la superficie e il gorgo 
[ Testo:  precedente  successivo  ]  [ fascicolo ]  [ autore
Alfonso Cardamone
[ a.cardamone@email.it ]
 
GLI SPECCHI DEL CACCIATORE
(Dramma poematico e catottrico in un atto e tre scene)
 
SCENA PRIMA


(Buio)

Voce registrata (dalla platea)
e venne il cacciatore alla montagna
Kessi era il suo nome e l'arco senza fallo
e venne il cacciatore alla montagna

Occhi di Notte lo visitò nei sogni
e le prede dei boschi furono subito
più preste dei suoi dardi
e venne il cacciatore alla montagna

disertando l'altare degli dei
a placare la fiamma del suo petto
venne Kessi alla montagna

Kessi (sulle ultime battute della voce registrata. Urlando)
Aaaaah... Udispsharri! No!
(Dall'alto, luce livida su Kessi, in piedi sul procenio, le vesti stracciate. AI suo fianco Udipsharri, che ha appena finito di legargli i polsi. La scena è un labirinto di specchi giganteschi e tenebrosi. Di spalle, più in profondità rispetto al gruppo Kessi-Udipsharri, una figura ammantata che regge una lanterna dalla quale si sprigiona una luce rossastra. Kessi, i polsi avvinti da monili come catene, solleva con violenza le braccia, strappando le estremità delle "catene" dalle mani di Udipsharri, che crolla in ginocchio, la testa girata così da rivolgere a Kessi la nuca) .
No! Questi monili che mi cingono i polsi, queste catene feminee con cui mi stringi le braccia, questi vincoli che il dio ti ha ordinato di infliggermi perche mi fosse consentito di varcare la soglia di bronzo, alla fine del mio lungo cammino, e seguirlo nell'ignota galleria dei morti senza che io vivo possa fuggirne, io li riconosco! Io già li seppi miei ed a me destinati, segni ambigui nell'ambiguo mondo dei segni.
Ah, Udipsharri, io li ho sempre visti, o sognati, questi monili, nei momenti in cui l'anima si faceva più cedevole: riflessi di giochi che credevo ingannevoli di specchi. E riflessi erano. Riflessi. Riflessi del mondo dei morti.
Erano essi che l'algore tagliente delle notti sull'altipiano dipingeva diafani e netti, come cristalli, nei cieli, quando seduto presso il fuoco il cacciatore sollevava lo sguardo a scrutare gli astri, monili, monili che si piegavano, si torcevano in cerchi e spirali a disegnare fantastici gorghi. E se gli occhi riabbassavo per un brivido, o chissà un oscuro presagio, la Luna giocava a serrarli leggeri intorno ai miei polsi.
(scuotendo con rabbia i monili)
Nooo! Udispharri, no!
Tu non sai, miserevole larva che fosti il padre della mia sposa diletta, tu non sai, anima perduta in questa estrema galleria che il Sole percorre e che mai piede mortale attraversò prima che il fato guidasse i miei passi corrotti dai sogni, che io gli stessi monili già vidi scintillare alle braccia lunate di Shintalimeni
(Udipsharri volta la testa di scatto verso Kessi)
quando la sentii cantare dietro la cascata la prima volta...

Udipsharri (brutale, aggrappandosi e tirando con forza i monili che stringono Kessi)
Parlami di Shintalimeni, dimmi della figlia che vive di là della porta, di lei, se vive...

Kessi (liberando con uno strattone le braccia dalla presa di Udipsharri)
Io venni fin qui seguendo i miei sogni. Tu non sai, verme che strisci nell'ombra, miserabile servo degli dei che mi avvincono e mi vogliono morto, tu non sai (mostrando e scotendo i monili) che allora già mi tinnivano più melodiosi della voce di lei, più fragorosi dell'acque della cascata.

Udipsharri (come sopra)
Parla! dimmi di Shintalimeni, della cascata, le acque...

Kessi No! tu non sai. Non sai che bevendo a quell'acqua io già li vidi, come adesso, stretti e scintillanti intorno ai miei polsi, che pure, allora, erano ancora forti e saldi e implacabili. Nessuna preda, in quei tempi, sfuggiva al cacciatore, ma i suoi polsi già erano stretti dai perfidi anelli.

(Buio)

SCENA SECONDA


Voce registrata (dalla platea) -
gli gnomi malvagi e mentitori
gli portarono via l'arco ed il mantello
e Kessi trovò riparo giù nel cuore
fondo più profondo della montagna

Occhi di Notte che gli venne in sogno
cercava il Cacciatore alla montagna
come un segugio cieco il Cacciatore
nel cuore fondo più profondo
della montagna

Kessi (intervenendo sulle ultime battute della Voce Registrata)
Madre, perche non volgi la testa dalla mia parte?

(luce diffusa sul palcoscenico. Kessi è avvolto nel mantello da viaggio. Ai suoi piedi, seduta, ma voltata come nella scena precedente Udipsharrl, la Madre)

Kessi Madre, ti prego, non posso partire senza la tua benedizione.
Guardami, madre, le montagne mi aspettano ed io ho paura. Le mie mani tremano (poi, piano, come a se stesso) , i polsi come legati (di nuovo a voce alta) , non sono più quello, madre

Madre (voltandosi di scatto) Dov'è la puttana che prendesti con te, per la quale tradisti tua madre e gli dei?

Kessi Madre, Shintalimeni è andata via, non so dove.
Non dire così, madre. Ella era la mia vita, la mia ossessione.

Madre La tua dannazione

Kessi I suoi occhi erano specchi, la sua voce catene

Madre e tu ancora la cerchi e ancora abbandoni
me vecchia, me affamata, morente

Kessi (inginocchiandosi) Perdonami madre

Madre Solo per lei tu esistevi. Il tuo braccio inerte più non fulminava le prede. Il desco vuoto. Gli altari deserti. Non andare sulle montagne. Gli dei non perdonano
chi li trascura. Le tue frecce saranno
sterili e le montagne livide e lontane.

Kessi (rialzandosi) Shintalimeni è fuggita, io devo andare.

(Buio)

SCENA TERZA


Voce registrata
e vide una luce ed era il Sole
e vide una fine ed era Morte
il Cacciatore a cui sanguinava il cuore

là dove più struggenti insidia i sogni
Occhi di Notte nel cielo più profondo
là cacciò il Cacciatore il Sole
impietosito del suo sangue e l'arco
i dardi ed il mantello restituì
togliendoli ai malvagi gnomi e mentitori.

Dio del Sole (invisibile, sul fondo, dietro l'ultimo specchio, da cui trapela appena la luce rossastra della lanterna)
Fermati, Kessi. Oltre non ti è consentito
andare.

(luce su Kessi e Udipsharri, che si bloccano)

Tu che entrasti dalla porta
del tramonto, ti trovi adesso a fronteggiare
la porta del mattino. Per intercessione
di Udipsharri ti concessi di attraversare
r la galleria negata ai mortali. Ma qui
avrà termine il tuo cammino e più oltre
non potrai andare. Occhi mortali
che il mondo videro segreto
di là non possono tornare. Tuttavia
tu fosti in passato generoso, se prima
che scegliessi negli occhi di annegare
di Shintalimeni, ben meritasti a fronte
degli dei. Gli altari colmasti delle offerte
e opimi i sacrifici giammai risparmiavi.
Malgrado la sciagura, mostrarmi io voglio
generoso e la libertà offrirti della scelta. AI mondo
da cui provenisti non potrai mai più fare ritorno, ma te
beato che, avendo conosciuto ciò che gli dei riservano
a coloro soltanto che condussero a termine l'intero
cammino della vita, puoi ancora scegliere
se morire di mia mano prima ch'io varchi questa soglia
e tra le periture cose riprenda il mio andare, o essere
nel cielo, non vivo e non morto, trasfigurato
costellazione ed astro ad indicare
ai mortali l'ingresso al gorgo fatale.

Kessi (senza guardare nella direzione del dio, ma volgendosi a Udipsharri, alle cui mani porge le estremità dei monili)
Dio maledetto che io male dico, tu non consumerai il tuo ultimo
inganno. lo respingo la tua ipocrita offerta. Che libertà
è mai quella di scegliere tra condizioni date? Cercare
il terzo termine, il lato oscuro dello specchio, il soffio
del gorgo che la quiete incrina delle superfici, quando
queste paiono più calme, o fa sembrare
ridicolo il loro agitarsi quando esse appaiono
in tempesta, questa l'unica libertà possibile
ai mortali.
Io non scelgo, perché finalmente so
che già scelsi. Non mi inganna la falsa
alternativa che squaderni a me davanti. Quando
nel mondo dei vivi io da solo riconobbi
i segni di morte e di seguirli decisi fino alla
porta e oltre quella, allora io scelsi. Prima
che tu fossi costretto a nuove strategie di dominio
io avevo scelto.
La morte che non accetto
io la cerco, e non scendo ai tuoi patti. Costringerò
te, dio che discrimini e scandisci il tempo
della vita e il tempo della morte, ad accettare
le mie condizioni.
Udipsharri! afferra e stringi
forte i monili intorno al collo! forte, Udipsharri,
fino a farne
cappio
mortale.