identità e imperfezione 
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Romolo Runcini
 
LA SCRITTURA: SPECCHIO E INVENZIONE DI REALTÀ
dal taccuino di viaggio '91
 
Se Platone opponeva, nella sua teoria del mondo delle idee, i due termini di rappresentazione della realtà -in quanto la prima forma corrisponde all'imitazione perfetta mentre la seconda a quella imperfetta- Gerard Genette considera solo il secondo termine, quello dell'imitazione imperfetta associabile al ruolo della finzione estetica, il primo essendo infatti la cosa stessa, poiché l'identità dell'immagine della cosa riprodotta non può consentire più distinzioni fra le parti in causa.
Nondimeno sappiamo bene che ogni imitazione per quanto perfetta non potrà mai cessare di essere la copia dell'originale. La più precisa copia è dunque un segmento, una duplicazione dell'aspetto rappresentato, così come l'immagine dello specchio lo è della persona che vi si pone davanti. In tale modo si può dire che l'imitazione non è che il doppio dell'oggetto imitato; anzi proprio la sua riproducibilità inficiata nell'era della tecnica -come W. Bejamin ha ben dimostrato- lascia alla copia, anche a quella tecnicamente perfetta, un residuo di opacità che la fa portatrice di informazione ma non di valore in quanto ha spezzato l'aura dell'unicità totalizzante (l'hic et nunc) dell'opera originale. Inoltre possiamo pensare senz'altro che l'imitazione replicando l'originale sovverte l'atto creativo, che è sempre compiuto da un punto di vista, da un angolo di fuga scelto dall'artista, mentre la copia che lo riproduce sceglie altri spazi con gli stessi strumenti (pennelli, spatole, mazze, scalpelli) a spazi identici con altri strumenti (fotografie, apparecchi di ingrandimenti, sostanze chimiche ecc.).
Potremmo dunque affermare che la copia è un doppio equivalente all'immagine dello specchio, ossia un'immagine rovesciata, nel senso che la sua esatta replicazione riporta tutto fedelmente, ma da un punto di vista opposto: questo contrasto non è subito evidente poiché occorre misurare il rapporto con la cosa imitata stando al di qua dello specchio. Una tale singolare differenza si può cogliere con profitto solo se, negando che la perfetta mimesis debba annullarsi nell'oggetto rappresentato (e dunque cessare del tutto la sua funzione comunicativa) questa perfezione venga riconosciuta come necessario corredo di ogni atto informativo, presupposto del piano di esperienza.
In tal senso si può considerare l'opportunità di ripristinare il rapporto conflittuale tra Mimesis e Diegesis -che Platone aveva concepito contro la riproduzione imperfetta che gli artisti facevano arbitrariamente del mondo delle idee- rovesciandone la prospettiva. Allora diremo che nel discorso letterario la mimesi costituisce il tracciato informativo, esperenziale, mentre la diegesis ne forma il gradiente di ricerche e combinazioni espressive. Entrambe dunque sono necessarie alla scrittura.