la superficie e il gorgo 
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Alfonso Cardamone
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LO SVILUPPO INFELICE
 
Il mai troppo compianto Pier Paolo Pasolini, maestro di pensiero se non di vita, in un suo "bozzetto" sulla rivoluzione antropologica in Italia, scriveva: "Non è la felicità che conta? Non è per la felicità che si fa la rivoluzione? Lo Sviluppo, poiché non dà che angoscia, non è in nessun modo rivoluzionario". Tagliando così corto, molti anni prima del cosiddetto "crollo delle ideologie", sia con le mistificazioni del marxismo volgare e del "socialismo reale" sia con gli spudorati inganni della mitologia capitalistica dello Sviluppo. E agganciandosi -aggiungiamo noi-, direttamente o indirettamente, al messaggio del grande pensatore dell'Utopia Concreta Ernst Bloch: "Dai tempi più antichi la meta della ricerca della felicità -che l'interiore diventi esterno e l'esterno come l'interiore- non abbellisce e conclude, come in Hegel, il mondo esistente, ma è collegata invece con quello non ancora presente, con le qualità del reale cariche di futuro". Perché scomodare "hic et nunc" questi nomi? Perché noi siamo convinti di trovarci intrappolati in un mondo e in una società che l'ideologia e la pratica dello Sviluppo selvaggio e del profitto ad ogni costo rendono sempre più "inquinati" a tutti i livelli (compreso quello delle coscienze) e sempre più infelici, probabilmente per tutti, sicuramente per i più deboli ed indifesi. Ed allora diventa irrinunciabile, per chi come noi non si adatta a questo stato di cose, riproporre i temi della Speranza rivoluzionaria e dell'Utopia Concreta, per un impegno di lotta per un mondo che non sia più solo un immenso inceneritore di beni naturali, di energie e di coscienze umane, ma piuttosto un laboratorio di terrena felicità.