L'ALTRA FACCIA DEI NOMADI,
UN POMERIGGIO A GIOCARE CON I BIMBI ROMLe storie di nomadi tra povertà e speranza
Roma, 18 lug. (Apcom) - Svolta a sinistra sulla trafficata via di Tor di Quinto, a Roma, un cartello mezzo rotto: 'Via del Baiardo', si legge appena, strada stretta tra recinti di lamiere e pozzanghere in pieno e assolato luglio, due piste ciclabili poi una strada sterrata a tornante e lì sotto, tra i cespugli di erba alta, spuntano i tetti delle baracche. Quaranta, circa, alcune abbandonate, ma tutte numerate con lo spray rosso dalla polizia municipale due mesi fa, per sapere quanti nomadi ci vivono. Loro, i nomadi rom macedoni e rom italiani, sono 140 compresi i bambini.
All'ingresso del campo i bambini si rincorrono curiosi tra le macchine e i motorini che oggi si affollano qui, oggi c'è Viktoria Mohacsi, eurodeputata rom di origine ungherese, è venuta a vedere come vivono, insieme ai volontari dell'associazione Everyone. Entro nel piazzale per cercarli, un labirinto di baracche, fili da bucato e vestiti colorati ad asciugare, svolazzano, tende, un po' di musica da una radio, cortiletti con tavoli da giardino: con uno zoom sfuocato quasi sembra un campeggio, se metti a fuoco vedi la povertà, le macchine coi vetri rotti, pezzi di mobili abbandonati, le pareti in formica o tavolaccio, ma c'e anche qualche finestra con le tendine a trina e sbirciando vedi materassi abbelliti da drappi e tappeti sul pavimento di piasterelle improvvisate.
Non trovo i volontari, il piazzale è assolato, non c'è quasi nessuno in giro, in fondo a uno dei vialetti di erba incolta che si snodano tra le baracche, da lontano, un uomo guarda diffidente, o è solo la mia impressione, forse è solo curiosità. Mi avvicino, è alto e massiccio, barba e moustache neri - 'Mangiafuoco', sembrerebbe - quasi ho paura, anche io... Chiedo informazioni sull'eurodeputata: "Perchè dovrebbe essere qui una parlamentare?" - chiede con voce roca. "Perché in Europa sono un po' preoccupati per quello che sta succedendo in Italia, con il censimento e le impronte", la risposta vaga. "Ah", fa lui, scuote la testa, e stringe le spalle, alza lo sguardo e mi fissa: "Già, qui è come se fosse tornato Hitler". Poi mi spiega che laggiù, in fondo al piazzale ha visto un drappello di persone, nuove, forse sono loro, saluta e se ne va.
Viktoria Mohacsi è minuta, elegante e semplice in un abito-tunica scura, capelli neri raccolti e viso forte da gitana; è seduta all'ombra di un giovane platano, un tavolino, e qualche sedia, ci sono le donne del campo, i bambini che si rincorrono, e i rom arrivati da Potenza, Rimini, Pesaro, Livorno per parlare con l'eurodeputata, raccontano di violenze subite, disagio, povertà e dolore.
Seduti in un angolo parlano a lungo sottovoce con lei Victor ed Elena Lacatus, sono arrivati da Livorno, sono i genitori che l'anno scorso hanno perso la loro figlia di sei anni Lenuca Carolea nel rogo di una capanna sotto a un cavalcavia. Hanno lo sguardo di un dolore che svuota. Victor ha le braccia strette in grembo e se alza gli occhi scuri quasi non li vedi, tanto sono tristi. Sono stati accusati di aver abbandonato i loro figli, lui in carcere ha cercato di impiccarsi. "Eravamo andati a prendere i vestiti per i bambini, che ci aveva portato un connazionale, quando siamo tornati bruciava tutto". Non si danno pace. In Romania hanno due bambini, ma non vogliono lasciare qui Lenuca Carolea, almeno non la sua tomba
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