strategie e accerchiamenti della paura 
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Roberto Miele
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ABSIT INIURIA VERBO
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Si dis-vive in Italia un periodo pre-elettorale perenne, interessante oltre che per le eventuali diagnosi, prodigalmente tese tra significante dato e significato da stabilire, con una cronica quanto meno specialistica esigenza di ermeneutizzazione (il carattere esegetico di tali iniziative analitiche lascia presupporre, nella maggior parte dei casi, un contenuto riposto, ma come se le zampe di una sindrome tarlassero il proibito), fenomeno della "ricezione" in(d)iziatica; anche per quanto concerne l'aspetto rigorosamente funzionale dell'interferenza del contado, vale a dire di tutte quelle manifestazioni oblique create o risorte dal sostrato storico per depistare gli utenti (per dirla con le parole di Antonio Delfini, "qualche fantasma" che "potrebbe o vorrebbe o penserebbe di venir fuori a dire: "Quel tal fatto io non l'ho commesso, ma sono io quel tale che non l'ha commesso"), in linea di massima spettatori televisivi, e comunque fruitori dei mass-media, essendo i referenti del periodo elettorale e non.
Due paradossi, dunque: la codificazione del linguaggio politico, o meglio, usato dai politici, da che non esiste un linguaggio specialistico, a dispetto delle rivendicazioni in voga di alcuni candidati, circa la scelta di una formula espressiva a favore di tutti, entro le affabulazioni del cosiddetto politicante (una figura non certo nuova, d'altronde, come non è nuova la strategia adottata -e non potrebbe essere altrimenti, considerato che si tenta di far presa sugli asini con la retorica della carota); e, secondo paradosso, quello di un'informazione, anziché delucidativa, depistante (qualcuno ne ha evidenziato la perfetta funzionalità, contestando, in caso contrario, lo statuto dell'informazione), sorretta dal quanto mai volgare tentativo (quasi sempre con i risultati previsti, se non addirittura maggiori rispetto all'orizzonte d'attesa) di risvegliare dei terrori congeniti e ipertrofici (non pochi benvenuti si rivolgono allo spettro delle "brigate rosse", a mio parere patetico quanto lo erano gli scherzi che subivo da piccolo, in cui, dopo una serata trascorsa a raccontare alcune storie dell'orrore, ci si appartava un attimo per ricomparire avvolti da un lenzuolo) o di crearne dei nuovi, se pure questo sia, non solo praticamente impossibile (o "poca cosa" direbbe Blanchot), per il semplice fatto che lo spettatore ricicla quel po' di scaltrezza avuta in prestito (magari dal partito o dal personaggio che voterà, e che si ritrova bersaglio della strategia in questione), per scansare i colpi (mentre sarebbe meno dispendioso abboccare a quanti sussurrando lasciano presagire di essere al corrente dello "scheletro nell'armadio"; e quanti ne hanno gli italiani…), ma moralmente inaccettabile (sarà, ma chi ha inventato la morale? come la si interpreta?).
Tali paradossi risultano tanto meno paradossali quanto più gratificano l'idiozia dei fruitori.
Qualche anno fa il sempreverde grembo hollywoodiano partorì "Sesso e potere", tra i cui interpreti spiccavano (per fama, si intende!) Robert De Niro e Dustin Hoffman. Per coloro che non hanno avuto la possibilità di vederlo, e a quanti lo hanno solamente gustato, tornerà comodo, e non certo fuorviante, la focalizzazione delle strategie adottate dall'intelligence del presidente degli Stati Uniti per ovviare ad uno scandalo (un sex-gate, non privo di allusioni) esploso a poche settimane dalle elezioni prossime venture.
In breve (per la trama ed un giudizio critico rimando al Mereghetti) fu inventata una guerra in un paese dell'Europa balcanica, che chiamava in causa la diplomazia del presidente stesso (una sorta di sofisma che si richiama all'autorità) spostando l'attenzione degli elettori, in senso orizzontale (dal sex-gate, di carattere privato, alla guerra, di risonanza mondiale) e verticale (dal ventre presidenziale alla mente). La guerra, inutile ripetersi, fu elaborata su di un set cinematografico, con l'ausilio dell'avanguardia telematica, che pure dovrebbe offrire qualche spunto per la riflessione, demiurgo del paesaggio bombardato, e dell'attrice fuggente con in braccio un gattino. Commovente, vero?
Il risultato fu non solo l'avvenente disinteresse degli elettori, circa lo scandalo suddetto (anch'esso strategico, ma elaborato dalla concorrenza politica:…meditate), ma, terminata la guerra, in virtù della competenza dello staff presidenziale, l'adesione incondizionata (il libero arbitrio!!!) al suo partito, anche da parte di quelli inizialmente scettici o più inclini al condizionamento della "opposizione".
Dis-viviamo in Italia un periodo pre-elettorale perenne, e il suo ingresso in Europa, le tanto attese (e offese) elezioni europee, potrebbero incautamente infonderci il sospetto orwelliano (la psicosi demonizzante e decauterizzata, volgarmente diffusa come "sindrome del complotto"). Le ingenti tasse reclamate dalla popolazione sono simbolicamente rappresentabili quale fila anonima presso uno sportello del banco dei pegni, con la consapevolezza che, prima del diretto interessato, qualcun altro salderà il conto, estinguendo-si, con non poche agevolazioni.

gennaio 2002