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Autore Topic: Roma, quelli che vivono rovistando nei cassonetti  (Letto 2202 volte)
aemme
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« il: 09 Agosto 2008 - 06:52:44 »

Dopo l'annunciata ordinanza di Alemanno, viaggio in un campo rom
"La mia famiglia ha solo questa risorsa, rilascio regolare fattura"
Roma, quelli che vivono rovistando nei cassonetti

testo e fotografie
http://www.repubblica.it/2006/05/gallerie/cronaca/rom-cassonetti/1.html

di STEFANIA CULURGIONI

 ROMA - "Se passerà il divieto di frugare nei cassonetti, io non saprò più come mantenere la mia famiglia. E allora che sia il Comune ad aiutarmi a trovare una soluzione". Fikreta Suleimanovjc, rom bosniaca di 40 anni, abita nel campo autorizzato di via Salviati, a Roma. Per lei e per le altre donne dell'insediamento sono giorni di forte apprensione.

Il 6 agosto infatti, il sindaco Gianni Alemanno ha annunciato un'ordinanza che vieta il rovistaggio nei cassonetti della città. Un provvedimento che ha scatenato fortissime polemiche da parte delle associazioni di solidarietà e che, nel giro di poche ore, è stato ritirato.

"Ci siamo fermati per ulteriori verifiche" ha detto il sindaco che ha fatto una temporanea marcia indietro. Lasciando però nell'incertezza intere famiglie rom che vivono proprio di quell'attività: il recupero e la vendita dei rifiuti dei cassonetti.

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Fikreta abita nel primo settore del campo (il secondo è quello dei korakhané, e le due parti sono separate da una lamiera arrugginita alta due metri). Cinquanta container, sito autorizzato dal Comune, costruito nel 1999 per ospitare i rom sgomberati dal Casilino 700. Trecentocinquanta persone circa, un numero sempre in aumento per la nascita, costante, di neonati.

E' nata a Mostar in Bosnia, e a Roma ci è arrivata 18 anni fa, subito dopo la guerra. "E da allora - racconta - il mio lavoro è questo: raccogliere gli oggetti che trovo nei cassoni, rivendere il ferro agli sfasciacarrozze e il resto nei mercatini. Un lavoro che, secondo me, è onesto. Non sporco, non mendico, non mando i miei figli a chiedere l'elemosina".

La sua giornata tipo comincia molto presto: sveglia alle cinque del mattino e poi con la macchina via verso la zona di Cinecittà ("perché lì c'è un altro campo dove mi conoscono e mi lasciano fare", spiega). Con un gancio di ferro e il baule aperto, la raccolta comincia subito. "Raccolgo tutti i rifiuti abbandonati - dice - biciclette, forni, lavastoviglie, scaldabagni, materassi, reti del letto, macchine da cucire, lampadari, ferri, scarpe, vestiti, cavi, pezzi di elettrodomestici da cucina. Tutte cose abbandonate accanto ai cassoni verdi, oppure buttate dentro. Io carico tutto in macchina e torno al campo".

A mezzogiorno un altro giro di perlustrazione, e nel pomeriggio il secondo passaggio: "Vado dagli sfasciacarrozze che comprano tutto. Mi danno più o meno dieci centesimi e io riesco a fare anche 50 euro al giorno. Mi rilasciano una regolare fattura. Grazie alle ricevute finora ci ho potuto fare la dichiarazione dei redditi, che mi ha permesso di rinnovare il permesso di soggiorno. Sono pure iscritta alla Camera di commercio con la dicitura di artigiano autonomo".

Quello che non smercia agli sfasci, Fikreta lo rivende nei mercatini. Si aggancia da abusiva accanto alle bancarelle regolari oppure si mette per strada, con un telo per terra. "Chi viene a comprare? Sia italiani che stranieri". Persone che acquistano scarpe, oggetti, vestiti per pochissimi euro.

"Ma che mi bastano - dice Fikreta - per mantenere la mia famiglia. Il Comune mi passa 120 euro al mese per mantenere libri e quaderni dei ragazzi, ma non sono sufficienti per tutto".

Tutto il campo rom è una specie di magazzino all'aperto di ferraglie accatastate, di motori da sezionare, ruote di biciclette, lamiere di ferro, elettrodomestici, assi da stiro, batterie delle auto, tricicli. Un piccolo bazar di rottami da aggiustare e rivendere. In gran parte prelevati dalla città che vomita rifiuti, altre volte dalle cantine come servizio richiesto da chi cambia o vende casa e vuole liberarsi della roba inutile e quindi chiama i rom, altre ancora, forse, rubata.

"Ma quello dei cassonetti - assicura Fikreta - è un lavoro onesto. E io sono molto arrabbiata con quei rom che lo fanno e lasciano sporco tutto intorno. Spero davvero che il sindaco ci ripensi".

(9 agosto 2008)

http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/cronaca/rom/cassonetti/cassonetti.html
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