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16  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Milano - Un euro di tassa ed altre regole nei campi rom il: 06 Gennaio 2009 - 07:49:02
Milano - Un euro di tassa
ed altre regole nei campi rom


Un euro di tassa per ogni residente maggiorenne dei campi rom. Dopo il primo anno la tassa di soggiorno aumenta ogni sei mesi in più di permanenza. Fino a tre anni, dopo vivere nel campo rom non sarà più possibile. Sono le disposizioni contenute nel nuovo regolamento che disciplina i campi rom autorizzati di Milano. Il regolamento è ancora sul tavolo del prefetto Gian Valerio Lombardi, che a Milano è anche commissario straordinario per l′emergenza rom. Le proposte di modifica al documento che arrivano da Palazzo Marino sono tante.

Non si chiameranno più campi nomadi, meglio definirli «aree di sosta transitorie destinate alle minoranze rom e sinti». Secondo Mariolina Moioli, assessore alle politiche sociali del comune, dietro le formule lessicali si nasconde un obiettivo: «bisogna superare il concetto di campo nomadi, dove persone che in realtà sono del tutto stanziali vivono a tempo indeterminato senza integrarsi».

La finalità delle nuove norme sugli insediamenti, dunque, è di rendere temporaneo e non permanente il soggiorno nei campi. Infatti una delle misure in discussione è quella di collegarli a percorsi d′inserimento al lavoro con una precisa condizione: al secondo rifiuto, scatta l′espulsione. Attualmente a Milano ci sono undici campi regolari. Con l′esempio di Triboniano e del patto di legalità e solidarietà, sperimentato negli ultimi anni, a fare da guida per qualsiasi politica sul tema.

L’accento viene posto sui presidi sociali e sui controlli, si ribadisce l’obbligo di mandare i bambini a scuola, il rispetto delle norme igienico-sanitarie, badge da esibire agli ingressi a operatori sociali e vigili. Sui maggiori controlli insiste anche il vicesindaco Riccardo De Corato: se non proprio presidi fissi davanti ai singoli campi, almeno «visite» più assidue davanti agli insediamenti.

Le norme previste per il Comune di Milano potrebbero essere applicate anche ad altre realtà.

http://www.consorzioparsifal.it/notizie.asp?id=2549
17  Lingua e cultura ROM / Materiali Trasversali / NON CHIAMARMI ZINGARO - Un libro il: 05 Gennaio 2009 - 08:51:25
‘NON CHIAMARMI ZINGARO'

Zingari: essere fastidiosi, petulanti, puzzolenti, fuori dalla legge. È sotto gli occhi di tutti, tranne di chi ha fette di mortadella stantia sugli occhi come siano un pericolo sociale non solo perché si introducono nelle case a rubare, non solo perché ti rubano il portafogli mentre cammini lungo una via del centro, non solo perché si fingono zoppi per chiedere l'elemosina (che poi è il male minore), non solo perché per farlo sfruttano i bambini ancora in culla quasi. Eppure, nonostante tutto questo sia una netta evidenza innegabile, vi è chi, giustamente, ha un altro punto di vista.

Chi crede, liberissimo, che i campioni dell'illegalità siano solo gli italiani. Il che può essere anche in parte vero. Peccato che normalmente la gran parte di essi sgobba tutti i giorni per portare a casa la pagnotta. Al contrario degli zingari che commettono solo illegalità e vivono da parassiti. Due punti di vista che fanno letteralmente a cazzotti fra di loro. Il primo è quello della gente comune, della gente onesta, della gente che, appunto, sgobba per mantenere la famiglia. Il secondo è anche quello di Pino Petruzzelli che domani presenterà il suo libro ‘Non chiamarmi zingaro' presso il salone della Banca Popolare di Sondrio, in corso Martiri a Lecco. Parteciperanno anche alcuni componenti la ‘Banda del Villaggio Solidale'. L'incontro è proposto da ‘Qui Lecco' e Centro Khorakhné.

Secondo il punto di vista dell'autore, e dei promotori dell'incontro, vi è fondamentalmente del razzismo nei confronti degli zingari, dei lavavetri. Sempre secondo loro scatta la tolleranza zero solo nei confronti di questa gente. Tutti a correre come pazzi sull'autostrada, ma se un rom ubriaco provoca un incidente ecco che parte l'emergenza zingari, tutti colpevoli. Peccato che le cose stiano in modo ben diverso. L'emergenza zingari non scatta solo per la presenza di un petulante lavavetri in strada (che è meglio di uno sfruttatori di bambini per mendicare, sempre meglio di chi entra nelle case a rubare sfruttando minorenni). L'emergenza scatta proprio perché la gente è stufa di loro, del loro essere fuori dalla legalità. La gente condanna senza remore anche il concittadino, il connazionale se ubriaco ammazza qualcuno per strada. La Legge, la Giustizia non fa distinzione alcuna.

Indi per cui parlare di odio razziale appare molto fuori luogo. Appare il punto di vista di chi, appartenente evidentemente a una certa fetta politica, con la propria cecità si è reso colpevole dell'invasione di delinquenti d'ogni sorta giunti da fuori Italia.

Per questa fetta politica non esiste, a suo modo di vedere, il clandestino.

Esiste il migrante. Sono due cose nettamente distinte: il clandestino va preso a calci in culo solo per il fatto che ti entra in casa senza bussare, clandestinamente appunto. In ogni caso è giusto ammettere, secondo chi propugna l'altro punto di vista, che non tutti gli zingari sono delinquenti. Qualcuno fra loro di onesto c'è.

Ci sono storie di rom e di sinti particolare: la zingara medico che sorveglia sulla nostra salute, lo zingaro responsabile degli antifurti di una banca, l'insegnante, i bambini che vanno a scuola (migliaia di zingari fanno gli infermieri e i fornai), il prete: realtà che sembrano straordinarie ma che appartengono alla vita quotidiana e che Petruzzelli, con il suo punto di vista mette in evidenza dando loro la parola, andandoli a trovare nelle periferie delle nostre città ma anche in Romania, Bulgaria, in Francia. Racconti di vita dura e sofferta, di miseria e d'intolleranza, di forti tradizioni, diverse dalle nostre. L'autore ricorda anche le persecuzioni e le torture che gli zingari hanno subìto in Germania e in Svizzera. Storie scomode, che nessuno vuole riconoscere, per evitare possibili risarcimenti. Aspetti innegabilmente esistiti ma che non hanno nulla a che fare con il nostro quotidiano vivere. 
 
 
 
17.10.2008 
18  Lingua e cultura ROM / Documenti e riferimenti normativi / Trieste: Campo sinti, sentenza importante il: 05 Gennaio 2009 - 08:25:23
lI Piccolo - Trieste:
Campo sinti, sentenza importante

Campo nomadi di via Pietraferrata: assolti in 15, Comune inadempiente
Il giudice: regolare l'occupazione in via Pietraferrata. «Comune inadempiente»


di Claudio Ernè

«Non costituisce reato». Con questa formula il giudice Giorgio Nicoli ha assolto quindici sinti
dall'accusa di aver occupato abusivamente il campo di via Pietraferrata in cui vivono da più di
vent'anni.

Inglis Levacovich, Stefano Levacovich, Sarita Stefani, Sergio Hudorevich, Tiziana Carri, Luigi
Caris, Rosalba Carri, Marisa Carri, Amelia Carri, Genny Kari, Elvis Levacovich, Romeo
Levacovich, Jeffrey Levacovig, Nataly Levacovig e Cristina Levacovich erano stati rinviati a
giudizio nel lontano 2005 dal pm Michele Stagno che aveva avviato l'inchiesta in base all'esposto
presentato da una società udinese che aveva acquistato l'area dall'E nte zona industriale per
realizzarvi un capannone. Ma l'Edilfriuli, nonostante le ripetute sollecitazioni anche a livello
giudiziario, non è mai riuscita ad avviare i lavori a causa della presenza del campo nomadi. E i sinti
sono sempre usciti vittoriosi dai processi penali intentati loro con l'accusa di aver occupato
abusivamente quel terreno. Una condanna pronunciata in primo grado tre anni fa dal giudice Paolo
Vascotto, era stata annullata dai magistrati della Corte d'appello. Tutti assolti.

Anche l'ultimo esposto, sfociato in questo processo, non ha avuto esito. Il difensore dei quindici
imputato, l'avvocato Sergio Mameli, ha dimostrato che nel 1990 - 18 anni fa- il Comune di Trieste
aveva assegnato un numero civico all'insediamento. L'Acegas aveva allacciato una linea elettrica in
base alla sottoscrizione di un contratto. L'Azienda sanitaria aveva ritenuto l'area adeguata
all'insediamento e la polizia e i carabinieri avevano notificato ai sinti numerosi atti giudiziari e
citazioni a giudizio. Tutti sapevano, ma nessuno ha mai fatto nulla.

Va aggiunto che il Comune di Trieste- anche in presenza di una precisa legge regionale- non ha mai
indicato ai sinti un'area alternativa a quella di via Pietraferrata dove potersi insediare con le famiglie
e i bambini. Secondo il difensore gli imputati non hanno agito con dolo; al contrario sono stati
costretti- quasi obbligati a vivere lì- da una situazione di forza maggiore, nota a tutte le autorità da
anni ma mai risolta. In sintesi la legge regionale è rimasta lettera morta perché le scelte del Comune
di insediare il campo qui o lì, hanno sempre incontrato la vivace opposizione dei residenti. Basta
pensare all'episodio di Opicina dove è sorto uno specifico comitato e dove era stata minacciata la
secessione da Trieste con la nascita di un nuovo municipio autonomo.

Ieri in aula il pm Maddalena Chercia aveva chiesto in base all'a rticolo 633 del Codice penale la
condanna di tutti i quindici imputati a pena comprese tra i quattro e i sei mesi di carcere. Ma il
giudice ha accolto la tesi della difesa: tutti assolti. Va aggiunto che la sentenza non ha legittimato
l'occupazione del terreno di proprietà dell'Edilfriuli. Ha solo detto che i sinti non hanno agito con
dolo. In pratica la palla passa ora al Comune e alle altre autorità cittadine. Spetta loro risolvere il
problema in via amministrativa e politica, non alla Giustizia penale.

(17 dicembre 2008)
19  Lingua e cultura ROM / Proposte ed iniziative / Re: Milano, la federazione Rom Sinti Insieme ha incontrato il Prefetto Lombardi il: 12 Ottobre 2008 - 09:58:55
ciao luciano
grazie per la segnalazione

ci sono dei progetti nella tua scuola?

e' importante che siano conosciuti se si ce ne parli?
vale anche per tutti gli alti ....

luisa

Saluti a tutti.Sono Luciano docente di sostegno in una scuola di secondigliano(NAPOLI)........molti lumard dovrebbero prendere esempio dalla scuola napoli e i progetti di integrazione dei rom.
20  Lingua e cultura ROM / La musica / GOGOL BORDELLO Ethno-Punk Super Taranta il: 28 Agosto 2008 - 08:05:13
GOGOL BORDELLO Super Taranta(Side One Dummy) 2007
ethno-punk



di Claudio Fabretti

Non si sa chi sia stato il primo a riaffondare le mani nel pozzo senza fondo delle feste gitane, delle tziganate alticce e scoppiettanti che fanno lievitare l'ascoltatore da terra, come la sposa dell"Underground" di Emir Kusturica. Certo è che Goran Bregovic e sodali hanno visto lungo, con la giusta dose di paraculaggine, schiudendo le porte di questa patchanka scalmanata dell'Europa orientale, e portandosi dietro orde di frenetici gypsy-rocker in giro per il mondo.

Il nome del momento è quello dei Gogol Bordello, combriccola rom pilotata dall'Ucraina a New York dall'istrionico acrobata Eugene Hutz, pronto a stupire gli spettatori con il suo circo ethno-punk senza rete. Una irriverente mistura di danze sfrenate e sbornie di vodka, polke e rumbe, gighe selvagge e unza unza, tenute insieme dall’ironia e da un piglio folk-punk preso in prestito dai sublimi Pogues di Shane McGowan, dal quale Hutz mutua anche il registro ebbro e rugginoso.
Sarà la moda, saranno le dritte del marito Guy Ritchie, fatto sta che il bordello del fu Nikolaj Vasil'evič è diventato addirittura l’ultima ossessione musicale di Madonna, che ha deciso di coinvolgere Hutz nel suo primo film da regista, "Filth & Wisdom". E per Hutz non sarà la prima volta, dopo l'incursione nel set al fianco di Elijah Wodd nel film "Everything Is Illuminated" (tratto dal romanzo di Jonathan Safran Foer), al quale i Gogol Bordello hanno anche donato un paio di brani, andando ad arricchire la già ottima colonna sonora firmata Paul Cantelon.

Ecco allora, in pieno sbraco estivo, il momento giusto per un’uscita ad alto tasso di furbizia come questa "Super Taranta", con la sua foga gypsy-punk sapientemente dosata in cabina di regia dal produttore Victor Van Vugt (già al fianco di Nick Cave, PJ Harvey e Depeche Mode). Quattordici esuberanti vignette che - c'è da scommetterlo - faranno muovere parecchie natiche in giro per il mondo, con la loro irresistibile carica di kitsch gitano e groove tarantolato, riciclato - a modo loro - dalla tradizione del ballo popolare salentino (tutto sarebbe nato dalla visione di un quadro toscano dove una donna in preda alle convulsioni veniva rasserenata da un suonatore di violino). A esasperare il tutto, sprazzi di reggae, dub, metal e persino le trombe del New York’s Slavic Soul Party. Un casino (nomen omen...) dalle marcate virtù terapeutiche, se è vero che il fine ultimo del disco è "abbattere la tensione e l’isteria globale, trasformando tutta l’energia negativa che ci circonda in positiva, come fece la tarantella originariamente", secondo le parole dello stesso Hutz.

Rispetto all'esordio "Gipsy Punks Underdog World Strike", si rinsalda il legame con le sonorità dell’Europa orientale, in particolare con autori come Sasha Kolpakov e Vladimir Visotsky. E l’ingresso in organico del talentuoso bassista etiope Thomas Gobena aggiunge profondità al sound del gruppo, che tuttavia appare ancora troppo caotico per reggere sulla lunga distanza. Troppi i doppioni di ritmi, coretti e urla, e troppi gli spoken-word logorroici. Non mancano, tuttavia, le occasioni per tracannarsi un bel cocktail infuocato, a cominciare dal singolo "Wonderlust King", esplosione caciarona con un irresistibile coro cantato, e dalla spasmodica title track, che farebbe schiodare dalla sedia anche il solito orso che non balla mai alle feste, per proseguire con la rumba prepotente di "Alcohol", il divertissement da sagra paesana di "Harem In Tuscany" o gli invasati violini klezmer di "Suddenly...(I Miss Carpaty)". Le vibrazioni di "Dub The Frequencies Of Love" e "Tribal Connection" stanno invece a ricordarci che i Gogol Bordello non sono certo rimasti confinati in qualche sperduto villaggio ucraino e che il loro sound possiede un battito moderno e universale.

Un'operazione riuscita a metà, insomma, che serve soprattutto a tenere desta l'attenzione su uno dei fenomeni musicali del momento e che funge effettivamente da ottimo antidoto "globale" allo stress. E, di questi tempi, scusate se è poco.

(16/07/2007)

http://www.ondarock.it/recensioni/2007_gogolbordello.htm

Gogol Bordello - Super Taranta!
http://it.youtube.com/watch?v=qZZFqrvBflo

21  Lingua e cultura ROM / La musica / Intervista a Eugene Hutz il: 27 Agosto 2008 - 11:39:14
Intervista a Eugene Hutz,
35enne baffuto e girovago leader del gruppo Gogol Bordello:
«Mi voleva Madonna, ma...» Giovedì 28 agosto all'Idroscalo la band che, dopo «Supertaranta»,
condivide con Manu Chao il trono di «Re della patchanka» 


Eugene Hutz

Tra i tanti divertissement dell'ultimo sberluccicante tour di Madonna, c'è un intermezzo che prevede l'entrata di un trio gipsy intento a trasformare la celebre «Isla Bonita» in una tziganata. «È mio zio Sasha con altri due musicisti. Madonna aveva chiesto a me di curare quella parte dello show, ma non potevo perché ero in tour e quindi le ho consigliato di prendere lui». Non è da tutti rifiutare un regale invito da Sua Santità Louise Veronica Ciccone, ma lui può. Perché lui è Eugene Hutz, 35enne baffuto e girovago leader dei Gogol Bordello, di cui Madonna si è da tempo (artisticamente) innamorata. Tanto da volerlo nel suo primo film da regista, «Filth and Wisdom», in uscita ad ottobre.

E i Gogol sono oramai la band che condivide con Manu Chao («Un mio eroe prima — dice Hutz —, un mio grande amico oggi ») il trono di «Re della patchanka», dopo lo straordinario successo di «Supertaranta» nel 2007. Già, patchanka, oramai diventato genere a sé, miscelatore di suoni dove c'è spazio per il punk e per gli stornelli gitani, per il rap e per la taranta salentina. Con cui i Gogol riaprono le danze della finora dormiente scena live milanese, domani all'Idroscalo, tornando così per la terza volta in un anno nel nostro Paese.

Paese dove l'ucraino di origine rom Eugene ha vissuto nel 1991, breve parentesi nel corso di una avventurosa esistenza. Che l'ha portato prima a New York, dove nel 1993 ha fondato i Gogol, e ora in Brasile. Ma l'Italia è sempre nel suo cuore: «Ci torno sempre volentieri, è una fonte d'ispirazione per la nostra musica, specie il Sud. Ultimamente mi sono trovato molto bene con i Mascarimiri, gruppo folk salentino. Sì, tutto bene, nonostante questi tempi tristi».

Tristi perché Eugene è costernato per la situazione dei suoi compagni di etnia italiani: «Trovo indegna la vicenda delle impronte digitali ai bambini nomadi. La colpa è come sempre dei pregiudizi duri a morire e dei capri espiatori, sempre comodi. Se i pregiudizi non ci sono, anche l'inserimento è più facile. Prendete il Brasile: conosco la comunità rom di Rio. Ci sono medici, avvocati, ci fu persino un presidente della Repubblica di origine rom negli Anni 50, Juscelino Kubitschek».

Oltre ai succitati paragoni con Manu Chao, la storia di Eugene Hutz potrebbe somigliare anche a quella di Goran Bregovic, altro figlio di un Paese che non c'è più, la Jugoslavia: «Giammai. Lui è un abile sfruttatore di tradizioni altrui, fa le cose per i soldi e senz'anima. Io e Manu proviamo a reinventare il folklore, a mischiarlo col moderno». Registrato l'affondo, infine una promessa: « Voglio aprire un canale, lo vedrete nel prossimo disco, tra Brasile ed Est Europa, due mondi così apparentemente lontani e così affascinanti. Sarò un nuovo Vasco da Gama».
Informazioni

Gogol Bordello. Giovedì 28 agosto. Idroscalo, Arena Concerti. Ore 21.30. Ingr. 10 euro
Matteo Cruccu

27 agosto 2008
 
http://www.corriere.it/vivimilano/concerti/articoli/2008/08_Agosto/27/gogol_bordello_concerto_idroscalo.shtml
22  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Ho venduto le nozze per 3mila euro il: 27 Agosto 2008 - 05:30:04
Ho venduto le nozze per 3mila euro

Dopo l’indagine che ha svelato i matrimoni finti, una nomade racconta il trucco:
"Ho sposato un magrebino. Mi ha dato i soldi e non l’ho mai più visto. Così riesco a sfamare i figli".
Un caso simile ai tre scoperti dalla polizia


Modena, 26 agosto 2008 - "Diecimila euro per sposarsi? Molto meno, tremila. E l’ho fatto perché si fa fatica a campare. Mantenere tre figli non è facile per nessuno. Diventa impossibile quando non si trova lavoro". Non c’è traccia di romanticismo nel ricordo ancora fresco delle proprie nozze di una giovane sinta di Modena. La donna, come le altre tre bloccate nel weekend dagli agenti in municipio, nei mesi scorsi ha ammette di aver trovato un partner nordafricano desideroso di ottenere la cittadinanza italiana. Gli ha detto ‘sì’, garantendogli uno status che arriva, per un extracomunitario, due anni dopo aver preso in sposa un’italiana come lei. Mentre gli ultimi matrimoni ‘combinati’ in Comune sono saltati grazie all’indagine della polizia, il suo è andato in porto.

 

"Devo dire che non so nemmeno dove si trovi mio marito, non mi ricordo nemmeno il suo nome, se è per questo — dice sommessamente la donna, accompagnata al campo dal rappresentante della comunità dei sinti, Giuseppe De Barre —. Ci siamo conosciuti per caso, a Modena. Dopo due o tre volte che ci si vedeva, è scattata la richiesta di matrimonio da parte dell’immigrato. Tempo di stabilire una cifra per dirsi di sì, di preparare le carte e ci siamo rivisti in municipio per la breve cerimonia. Poi, più niente".
Il blitz nuziale degli agenti, che fra sabato e domenica hanno stoppato tre unioni fra sinte e altrettanti magrebini (ora gli aspiranti mariti sono in attesa di rimpatrio all’ex Cpt) ora allarma la donna che ha accettato di sposarsi a inizio anno con un semisconosciuto dovendo mantenere tre bambini.

 

"Ho paura, lo confesso — dice — perché so che c’è un’indagine in corso. Sinceramente non pensavo che potesse sollevarsi un polverone simile. Ora vorrei che le mie nozze venissero annullate, se possibile. Ma non mi pento di aver fatto questa scelta. Come ho detto, si è trattato solo di un’opportunità per ‘respirare’ con un po’ di danaro mentre proprio non si riesce a trovare un’occupazione. Ho mandato curriculum ovunque, invano. E allora si accettano anche questi mezzi per tirare avanti".

 

Per Giuseppe De Barre, storico rappresentante dei sinti modenesi, si deve escludere che a monte dei matrimoni fra donne della comunità e stranieri a caccia di cittadinanza ci sia un’organizzazione. "Lo dico senza mezzi termini — afferma — se davvero fosse possibile arricchirsi in questo modo, mi sarei buttato a capo fitto nell’affare. Invece sono solo una manciata le ragazze che non hanno trovato altra strada per racimolare un po’ di soldi. Io stesso ieri mattina ho dovuto chiedere a destra e a manca per sapere chi era finita in questa storia. Noi sinti, poi, non abbiamo l’abitudine di trattare alla luce del sole queste faccende. Ecco perché sono sicuro che questioni così personali siano rimaste tali, senza diventare una usanza per la nostra comunità". "E’ vero, a fatica lo abbiamo detto fra noi donne», gli fa eco la ragazza, che poi si chiede con gli occhi abbassati «se ci siano conseguenze per chi si è sposata in questo modo". Non si capacita, guardando i bambini che giocano intorno, di poter precipitare in un guaio per queste nozze profumate solo di soldi.

Alla Procura modenese deve ancora giungere l’informativa della polizia sulle nozze di comodo per denaro e cittadinanza. Ma arriverà. Sono comunque in corso controlli incrociati anche a ritroso sui dati dell’ufficio stato civile, vedendo quanti matrimoni civili fra sinte ed extracomunitari ricalcassero le caratteristiche di quelli bocciati nel weekend. Pur essendo stati questi ultimi palesemente costruiti ‘a tavolino’ (i futuri coniugi non conoscevano i rispettivi nomi in municipio, sugli anelli nuziali comparivano firme e date sbagliate), non è in realtà affatto facile dimostrare la truffa nuziale. Solo con le prove di una transazione economica fra gli sposi si potrebbero concretizzare le accuse di truffa ed estorsione. Senza di queste, il loro matrimonio di plastica avrebbe il valore di tutti gli altri, più o meno romantici, più o meno interessati.

di Paolo Grilli

http://ilrestodelcarlino.ilsole24ore.com/modena/2008/08/26/113733-venduto_nozze_3mila_euro.shtml
23  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Veneto - Nomadi, passa la linea degli sgomberi il: 27 Agosto 2008 - 05:25:34
Comitato per l’ordine e la sicurezza a Ca’ Corner.
Il 12 settembre un nuovo vertice con le forze di polizia per coordinare gli interventi

Nomadi, passa la linea degli sgomberi

La prefettura ai sindaci: applicate le norme
San Donà caccia una carovana

Francesca Zaccariotto che aveva minacciato d’incatenarsi: «Positivo che non si sia parlato di allestire un campo» 

PORTOGRUARO. Un incontro con le forze dell’ordine il 12 settembre cui parteciperanno tutti i sindaci del Veneto Orientale. Per adesso, il Comitato sull’ordine e la sicurezzadi ieri in prefettura, dedicato alla emergenza nomadi, ha stabilito la linea dura: quando i nomadi arrivano, devono essere mandati via.
Non si è parlato di campi nomadi o misure eccezionali. Solo dell’applicazione delle ordinanze e delle leggi in materia di sicurezza assieme alle forze dell’ordine. In poche parole star loro con il fiato sul collo per far capire che non devono restare o saranno continuamente mandati via e, se il caso, denunciati. Ieri, a San Donà, il sindaco Francesca Zaccariotto lo ha subito fatto all’alba, prima del summit di Ca’ Corner, recapitando l’ordinanza di sgombero all’ennesima carovana che si era insediata dalle parti di via Tarvisio. «Lo faremo sempre - dice la Zaccariotto - in linea diretta con la polizia locale o i carabinieri. Ordinanza di sgombero, controlli e via. Mi fa piacere che non si sia parlato di campi nomadi, in prefettura, ma piuttosto della possibilità crescente di poterci difendere sulla base degli indirizzi del Governo nazionale».
L’incontro di ieri a Ca’ Corner è stato deciso dopo la lettera appassionata del sindaco di Caorle, Marco Sarto, che aveva scritto a prefetto e questore in merito all’emergenza lungo il litorale e agli asseriti, gravi danni all’immagine legati ai loro spostamenti. Ieri a Venezia, c’era anche l’assessore provinciale alle politiche sociali, Rita Zanutel. Oltre a Sarto, è stato convocato poi Antonio Bertoncello, sindaco di Portogruaro e presidente della Conferenza dei sindaci. Bertoncello appare soddisfatto. «Intanto ringrazio prefetto e forze dell’ordine perché sono stati molto sensibili e attenti - dice - la conferenza dei sindaci è stata invitata anche perché questi problemi devono essere affrontati a livello di territorio, per non spostare il problema da una parte all’altra. Il 12 settembre abbiamo chiesto un incontro a Portogruaro, sede della maggior parte delle forze dell’ordine, per discutere su strumenti e metodi per affrontare la questione nomadi e cercare di analizzare possibile soluzioni. Quanto al campo nomadi, non abbiamo fatto alcuna forzatura ed è una questione da affrontare sempre a livello di conferenza dei sindaci».
Sull’argomento la Zaccariotto ha già detto di essere pronta ad incatenarsi. Un passo indietro lo fa anche Noventa, con l’ex sindaco Loris Merli che sentenzia: «Non possiamo accettarlo, laddove arrivano creano problemi igienico sanitari, trasformano tutto in un immondezzaio. Loro non vogliono integrarsi e si vede». Il sindaco di Noventa, Alessandro Nardese, era apparso possibilista, come del resto Bertoncello, ma la scelta sarebbe impopolare e troverebbe tutti i sindaci di centrodestra schierati contro e con l’opinione pubblica pronta ad insorgere. L’ipotesi però sarebbe caldeggiata dalle forze dell’ordine, che avrebbero la possibilità di un controllo immediato e lo sgombero altrettanto immediato dalle aree non consentite.
In questa fase, l’obiettivo diventa piuttosto un’azione coordinata con le forze dell’ordine, che possa consentire misure omogenee e controlli costanti alle carovane per convincerle a non sostare più sul territorio. Non sarà facile, e questo lo ha capito il sindaco di Caorle, Marco Sarto, che ha scatenato il dibattito con la sua lettera al vetriolo, dopo aver subito più volte la presenza di zingari nella località balneare. «Ieri ho assistito ad una lezione molto interessante sulle differenze tra Sinti e Rom dell’assessore provinciale Zanutel- commenta a denti stretti - anche se sinceramente mi aspettavo qualcosa di più concreto. Voglio chiarire che qui la politica non c’entra. Io ho posto un problema che è quello della presenza continua di zingari nei mesi estivi quale danno al turismo tutto. Non possiamo, nessuno, fingere di non vedere e non ascoltare quello che ci chiedono i cittadini stessi - conclude il primo cittadino - e cioè di difenderli anche e soprattutto dalla perdita di immagine a livello turistico che ne consegue».

(27 agosto 2008)
24  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Famiglia Cristiana - MA NON SIAMO ISOLATI NELLA BATTAGLIA SUI DIRITTI il: 27 Agosto 2008 - 05:21:28
A PROPOSITO DELLE NOSTRE PROTESTE CONTRO LE IMPRONTE AI ROM

MA NON SIAMO ISOLATI NELLA BATTAGLIA SUI DIRITTI

Il campo nomadi abusivo di via della Magliana Vecchia, alle porte di Roma, oggetto di un censimento da parte degli operatori della Croce rossa italiana, cui dedichiamo un servizio in questo numero.


Una delle impressioni che può aver suscitato lo scalpore intorno alla protesta di Famiglia Cristiana, contro la decisione di rilevare le impronte digitali anche ai bambini rom, è che la nostra rivista sia isolata, su argomenti come questo, dentro lo stesso mondo cattolico.

In pochi giorni, al contrario, abbiamo letto una pagina dedicata da Avvenire al "nigeriano antiracket gambizzato dai casalesi" a Castel Volturno, uno dei Comuni campani più in balia della camorra; un ampio servizio dell’Osservatore Romano sui "Quarantamila zingari pellegrini a Lourdes"; un’analisi molto attenta del fenomeno dell’immigrazione clandestina in Italia, su Azione sociale, il mensile delle Acli.

Il quotidiano della Cei, ha fatto precedere da un breve commento la cronaca della sanguinosa aggressione camorrista alla casa e alla famiglia di Teddy Egonwman (l’immigrato nigeriano che da anni lotta contro il traffico della prostituzione di sue connazionali sulla via Domiziana), in cui si ricorda anche il pestaggio subìto a Milano (da parte, questa volta, di suoi compatrioti) da un ghanese che si batte contro lo spaccio di droga. Questo il giudizio di Avvenire: «L’impegno civile dei due immigrati, la loro dedizione generosa su due fronti così tormentati e rischiosi come la droga e la prostituzione ci interpellano. E dimostrano da quanti luoghi comuni, da quanti pregiudizi infondati, da quante false convinzioni bisogna liberarsi, per costruire una società davvero aperta, solidale, accogliente».

Il pellegrinaggio di quarantamila zingari a Lourdes ha offerto all’Osservatore Romano l’occasione per riportare il giudizio che ne ha dato, alla Radio Vaticana, uno dei responsabili del villaggio Cité Saint-Pierre, in cui essi sono ospitati: «Noi speriamo di far cambiare un po’ lo sguardo che le persone "normali" hanno verso i gitani. Ci sono dei cliché, a volte pregiudizi, ma i nomadi sono pieni di ricchezze enormi dal punto di vista della fede. Gente che noi vediamo vivere, sopravvivere, con difficoltà enormi, e che anche noi, come Chiesa, a volte facciamo fatica ad accettare».

Azione sociale illustra in modo convincente la realtà di quattro milioni di stranieri che vivono e lavorano in mezzo a noi, di cui il 90 per cento ha condiviso, per almeno una lunga fase iniziale, la condizione di "clandestinità" nel nostro Paese: con tutto ciò che questo comporta, a cominciare dallo sfruttamento di un lavoro retribuito (generalmente poco) "in nero", e di affitti di casa a prezzi altissimi.

Ci si consenta, poi, di citare ancora una volta Esprit, che ha parlato a lungo della questione del "riconoscimento" delle minoranze. La "casa madre" del pensiero personalista, scrive che la grande forza del concetto di "riconoscimento" della dignità umana «riposa sull’idea di un continuum fra situazioni che la tradizione liberale tendeva a opporre: le relazioni affettive, i rapporti giuridici, i legami sociali». Noi viviamo in un solo mondo – è la conclusione –, un mondo in cui «la violazione del diritto in un solo luogo della Terra si riflette dappertutto» (Kant, Per la pace perpetua, 1795).

Tutte queste testimonianze ci confortano in una scelta che fa parte della storia di Famiglia Cristiana. Essa ci permette di sentirci completamente concordi con quanto ha detto il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, al Meeting di Rimini: «La Chiesa (e noi di Famiglia Cristiana con lei) è capace di partecipare alla vita politica nel segno della democrazia e della verità», richiamando a tutti «i valori dell’accoglienza, della collaborazione e dell’integrazione».



Beppe Del Colle

http://www.stpauls.it/fc/0835fc/0835fc23.htm
25  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Udine - Il sindaco boccia il referendum sul campo nomadi il: 27 Agosto 2008 - 05:18:22
L’obiettivo è un piano condiviso di integrazione
Il sindaco boccia il referendum sul campo nomadi


Giacomina Pellizzari

Il primo cittadino all’opposizione: stop alle polemiche, adesso lasciateci lavorare almeno per qualche mese. Ho ereditato una situazione difficile dai miei predecessori. Honsell favorevole invece a una commissione di studio con Volpe Pasini e forze dell’ordine «Sul campo nomadi lasciatemi lavorare. Non opero con le parole, ma con i fatti». Con queste parole il sindaco, Furio Honsell, respinge la proposta del referendum consultivo avanzata dal delegato alla sicurezza, Diego Volpe Pasini; annuncia che il problema sarà affrontato da una commissione composta da Volpe Pasini e dalle forze dell’ordine e manda a dire all’opposizione che il campo di via Monte sei busi è la conseguenza dell’operato dei sindaci precedenti.
All’indomani della chiamata a raccolta dei cittadini per invitarli a esprimersi sulla presenza dei nomadi in città, il primo cittadino ne ha per tutti. In primo luogo, Honsell assicura che nel giro di qualche mese la commissione, che sarà composta dal consigliere comunale delegato ai rom, Antonella Nonino, da Volpe Pasini, dal questore, Giuseppe Padulano, dal comandante provinciale dei carabinieri, Giorgio Salomoni, e dai capifamiglia di via Monte sei busi, presenterà un Piano d’integrazione condiviso. Non è escluso, però, che in una seconda fase in commissione possa sedere oltre a Volpe Pasini anche qualche altro consigliere comunale dell’opposizione. «Spero – si limita a dire su questo aspetto il sindaco – che tra l’opposizione ci sia qualcuno che abbia voglia di ragionare in modo compiuto e non solo di criticare».
Il sindaco si rivolge proprio ai consiglieri dell’opposizione che hanno chiesto chiarimenti sulla pulizia dell’area antistante al campo e che l’hanno criticato dopo il suo sopralluogo in via Monte sei busi. «Chi parla oggi in passato ha cercato di risolvere la questione e ha fallito. Se quando era il loro turno avessero lavorato oggi il problema non ci sarebbe» tuona il primo cittadino, nel ricordare che alcune famiglie sgomberate da via Friuli sono state mandate nell’area abusiva di via Monte sei busi. «Di questo chi risponde?» chiede Honsell, prima di aggiungere: «Quello che mi sono trovato come conseguenza dei sindaci precedenti è un campo attrezzato, non voler riconoscere questo vuol dire riscrivere la storia».
Honsell, insomma, sta cercando di risolvere la situazione pur sapendo che non si tratta di un compito facile, ma vuole provarci. «Da quando sono stato eletto non ho cambiato idea» assicura l’ex rettore rimandando alle linee programmatiche che recitano: «Si intende risolvere la questione del campo nomadi di via Monte sei busi ponendo in sicurezza gli attuali insediamenti, costruendo un campo sosta se possibile, ovvero attraverso un’opera graduale di integrazione nel tessuto urbano dei nuclei familiari nel rispetto dei diritti di questi cittadini udinesi».

Il sindaco insiste sul fatto che i nomadi di via Monte sei busi sono residenti e quindi udinesi a tutti gli effetti anche per respingere «il referendum che dovrà chiarire dove mandiamo queste persone che hanno la residenza lì. Se non dirà questo sarà un referendum sul nulla. Non si può fingere che questi non siano abusivi perché il sindaco Candolini gli ha concesso la residenza. Il problema è complesso e non si risolve con proclami». In ogni caso la proposta del referendum sarà comunque analizzata nella prima riunione della commissione sui rom che, assicura Honsell, si riunirà nei prossimi giorni. «Ci troveremo attorno a un tavolo e vaglieremo tutte le proposte – aggiunge il sindaco – perché so che Volpe Pasini vuole risolvere il problema dell’abusivismo e dell’illegalità e quindi è giusto ascoltarlo».

(26 agosto 2008)

http://espresso.repubblica.it/dettaglio-local/Il-sindaco-boccia-il-referendum-sul-campo-nomadi/2038386/6
26  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / BAMBINI ROM OSPITI IN ISTITUTO CAPODIMONTE ad agosto il: 27 Agosto 2008 - 05:11:37
CAMPANIA: DE FELICE INCONTRA BAMBINI ROM OSPITI IN ISTITUTO CAPODIMONTE 


(ASCA) - Napoli, 27 ago - L'assessore alle Politiche Sociali della Regione Campania, Alfonsina De Felice, si rechera', venerdi' prossimo, alle 11, all'Istituto ''Opera del Fanciullo - Fondazione Gaetano Rotondo'', in Via Porta Bellaria Bosco di Capodimonte, per incontrare i 33 bambini rom provenienti dai campi di Scampia, ospitati, su sua proposta, per l'intero mese di agosto presso l'Istituto. Il progetto sperimentale e' stato attivato con il contributo della Fondazione Banco di Napoli - Assistenza all'infanzia e con la collaborazione dell'Opera Nomadi e si e' svolto sotto la supervisione di Souzan Fatayer, mediatrice culturale, con l'aiuto di quattro ragazzi volontari, Valentina Romis, Riccardo Quarto, Eduardo Napolitano e Gabriella Bosco.

Provenienti dai due campi di Scampia, i bambini e le bambine, di eta' compresa tra i sette e i tredici anni, sono stati accompagnati ogni giorno con un autobus dai campi all'Istituto, dove sono stati trattenuti fino alle 17 del pomeriggio con giochi, passeggiate nel bosco e bagni in piscina. I bambini hanno ricevuto giochi, vestitini e gadget donati dall'Ipercoop. L'Istituto Opera del Fanciullo, diretto da Fernanda Spena, ha dato all'assessore De Felice la propria disponibilita' a ripetere l'iniziativa il prossimo anno, accogliendo per due mesi figli di immigrati di diverse etnie per un nuovo progetto multiculturale.

res-map/mcc/rob
 http://www.asca.it/moddettregione.php?id=310743&img=&idregione=&nome=&articolo=CAMPANIA:%20DE%20FELICE%20INCONTRA%20BAMBINI%20ROM%20OSPITI%20IN%20ISTITUTO%20CAPODIMONTE
27  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Caruso e le accuse di imprudenza alla coppia olandese il: 27 Agosto 2008 - 03:06:32
Caruso e le accuse di imprudenza alla coppia olandese
Stupro, il questore sul caso Alemanno
"È un diritto sostare dove si vuole"

Maria Elena Vincenzi

L´utilizzo dell´esercito è un fatto positivo Dove c´è una uniforme c´è deterrenza e una risposta all´esigenza di sicurezza dei cittadini

Bisogna sapere quanti campi ci sono chi ci vive e se gli insediamenti sono regolari Poi si procederà Tutti i sì e i no del nuovo questore di Roma, Giuseppe Caruso. Sì ai militari in città, no al riciclaggio dei soldi della mafia nella capitale. Sì al censimento dei rom, no alla microcriminalità nelle periferie. E, soprattutto, "nì" alle dichiarazioni di Alemanno sui due cicloturisti olandesi brutalmente aggrediti a Ponte Galeria. Si è presentato così ieri il nuovo numero uno della polizia capitolina, misurando e prendendo le distanze dalle dichiarazioni del sindaco che aveva definito «imprudente» la scelta dei due coniugi di accamparsi in quel posto. Affermazioni sulle quali era stato lo stesso sindaco a fare retromarcia nel pomeriggio di domenica.
Il questore non ha intenzione di scendere a mezzi termini. «Ognuno ha il diritto di sostare dove vuole, certo, servono accorgimenti per evitare tragedie simili. Ma iniziamo ad alzare la voce: non è assolutamente fisiologico che accada anche uno solo di questi episodi. Esattamente come non è assolutamente fisiologico che si registri uno scippo. Poi, però, c´è il dato positivo dell´arresto immediato e il fatto che Roma è la provincia più estesa di Europa con una popolazione di tre milioni di abitanti e un flusso di 500 mila turisti al giorno. Ma oggi poco importa: questi sono episodi che non devono accadere». Le priorità? Non si fanno oggi. «Oggi la sola priorità è una turista che viene violentata».
Esordio tutto d´un pezzo per il questore che a Palermo, dove è stato fino a ieri mattina, ha arrestato i super latitanti Bernardo Provenzano e Salvatore e Sandro Lo Piccolo.
E non a caso, forse, anche ieri Alemanno è tornato sulla questione. «Oggi andrò a Ponte Galeria - ha detto il sindaco - ieri ho parlato con l´ambasciatore olandese e probabilmente vedrò i due turisti». Il primo cittadino ha respinto qualunque accusa su un suo presunto ritardo a tornare in città. «Sulla vicenda - ha continuato - si è creata una polemica strumentale e di bassissimo livello. Che nessuno ci dica che vogliamo militarizzare la città o che i provvedimenti sono eccessivi».
Ma la lista del nuovo capo della polizia non si ferma all´aggressione di Ponte Galeria: è ancora lunga. Sicurezza (con tanto di militari), rom, periferie, sgomberi e manifestazioni. Sì alle divise in città che sono innanzitutto un «deterrente, ma anche un valido appoggio per le forze dell´ordine che sono più libere di agire sul territorio. Sì al censimento dei campi rom: «Si sta facendo un´opera molto seria. Il primo passo per risolvere il problema è di conoscerlo. Bisogna sapere quanti campi ci sono, chi ci vive. Se gli insediamenti sono regolari o no. Con i dati alla mano, poi, si procederà di conseguenza».
Un curriculum che parla da sé quello di Giuseppe Caruso. Una storia che passa per l´antiterrorismo a Bergamo, per i maxiprocessi al gruppo di fuoco di Prima Linea, e fa tappa a Reggio Calabria e Crotone. Poi, dal 2005, a capo della questura di Palermo. E, dopo averla combattuta in Sicilia, dichiara guerra anche alle frange mafiose nella capitale. «È dimostrato che l´Italia è il quarto paese al mondo dove vengono riciclati i capitali illeciti delle mafie. Dopo Usa, Caiman e Russia».
Nel primo giorno di Caruso c´è anche spazio per qualche "no comment": uno su tutti, quello al patto per Roma Sicura. «Non lo conosco ancora nel dettaglio».
In mattinata ha incontrato il prefetto, Carlo Mosca. I prossimi appuntamenti in agenda sono le visite al sindaco Alemanno, al presidente della Provincia, Nicola Zingaretti, e al governatore del Lazio, Piero Marrazzo.
Intanto il questore si lascia andare a una prima confessione che ha a che fare con le periferie. «Il capo della polizia ha emanato una direttiva secondo cui, all´interno delle squadre mobili deve essere inserita una nuova sezione che si occupi di prevenzione e contrasto alla microcriminalità, meglio alla "criminalità diffusa"». Il primo passo per una ristrutturazione della questura? Si vedrà. Intanto si parte da questa nuova sezione della mobile. Ed ecco un altro sì.

(26 agosto 2008)

http://espresso.repubblica.it/dettaglio-local/tupro-il-questore-sul-caso-Alemanno-%C3%88-un-diritto-sostare-dove-si-vuole/2038469/6
28  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Rom: non solo campi nomadi la storia di Orhan e Jasa il: 27 Agosto 2008 - 02:51:58
Rom: non solo campi nomadi
la storia di Orhan e Jasa


La famiglia Ibraimov e' uno dei primi nuclei che ha ottenuto un alloggio popolare grazie al progetto rom del Comune.
Un'iniziativa, tra le poche in Italia, che cerca di integrare i rom affrancandoli dalla logica dell'assistenzialismo

di Benedetta Pintus
         

Nell'Italia dell'emergenza sicurezza la parola rom è diventata
sinonimo di criminalità e disprezzo per le regole, ma il calore di
una famiglia come quella di Orhan e Jasa spazza via ogni
pregiudizio. Il loro piccolo e accogliente appartamento di via
Navetta è lontano anni luce dallo stereotipo dello zingaro che vive
di furti ed elemosina rifugiandosi in un campo nomadi alla
periferia della città. Quelle quattro mura colorate da soprammobili
di porcellana e innumerevoli mazzi di fiori variopinti sono il
simbolo dell'integrazione e raccontano una storia iniziata in
Macedonia e finita a Parma. Dove i coniugi Ibraimov, dopo una vita
di stenti tra accampamenti abusivi, edifici occupati e roulotte,
grazie al "progetto rom" del Comune, sono riusciti a ottenere un
alloggio popolare per potersi finalmente stabilire e crescere in
serenità i propri figli.

Madre e padre sono poco più che trentenni, ma le loro spalle
portano il peso di anni di sacrifici, celati in fondo allo sguardo
stanco di Jasa. "Per me – racconta - arrivare al campo di strada
del Cornocchio è stato come entrare in albergo, perché dopo aver
vissuto in mezzo alla strada tutto mi sembrava un lusso". Anche se
all'inizio mancavano l'acqua e il riscaldamento. "C'era freddo da
morire". Ma sempre meglio che dormire in macchina con i bambini
piccoli e affamati in attesa che il padre torni dal lavoro. Mai
fatto l'elemosina? "Io sono un lavoratore – risponde Orhan – non
sono venuto qui per mendicare". Altrimenti sarebbe rimasto in
Macedonia, il suo paese d'origine, dove aveva una casa ma, in
quanto rom, era comunque discriminato. "Nel nostro Paese i rom sono
costretti a vivere in case pericolanti, dove intere famiglie
dormono in una sola stanza. Mio padre, pensionato, riceveva dallo
stato un contributo di 15 euro al mese. Quella non è vita".

Trovare un impiego per Orhan era diventata un'impresa impossibile, così nel
1996 ha deciso di emigrare in Italia con Jasa in cerca di fortuna.

La prima tappa è stata in un campo nomadi di Foggia, dove
nel 1998 è nato Gelo, il loro primo figlio. Anche in Puglia, però,
trovare lavoro non è facile, perciò i due si spostano con il
bambino verso nord e finiscono in un accampamento abusivo in riva a
un fiume a Marano di Basilicanova, che presto viene sgomberato. Da
quel momento Orhan e sua moglie cercano rifugio in una scuola
occupata da altri immigrati e poi nell'ex villa Maghenzani, dove
vivranno per tre mesi. Intanto Jasa ha dato alla luce altri due
bambini, Leonardo e Bernando, con cui, infine, nel 2002 arrivano al
campo nomadi di Parma. Da qui gli Ibraimov fanno domanda per
l'assegnazione di una casa popolare tramite il "progetto rom" dei
servizi sociali.

Si tratta di un'iniziativa portata avanti dal Comune con
l'obiettivo di affrancare i rom dalla logica dell'assistenzialismo.
"Cerchiamo di superare il concetto di campo nomade", spiega il
coordinatore del progetto Vito Verrascina. "Anche perché negli anni
i rom in Italia hanno fatto un percorso che li ha trasformati da
nomadi a stanziali. Solo alcuni si spostano per difficoltà o
problemi legali. In molti casi sono i rom stessi a chiedere di
poter andare a vivere in un appartamento".

Orhan aveva tutti i requisiti per ottenerlo: una famiglia numerosa,
un permesso di soggiorno, la residenza da più di due anni, un
lavoro continuativo. Il sogno di trovare un rifugio stabile si è
realizzato nel 2005. "Siamo stati la seconda famiglia ad andare via
dal campo. Ora non torneremmo mai a viverci". Secondo Jasa la
situazione è molto peggiorata rispetto a prima: "Quando ci vivevamo
noi c'erano regole più severe. Per qualsiasi cosa bisognava
chiedere il permesso al Comune. Ora invece chi ci abita fa tutto
quello che vuole: si rubano anche le cose tra loro". Molti rom non
vogliono stare in appartamento "perché preferiscono essere liberi e
non avere regole da rispettare. Vogliono fare feste, grigliate,
ascoltare la musica a tutto volume fino a tardi. Il nostro scopo,
invece, da quando siamo arrivati in Italia era quello di trovare
una casa".

Oggi Orhan si sveglia ogni mattina alle sei: lavora da quasi sette
anni come operaio nell'impresa di costruzioni Pizzarotti. Sua
moglie Jasa si occupa della casa e dei bambini, che frequentano la
scuola elementare: Gelo ha ormai dieci anni, Leonardo otto e
Bernando sette. La loro è una famiglia come tante, che tra prezzi
in aumento, conti da pagare e visite mediche, cerca di arrivare
alla fine del mese con un solo stipendio. "Per la scuola si spende
tanto", si lamenta Jasa. Ma sorride quando Bernando mostra con
orgoglio il suo nuovo zainetto di Superman. Poi il suo sguardo si
fa di nuovo preoccupato. "Ora basta bambini. I bambini costano",
dice ricordando con sofferenza i suoi due aborti, l'ultimo due anni
fa. "Le famiglie numerose – spiega Verrascina - sono frequenti tra
i rom. Spesso i figli vengono usati come strumento per ottenere
agevolazioni".

"Molti bambini rom disturbano. Fanno chiasso, chiedono
l'elemosina", ammette Orhan. "Ma non è colpa loro. E' colpa dei
genitori", gli fa eco Jasa, che racconta le difficoltà che ha
incontrato dopo il trasloco a causa dei pregiudizi. "Nessuno ci
salutava, c'era molta diffidenza. Parlavano alle nostre spalle e i
bambini non potevano neanche giocare in giardino. Una volta i
vicini si sono lamentati perché c'era qualcuno che suonava
continuamente i campanelli e loro hanno subito accusato
ingiustamente i nostri figli". Addirittura una volta qualcuno ha
telefonato l'Acer, l'azienda che gestisce gli alloggi popolari,
dicendo che in casa Ibraimov si nascondevano famiglie di
clandestini. A quanto pare per qualche inquilino del quartiere il
solo fatto di avere origini rom è più che sufficiente per
sospettare che dietro la facciata di una famiglia per bene si
nasconda un covo di criminali. "Il problema – dice Orhan – è che
basta il cattivo esempio di uno per gettare cattiva luce su tutti.
Ma i rom non sono tutti uguali".


A poco a poco, però, la situazione è migliorata. Gelo, Leonardo e
Bernando giocano tranquillamente sotto casa con gli altri bambini
di via Navetta e qualche vicino invita anche Orhan e Jasa a
prendere un caffè. "Ora - dice lei - salutano anche i bambini, ma
io continuo a non parlare con nessuno. Certa gente è peggio degli
zingari".

(25 agosto 2008)

http://parma.repubblica.it/dettaglio/Rom:-non-solo-campi-nomadi-la-storia-di-Orhan-e-Jasa/1504667?edizione=EdRegionale
29  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Sindaci fuorilegge il: 26 Agosto 2008 - 08:01:14
Sindaci fuorilegge

di Marco Bascetta - da il Manifesto - 12/08/08

Li chiamano «sceriffi», ma i nuovi superpoteri li hanno trasformati in nemici della democrazia
Cosa vi sarebbe di più democratico, contiguo alla nostra quotidianità, radicato nel territorio, vicino ai problemi e alle aspirazioni di chi lo abita, del governo locale? Di quei «comuni» che già nel nome stesso evocano la difesa di una comunità sociale e politica dall'arroganza di poteri lontani, astratti, predatori?

Non è forse stato il «decentramento», la partecipazione popolare, il confronto ravvicinato, l'articolazione massima della sfera pubblica, una bandiera irrinunciabile del radicalismo democratico? E, tuttavia, l'ideologia contemporanea e il ceto politico italiano, che la alimenta e se ne alimenta, hanno provveduto a trasformare queste aspirazioni in un incubo, il governo locale in un formidabile dispositivo di repressione e regolamentazione delle vite.

Remoti sono i tempi in cui i comuni difendevano gli usi civici, e cioè i beni della collettività, dalle pretese dei feudatari. Semmai si tratta oggi di venderglieli o concederglieli a condizioni di massimo favore. A colpi di demagogia e procurati allarmi, dotandosi di giannizzeri ben armati e di volontari addestrati al controllo e alla delazione i governi comunali vanno trasformandosi in piccole satrapie elettive, che celano l'incapacità di migliorare la qualità dei servizi e la quantità delle risorse, dietro lo spettacolo della repressione capillare.

Il decreto Maroni, che conferisce ai sindaci poteri speciali «in materia di sicurezza» imprime a questa catastrofica deriva una spaventosa accelerazione. A infelicitare la nostra esistenza quotidiana e ridurre la libertà di tutti , soprattutto di quanti non dispongono dei mezzi per comprarsela sul mercato, non sono tanto le leggi, discusse nei parlamenti e raccolte nei codici, (sebbene anche queste facciano in molti casi la loro parte) quanto una selva di ordinanze, normative, divieti, prodotte dall'arbitrio di valvassori e valvassini della governance diffusa, sostenuta dagli interessi corporativi e particolari che la circondano e la aizzano.

Questo «potere di ordinanza» viene ora esteso oltre misura e sottratto al controllo della magistratura, ovvero all'obbligo di essere coerente con le leggi dello stato. In altre parole l'arbitrio dei sindaci può spingere la sua «creatività», come del resto quotidianamente accade, fino a imporre normative discriminatorie e limitazioni della libertà dei singoli o di determinate comunità, che contraddicono radicalmente l'ordinamento giuridico e i principi democratici. Sottraendo inoltre, chi ne cadesse vittima, a qualsiasi tutela e garanzia.

L' «ordinanza» diviene così un atto di sovranità fuori da ogni controllo, una decretazione quotidiana e banalizzata dello stato di emergenza che consentirà di discriminare, come già sovente accade, sulla base della razza, della religione, del censo, dell'età, del sesso o delle inclinazioni sessuali, infischiandosene dei principi e delle leggi. Gli esempi offerti dalla cronaca sono innumerevoli. Dai comuni che vietano la residenza a chi non disponga di un reddito superiore a una determinata cifra, a chi mette una taglia sulla cattura degli immigrati clandestini, a chi, come l'ineguagliato sindaco di Verona Flavio Tosi, fra molte altre nefandezze, privilegia nelle graduatorie per gli asili nido le coppie sposate ad alto reddito rispetto a quelle conviventi a basso reddito, fino alla guerra diffusa contro le moschee e gli insediamenti rom. E così di seguito ogni primo cittadino, senza freni o impedimenti, potrà conformare la vita cittadina alla sua personale concezione di legge e ordine, al suo proprio catechismo ideologico.Proibire, per esempio, che nei parchi pubblici si «sosti» nottetempo in più di due persone (Novara). È il federalismo della repressione, la fine dell'eguaglianza dei diritti.

Chiamare questi «amministratori» sceriffi non è sbagliato: sembrano usciti da un western di serie c. E poiché eletti, come gli sceriffi, i sindaci sono sospinti ad assecondare gli umori della maggioranza. In assenza di vincoli e tutele ci vuol poca fantasia a indovinare che le prime vittime delle loro ordinanze saranno le minoranze: rom, stranieri, omosessuali, turisti squattrinati e «irregolari» d'ogni razza e colore.

E la sicurezza, quel bene supremo, quella magica parola né di destra, né di sinistra, che corre sulla bocca di tutti? Della prostituzione, della mendicità, dei lavavetri, degli scarabocchioni che imbrattano i muri, dei venditori ambulanti si può pensare quello che si vuole, ma non certo che attentino alla sicurezza di qualcuno, che costituiscano un'emergenza tanto grave da legittimare la truce demagogia dei sindaci e l'estro repressivo degli assessori. La sicurezza, in questo caso, è una parola menzognera e un colossale imbroglio.

I sindaci dei comuni italiani, con poche distinzioni tra destra e sinistra, stanno avviandosi a diventare i nemici più insidiosi della democrazia e della libertà dei singoli; signorotti locali, circondati da corti voraci e applauditi da corporazioni egoiste e abbarbicate ai propri privilegi. Tutti ispirati da quel principio guerrafondaio e discriminatorio che considera un territorio come proprietà privata degli «autoctoni» e lo riorganizza in conseguenza come quei condomini di ricchi statunitensi in cui la Costituzione è sospesa e le guardie private garantiscono, con metodi spicci e senza impedimenti, l'ordine condominiale.

Le nostre città rischiano così di diventare tante piccole e grandi Dogville, quella comunità ipocrita e feroce, sorridente e carogna, descritta in un illuminante film di Lars von Trier.

Il partito dei sindaci è un vero incubo. Forse è arrivato il momento di organizzare una brigata volontaria di caschi blu, o rossi, o verdi, che si assuma il compito di esportare la democrazia e i più elementari principi di civiltà a Verona, Novara, Treviso, Padova, Salerno, Bologna, Firenze, Vicenza, Roma, Milano e molti altri luoghi. Una forza d'interposizione tra i giannizzeri municipali e le loro vittime di turno. Una guerra umanitaria contro la cattiveria e la stupidità.

ARMI AI VIGILI DI ROMA

Pistola, spray anti-aggressione e mazzette distanziatrici, ovvero i manganelli di plastica. Oltre a paletta e fischietto i pizzardoni romani avranno anche questi «strumenti» in dotazione. Per le pistole si tratterà di armi a funzionamento semiautomatico, «scelte tra i modelli inseriti nel Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo». È quanto prevedono i 18 articoli del «Regolamento dell'armamento degli appartenenti al corpo della polizia municipale di Roma», firmato nella tarda serata di mercoledì dal sindaco Alemanno con i sindacati di categoria. Per diventare operativo il regolamento dovrà avere l'approvazione dal consiglio comunale, prevista a settembre.

L'armamento, si legge nel documento, «è adeguato e proporzionato alle esigenze di difesa personale». «Nel regolamento - spiega il responsabile della Cisl Fp di Roma Giancarlo Cosentino - si parla di difesa personale perché noi non siamo addetti alla pubblica sicurezza in via primaria, come la polizia, ma siamo ausiliari di pubblica sicurezza. In caso di minaccia all'incolumità dei cittadini non esiteremo ad usarla». L'arma può essere portata anche al di fuori dell'orario di servizio nel territorio comunale di Roma. Per custodire le armi in dotazione e le munizioni è istituita l'armeria principale presso la sede del Comando Generale del Corpo, ma il sindaco può decidere di istituire altre armerie in sedi decentrate.


http://www.emigrazione-notizie.org/articles.asp?id=298
30  Lingua e cultura ROM / Rassegna stampa / Proteste a Termoli (Campobasso): i cittadini il: 26 Agosto 2008 - 07:33:37
Proteste a Termoli (Campobasso): i cittadini
hanno scattato anche delle foto, inviate a un sito locale
La linea dura dei vigili
l'ambulante nel portabagagli
di GIUSEPPE CAPORALE

 
Una delle foto scattate
dai cittadini
TERMOLI - Un giovane ambulante extracomunitario aggredito, tenuto per il collo e trascinato sull'asfalto, lungo il corso della città. Da tre vigili urbani.
E' accaduto a Termoli, all'altezza del corso Nazionale, sabato scorso, verso sera. Testimoni dell'accaduto diversi cittadini che non solo hanno fotografato la scena con i telefonini, ma sono intervenuti in soccorso del giovane straniero, affrontando le forze dell'ordine.

GUARDA LE IMMAGINI

La polizia municipale aveva fermato l'ambulante in quanto sprovvisto di licenza di vendita. Pare che l'extracomunitario, a quel punto, abbia opposto resistenza aggrappandosi alla merce che i vigili volevano sequestrare. Poi, secondo le prime ricostruzioni, sarebbe stato strattonato a terra e trascinato in mezzo alla strada fino all'auto dei vigili.

"Volevano caricarlo nel portabagagli" raccontano alcuni testimoni al sito internet Primonumero.it che per primo ha pubblicato le foto dei lettori indignati per l'accaduto.

"Ho assistito a una deplorevole scena di crudeltà gratuita - commenta un testimone - i vigili urbani hanno trascinato e strattonato un ragazzo di colore perché non era in possesso della licenza. Alcuni miei amici hanno scattato delle foto con il cellulare. I vigili urbani è inutile che cerchino giustificazioni poiché non è vero - come affermano - che l'ambulante ha avuto una reazione eccessiva e che li ha autorizzati ad usare violenza nei suoi confronti. Ero presente ai fatti e ho ancora nelle orecchie la voce e il pianto dell'extracomunitario che supplicava".

Il responsabile della polizia municipale Rocco Giacintucci, replica: "Non so nulla, ero in ferie. Sto apprendendo ora quanto è successo. Una cosa però è certa: se i vigili hanno agito in quel modo è perché evidentemente c'è stata una reazione spropositata del giovane. Le regole in qualche modo le dobbiamo fare rispettare. Capisco che certe scene possono apparire più o meno cruente, ma dipende dalla reazione del soggetto".

"Davvero il pericolo più grave e il rischio più grande per l'ordine pubblico per la mia città, sono i venditori abusivi?" si chiede Marcella Stampo, della cooperativa Baobab "e quand'anche fosse così, non c'è altro modo per arginare il pericolo che picchiare e portare via una persona come fosse una cosa vecchia o una carcassa di animale, chiuso in un portabagagli? Mi rallegra solo pensare che le persone presenti abbiano avvertito la stupida cattiveria dell'accaduto e abbiano protestato".

(25 agosto 2008)

http://www.repubblica.it/2008/08/sezioni/cronaca/ambulante-termoli/ambulante-termoli/ambulante-termoli.html
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