «Sovvertitori della comunità», «cospiratori plutogiudeomassoni».

Espulsi da impieghi, scuole, accademie, forze armate. Interdetti dalle professioni liberali, dal lavoro in banche e assicurazioni. Una serie di odiose discriminazioni: patrimoni limitati e il di più confiscato; idem per le case; ai piloti, vietato volare; a tutti, di avere colf ariane; presto perfino l’obbligo di consegnare le radio (per non divertirsi troppo con i Concerti Martini & Rossi?). Negli atenei, nascono cattedre di razzismo; alle amministrazioni pubbliche è proibito ogni affare con ebrei; cancellati tutti i libri di non ariani; presto non potranno avere più impieghi nello spettacolo; essere pescatori dilettanti, o autisti di piazza; allevare colombi viaggiatori; iscriversi tra i poveri per un sussidio; appartenere alla Protezione animali; recarsi nelle località turistiche. E’ proibito macellare kasher. Eliminati pure dagli elenchi del telefono, e dalla memoria: un avvocato si becca un anno di confino, a Bologna, per avere onorato un collega scomparso, però non ariano. E’ solo un caso che due mesi prima Hitler fosse venuto in visita solenne a Roma?

Settant’anni or sono, nasce il sistema antiebraico più articolato dopo quello tedesco; con alcune norme ancora più persecutorie di quelle del Reich: l’espulsione dagli studi, o degli stranieri. Pochi lo ricordano, ma in quelle leggi è scritto anche che un italiano può sposare una straniera soltanto con il placet dello Stato; e non può se è dipendente pubblico. Tante famiglie sul lastrico. Espulsi 3.057 ufficiali, 400 professori e maestri, 240 docenti e assistenti dagli atenei (6 su cento); revocate 200 libere docenze; al bando 114 autori. Esclusi il figlio del sindaco Ernesto Nathan da Banca d’Italia, e l’allenatore del grande Torino di calcio Egri Erbstein. Invece nasce Didimo, il primo giornalista scientifico su Corriere della Sera e Stampa negli Anni 50 e 60: Rinaldo De Benedetti Sagredo, agnostico, si scopre ebreo nel ’38; campa inventando (senza nome) le Garzantine. Dalla Ghirlandina, a Modena, si suicida l’editore Angelo Fortunato Formiggini (funerali notturni: 5 parenti e 30 agenti). La Scala obbliga i non ariani a restituire l’abbonamento: potranno acquistare i biglietti; Erich Kleiber, «come cristiano e musicista», si infuria, rifiuta di dirigere un’opera che (ironia del caso) è un inno di libertà: il Fidelio. Il fratello del rabbino Toaff, chirurgo, è interrotto a metà intervento: non può più curare ariani; va in Palestina.

Nasce il razzismo di Stato, «di inescusabile nefandezza e gravità» per citare Renzo De Felice. La persecuzione dei diritti è prodromo della persecuzione delle vite; s’innesta sul consolidato antisemitismo cattolico: fino all’ultimo Concilio, cioé quasi l’altro ieri, i “giudei” erano «perfidi» e «deicidi».Padre Agostino Gemelli, fondatore della Cattolica, scriveva 20 anni prima: «Se tutti morissero, sarebbe una liberazione»; e il primo atto di un Papa, la Presa di possesso, processione dal Laterano a San Silvestro, passava sotto l’arco di un “Cristo miracoloso”: percosso da un ebreo, aveva sanguinato. Eppure, Papa e Re sono gli unici eventuali oppositori del duce. Pio XI a settembre afferma: «Siamo spiritualmente tutti semiti»; i 29 articoli del 17 novembre 1938 e gli altri decreti, re Vittorio li sottoscrive senza fiatare. Anni fa, Maria Pia di Savoia, rileggendoli a Ginevra, chiedeva stupita alla sorella Maria Gabriella: «Dis donc, ma il nonno ha davvero firmato un’infamia simile?». I deputati, assenti quelli ebrei, approvano unanimi; al Senato, 10 contrari. In tanti hanno studiato questa infamia: fino a Marie-Anne Matard-Bonucci (L’Italia fascista e la persecuzione degli ebrei, del Mulino, è recentissimo). Perché capirla non è facile.

Nel Dna degli italiani il razzismo non c’era. Mussolini, in pochi mesi, compie un’incredibile escalation. Nel 1937, con tanto di fanfara, giovani fascisti e fez, a Firenze, nel giardino della sinagoga, s’era celebrata la presa di Addis Abeba: un «artistico ceppo», una frase del duce incisa. E dal 1934 al ’38, quella della Marina a Civitavecchia ospita la Scuola dei futuri esperti navali di Israele: un accordo con Jabotinsky, sionista e revisionista. A Roma, fino al ’35, ministro delle Finanze è l’ebreo Guido Junk; sei senatori sono “giudei” nel ’38 (cesseranno di inviare loro gli atti; i commessi invitati a dissuaderli dall’entrare). Gli ebrei “padroni” d’azienda sono 5.782 (82 su 100 commercianti; appena lo 0,5 in banche e assicurazioni), e 466 i dirigenti. Ma già dal ’35 abbondano le vignette sull’ebreo avaro, naso adunco e labbra grosse; magari (Marc’Aurelio ’36), un banchiere con le ghette. La stampa fa da “pesce-pilota”: il senatore Ettore Conti parla di «un crescendo di canea»; De Felice di «sconcio». In un anno di Travaso, 114 vignette; perfino Leonardo è un «pittore razzista»; sul Corriere della Sera, il tema è in prima pagina ogni due giorni. Arturo Carlo Jemolo si indigna: «Esempi di viltà e bassezze a non finire».

Però il razzismo di Stato parte da lontano. Nel ’34 il duce fa pubblicare il Mein Kampf (come, dal ’21 al ’37, farà con I protocolli di Sion); esce da Bompiani, senza il nome del traduttore: perché, spiega Giorgio Fabre, è ebreo. Nel ’38, Mussolini pensa di sistemarli tutti in Africa; e nel ’40, spiega al loro presidente Dante Almansi che dovranno «lasciare, gradualmente ma definitivamente, la Penisola». Già prima delle leggi, alcuni previdenti le applicano: i Ministeri “arianizzati”, alcuni licenziati; da aprile, basta permessi a chi commerci.

La follia dell’Europa sferza anche l’Austria annessa, l’Ungheria, la Romania. Un terzo degl’italiani ebrei cerca di salvarsi con la discriminazione, cioé il riconoscimento di meriti speciali: alla fine, saranno seimila in tutto. Bottai e Starace non sapevano; De Bono, Federzoni e Balbo erano contrari. La Società delle Scienze radia uno straniero: Albert Einstein. Dopo la guerra, ma questa è anche un’altra storia, dei 58.412 che erano nel 1938 (al momento del primo atto di persecuzione: un censimento volto «più a sottomettere che a conoscere»), ne rimangono circa 30 mila. Oggi, 70 anni dopo, un pensiero a chi non c’è più. Ma, per favore, anche a chi ha sofferto la persecuzione.

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