mo(n)do solare mo(n)do notturno 
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Giuseppe Panella
 
LE ROVINE DEL SILENZIO - 1
mondo solare e mondo notturno in G.B. Piranesi

Parte Prima
 
"... rendre la lumière
Suppose d'ombre une morne moitié"
(Paul Valery, Le Cimétière marin)

l. La dimensione diurna: un'allegoria della redenzione
"Effrayentes Babels"; così Hugo definisce i sogni di Piranesi (l). La "spirale infinie" che caratterizza la sua descrizione di "Babel, déserte et sombre" (2) appartiene, indubbiamente, al lascito piranesiano (3). Come Luzius Keller ha felicemente e, credo, definitivamente dimostrato (4), non si tratta di una filiazione dell'immaginario che lega soltanto Victor Hugo all'opera grafica del grande "architetto scellerato" (5). Tutta la grande poesia romantica francese, inglese ed americana e gran parte del "modernismo" novecentesco sono pesantemente indebitati con il"cerveau noir" dell'autore delle Carceri d'invenzione (6). Due citazioni d'apertura basteranno a render conto di una dichiarazione che potrebbe, a prima vista, destare meraviglia in chi non sia consapevole ancora della prodigiosa influenza che Piranesi ebbe sui suoi contemporanei e sui suoi estimatori. La prima appartiene ad uno dei poemi meno conosciuti della letteratura nordamericana -alla smisurata narrazione di un allegorico viaggio in Terrasanta contenuto in Clarel, mastodontico opus frutto della laboriosa e delirante vecchiaia di Hermann Melville (7) (l'opera si compone di diciottomila versi suddivisi in centocinquanta canti, a loro volta raccolti in quattro cantiche). Nella cantica seconda, The Wilderness, all'altezza del trentacinquesimo canto, Melville sembra sostare dalle parti di Gerico ed intona un misterioso Prelusive. È l'introduzione "musicale", il preludio appunto, al tema centrale della cantica che è, come si è detto, dedicata al racconto del viaggio nella desolazione:
"Nelle più rare incisioni di Piranesi
Gl'interni sconfinatamente strani,
Dove il sospettoso pensiero
Può spaziare con cupi, continui presentimenti,
A che cosa fanno accenno?
" (8).
"Interios measurelessly strange": incommensurabili e misteriosi, gli schizzi apparentemente non-finiti di Piranesi sembrano rinviare circolarmente a se stessi, alla loro non-funzionalità, alla loro difficile comprensibilità. Eppure, in essi il pensiero sfiduciato(9) può aggirarsi a proprio piacimento, interrogandosi sulla intima natura di ciò che è celato(10), di ciò che ancora non viene volutamente rivelato. Le incisioni di cui si parla nascondono, misteriose per il profano, il loro segreto a chi non crede.
"... Scale
Su scale foscamente salgono
In successione dalle infossate cupe Bastiglie
Pozzo sopra pozzo; ordini su ordini
Di gallerie ombrose, sospese
Su loggiati, loggiati senza fine:
Altezza e profondità - il prossimo, il remoto;
Cerchi di ferro ai pilastri in camminamenti
Coperti,e, infisse in essi, catene
Di Radamanto; e tutto ciò è meno stregato
Di certe allusive camere chiuse
" (11).
È la descrizione esatta della settima incisione della serie delle Carceri (12). Sull'importanza di questa acquaforte per la storia della cultura romantica europea, tornerò in seguito. Per ora, basterà alludere alla simmetria ossessiva delle scale che si susseguono senza che si riesca a capire dove terminino; basterà pensare all'eco misteriosa che suscita nel pensiero l'accenno alle "plunged Bastiles" dove i prigionieri vengono sepolti vivi senza che di loro si sappia più nulla in seguito; bisognerà fissare l'attenzione sulla dimensione infernale della territorializzazione (le "Rhadamenthine chains" che sbarrano l'accesso (13) ) e, nello stesso tempo, cogliere l'eco di una lontana polemica (la Bastiglia come l'inferno dei vivi, un "inferno provvisorio" cui non fa riscontro, tuttavia, alcuna liberazione possibile).
Melville coglie, attraverso l'uso concitato ed angoscioso del suo tetrametro giambico (14), l'esasperazione affascinata dello spettatore di fronte all'allegorica lontananza dell'opera di Piranesi, il suo essere perfettamente comprensibile in quello che mostra e, contemporaneamente, inaccessibile all'interpretazione di chi vuole andare al di là delle apparenze che palesa.
Eppure, nonostante l'alone di mistero che avvolge le volte e le profondità altrettanto enormi della descrizione, in esse non si cela alcuna magia (15) - la loro spiegazione è, infatti, lampante. La folgorazione che la determina non è, tuttavia, il frutto di un lungo cammino ermeneutico quanto il lavoro dell'esegesi.
"Quelle corsie di silenzio non son disposte
Per burla da una spiritata immaginazione,
Non sono smorfie o sconci sortilegi:
Le tue ali abbracciano, o Fantasia
La verità ideale nella sede della fiaba
" (16). ,
In esse non vi è nulla di macabro (viene recisamente negata la prospettiva del soprannaturale romantico): l'orrore è tutto interiorizzato ed è frutto dei sentimenti dello spettatore. Piranesi non ricorre a nessuno degli artifici che caratterizzano il Gothic romance (17), né si compiace di evocare spettri o diavoli. Il suo controllo avviene sulla dimensione dell'immaginario (l'allusione alla dicotomia fancy/imagination che caratterizza la poetica di Coleridge è esibita con naturalezza (18) ) e nell'ambito in cui l'immaginario stesso ritrova la propria sede più autentica. Melville cerca la "verità" che si nasconde nella metafora ossessiva suggerita da Piranesi:
"La cosa cui qui si allude è l'uomo stesso,
I penetrali in cui si ritrae,
Il suo cuore fitto di labirinti:
Nelle grottesche dei segni discerni
Il mistero d'iniquità di San Paolo:
Intricato, offuscamento di sogno...
" (19).
La natura delle Carceri è, allora, quella solare del simbolo; una volta dipanato il gomitolo dell'allucinazione, il suo punto di arrivo è quello speculum in aenigmate (20) che permette di ritrovare in ognuno ciò che si nasconde negli abissi del suo cuore. La sostanza della visione è intessuta della stessa stoffa di cui sono fatti gli incubi: il labirinto rappresentato e quello reale coincidono nel loro essere un'allusione alla stessa realtà concettuale, allo stesso archetipo, allo stesso sogno. Gli uomini sono costituiti da miriadi di sfaccettature, da svolte casuali, da comportamenti irrazionali, inspiegabili, assurdi e malvagi -tuttavia, la loro salvezza coincide con la loro esistenza così come la ragione del loro esserci è data dalla loro stessa imperscrutabilità. L 'abisso del cuore umano (tema mistico per eccellenza) spiega gli sprofondamenti e le vertigini delle incisioni di Piranesi. Pur essendo apparentemente senza senso, le sue Carceri nascondono in se stesse la loro spiegazione ed il loro significato.
Nel mondo reale (La desolazione, quindi) si cela una possibilità di riscatto dal dolore e dall'angoscia della vita: nel più oscuro dei labirinti trapela il raggio di sole della speranza. La stranezza "grottesca" dell'invito ad entrare nella foresta dei simboli e delle corrispondenze è, concretamente, un appello alla redenzione; in esso, nonostante la nebbia delle interpretazioni possibili, dimora il significato delle peregrinazioni degli uomini alla ricerca di se stessi e si può ritrovare il messaggio lasciato da Piranesi con la sua opera.
"Come atterrito da uno scrupolo e rattenendo
Il suo piano primitivo o impedito
Dal destino e da avvertimenti,
Il creatore convertì il miraggio
Il meandro, oscurandolo con una foschia prudenziale,
Eppure, per chi vi dovesse indagare
Lasciò un uovo, l'embrione di un suggerimento.
Soffermati di notte su queste stampe,
Su questi tratti morsi nell'acciaio
Dall'acqua forte, finché senti nella luce grigia
Né candeggiata né tinta, il testo paolino
E poi volgiti a questa parte, e leggi giusto
" (21}.
Il piano di Piranesi è la salvezza degli uomini e le sue stampe, apparentemente minacciose, empie e senza speranza di riscatto, rilucono dei bagliori del trionfo finale del regno divino che verrà, infatti, come "ladro di notte" (22}. Il nodo delle Carceri è tagliato di netto dalla proposta di Melville: i lucori tremolanti dell'alba o del tramonto rivelano presente (e vincitrice) la luce del giorno. L'opera piranesiana va decifrata, allora, se si vuole seguire il suggerimento dello scrittore americano, con gli strumenti esegetici della "simbolica": le sue opere alludono, non dicono apertamente, ma, se si sanno seguire i suoi suggerimenti, si può giungere alle profondità nascoste sotto la superficie infinita delle sue misteriose evoluzioni grafiche (23).

2. Il fascino dell'antico Egitto; il lato notturno
II secondo "suggerimento" viene da un racconto di Jorge Luis Borges, "There Are More Things" (dalla raccolta Il libro di sabbia (24} }: il protagonista, che scrive in prima persona, sta vivendo un incubo descritto alla maniera di H.P. Lovercraft.
"Quella mattina non dormii. Verso l'alba sognai un'incisione alla maniera di Piranesi, che non avevo mai visto o che avevo visto e dimenticato, e che rappresentava il labirinto. Era un anfiteatro di pietra, circondato da cipressi e più alto delle chiome dei cipressi. Non c'erano porte né finestre, ma c'era invece una fila infinita di feritoie verticali e strette. Con una lente d'ingrandimento io cercavo di vedere il Minotauro. Finalmente lo scorsi. Era il mostro di un mostro; era meno toro che bisonte e, con il suo corpo umano disteso sulla terra, sembrava dormire e sognare. Sognare che o chi?" (25).
Borges propone l'interpretazione notturna e "gotica" delle incisioni del grande architetto veneto: la sua versione è più classica, anche se non meno efficace (nel 1967, invece, nell'ambito delle parodistiche Cronache di Bustos Domecq scritte in collaborazione con Adolfo Bioy-Casares si era concesso un'irriverente versione delle stesse opere(26) ).
Borges avalla (come, d'altronde, hanno fatto tutti gli studiosi più autorevoli di Piranesi, da Focillon a Calvesi(27) ) l'ipotesi di una dicotomia esistente nella sua poetica: alla dimensione diurna apparterrebbero le descrizioni delle Vedute di Roma e dei quattro volumi delle Antichità romane, a quella notturna e pre-romantica le acqueforti delle Carceri (28). Questa prospettiva è interessante non tanto sotto il profilo della storia dell'arte quanto per il "campo metaforico" che apre e che permette di studiare direttamente ed attraverso le influenze che ne derivano (29). Leggere l'opera di Piranesi seguendo le direttive che la dicotomia mondo solare/mondo notturno indica obbliga, infatti, a tener conto della sostanziale unità di ciò che, altrimenti, si potrebbe tenere separato (la luce e le tenebre come poli estremi e "negativi" della vocazione artistica) ed a ritrovare, nella mediazione del chiaroscuro, il ponte di passaggio tra le diverse esperienze estetiche che la costituiscono. In essi si può ritrovare una "solidarietà" ed una continuità rivelate dalla presenza di momenti simbolici comuni e, soprattutto, dalla prospettiva artistica che li attraversa (30). In Piranesi, la compresenza di giorno e di notte è verificabile attraverso la ripetizione del tema della rovina (come momento di divaricazione esistente tra soggetto che osserva ed oggetto osservato -ciò contraddistingue la riflessione sul Sublime, soprattutto in quell'ambito inglese cui l'incisore era legato da questioni di committenza e di affinità) e dal ruolo preponderante giocato dal successo che riscuoteva all'epoca il c.d. "gusto egizio" (31).
È su questo punto che occorre riflettere per comprendere l'importanza del tema del labirinto nella sua opera. È significativo come nella raccolta intitolata Della Magnificenza ed architettura dei Romani del 1761, gli accenni all'arte egiziana siano contenuti in un elogio dell'architettura romana in rapporto a quella degli Etruschi. Gli antichi abitatori dell'Italia preromana derivavano, secondo l'artista veneto, la loro grande capacità di progettazione dal lascito dei costruttori delle Piramidi (32).
La grandiosità e l'allusiva ambiguità dell'arte egizia sono le fonti (secondo Wittkower) dei labirinti piramidali, delle rovine diroccate che lasciano intuire una grandezza passata ed ormai perduta, delle costruzioni sviluppate in altezza ed apparentemente senza fine che sono il tratto caratteristico del segno piranesiano. Ma il tema del dedalo è naturalmente legato anche al tema della discesa nel mondo infero, al culto degli dèi Iside ed Osiride, alla considerazione della morte come rinascita e come continuazione della vita sotto altre forme (tutti gli aspetti che avevano caratterizzato la religione degli abitanti della regione del Nilo): tutto ciò permette di individuare un legame tra l'enigma delle Piramidi ed il fascino misterioso che pervade le acqueforti di Piranesi. Nella dimensione colossale (33) del non finito architettonico, si può rintracciare la doppia dimensione solare/notturna che le contraddistingue: nelle maestose distese di rovine come nelle scalinate che si innalzano a mozzafiato e sembrano non avere alcuna meta da raggiungere, il culto del Sole (Amon-Râ, sorgente di ogni ricchezza per l'Egitto(34) ) e quello di Iside (la dea che aveva il compito di guidare i morti nella loro nuova dimora) si congiungono l'uno all'altro e consentono di individuare la realtà mitica cui attinge l'immaginario di Piranesi (che, poi, la sua produzione fosse finalizzata in maniera precisa alle richieste del mercato, come dimostrano le Diverse maniere di adornare i cammini del 1769, con le proposte di arredamento per i caminetti, i disegni delle poltrone e degli alari, ecc., non è neppure il caso di insistere a verificarlo, dato il carattere "commerciale" ed "industriale" della sua opera). Più che i rapporti con la committenza (35), l'infrastruttura mitica e la sua dipendenza dalla religione egizia danno la possibilità di capire come egli sia riuscito a conciliare competitività e ricerca estetica, il gusto dell'epoca e la sua personale volontà di espressione artistica. La risposta è, a mio avviso, da rintracciare nell'intuizione della centralità dell'ombra: la forte presenza di elementi chiaroscurali bilancia l'orrore puro delle Carceri e la trasforma in qualcosa di assolutamente imperscrutabile, in un elemento non misurabile se non in base alle capacità soggettive di ognuno. Non è forse ancora questo uno dei motivi del segreto fascino della Sfinge che si profila davanti alle grandi Piramidi della piana di Gizah?

NOTE
1) Cfr. Victor Hugo, "Les mages" (dodicesimo poema della raccolta Les Rayons et les Ombres) cit. da Georges Poulet, "Piranès et les poètes romantiques français" in Sensibilità e razionalità nel Settecento, Atti