mo(n)do solare mo(n)do notturno 
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Maurizio Lo Forti
 
SUITE DELLA CAVA
 
Questo, come quello di J. L. Borges, è un manoscritto anonimo non ancora ritrovato.
Se ne affida la tutela.



Secondo l’A., le cavità della CAVA du PRESIDENTI, in Favignana, sono effetto dell’azione combinata, lenta e incessante, della luce, del suono del tempo come durata e del portento che cambiò la vita di mastru Franciscu Ponzio cavatore.


Appunti per una

SUITE IN QUATTRO TEMPI PER UN CAVATORE DI TUFO DEL XX SECOLO.
Dedicata a mastro Franciscu Ponzio di Favignana.



TEMPO PRIMO…………della luce
TEMPO SECONDO…….del suono
TEMPO TERZO………...del tempo
TEMPO QUARTO……...del portento

Seguiti da un GLOSSARIO in forma di promemoria e da una citazione sibillina.



TEMPO PRIMO
della luce


Il sole, appena sorto, già tramonta per mastro Franciscu cavatore di tufo che all’alba di ogni giorno raggiunge il fondo. Scompare come inghiottito dalla linea, pur breve e frastagliata alla bocca della cava, che gli fa da orizzonte.
Quella che mastro Franciscu troverà laggiù, è luce priva di bagliori, smorzata dalle profondità e costretta a rifrangersi secondo sequenze di pareti refrattarie tagliate dal lavoro degli umani.
La luce solare, per i cavatori come mastro Franciscu, è luce mnemonica, immaginata, qualche volta agognata.
Luce in agonia.
Per lui che vive in cava, come per chi è appena nato, ciò che segna il passaggio è la linea della luce.
Nel suo vivere sotto-sopra è piuttosto il ritorno della luce solare che chiude il tempo del travaglio come, per quelli di sopra, il calar della notte.



TEMPO SECONDO
del suono


Il lavoro ritmato, ancorché monotono, di mastro Franciscu è accompagnato dalle sonorità che i colpi di mannara, producono con il contatto violento sulla materia del tufo. Una sinfonia che sostiene l’opera specialissima cui mastro Franciscu ha messo mano da tempo.
Sonorità diffuse da casse armoniche mai uguali nel breve volgere dei giorni; risonanze in continua trasformazione su volumi che cambiano, ad ogni ora, modellati dai colpi sapienti di mastro Franciscu.
Mastro Franciscu che è sempre lì, tutti i giorni fra due soli, assorto, sorride all’ascolto delle mille note che, come le voci degli altri cavatori, si incrinano tra i conci che si spezzano.
Più tardi, alla fine del tempo di lavoro, prima di tornare alla luce del sole, uno sguardo di soppiatto, per ripercorrere, sulle pareti di tufo che sembrano pergamene, le tracce dello spartito che scandiscono la quotidiana sinfonia.



TEMPO TERZO
del tempo


Mastro Franciscu per più di trent’anni scende nella cava, a ogni levata del sole, per trarne blocchi di tufo.
Ha riservato a sé le operazioni di taglio. Altri si occuperanno di trasferire i blocchi in superficie con l’añameddu e altri ancora, di rimuovere i detriti che si accumulano sul fondo.
I suoi gesti misurati e efficaci trascrivono, sulle estese superfici delle pareti di tufo, i glifi della sua fatica quotidiana mentre i conci esitano, staccandosi, restii a cadere nelle mani, forse ancora profane, dell’umano.
Poi un giorno, quando il favonio torna, mastro Franciscu che conosce le forze della natura e la disumana grandezza del destino, nella luce inferina della lampada ad acetilene, concepisce, a contatto con il tufo, il pensiero gemello di quello degli scultori-architetti che, ai tempi dei tempi, costruirono in superficie, per amore e per paura, edifici giganteschi di tufo, per celebrare quelle forze e per non essere schiacciati da quella grandezza assai più che umana.



TEMPO QUARTO
del portento


Così mastro Franciscu varca la porosità dorata del tufo e si inoltra fino a raggiungerne le forme nascoste e precluse. Spinge lo sguardo, a fondo, con gli stessi occhi curiosi con i quali ha scrutato dentro di sé fino a scoprirsi in tutto uguale, fatto dello stesso impasto del tufo: sabbia, vento di ponente e acqua di mare.
Egli, che l’ha toccato, può finalmente cimentarsi: fra tutti i cavatori di tufo della sua isola, egli soltanto possiede, ora, conoscenza e maestria per realizzare l’impresa di esprimere le forme del tufo.
Egli sa che ora gli è consentito di costruire cavando.
Sa che ora può restituire libertà al soffio del vento primigenio e che può costruire, senza sfidare il cielo, senza sovrapporre materia a materia.


Da allora, mastro Francisco non lavorò più. Non sottrasse più tufi alla cava per vivere.
Egli scolpì e visse per far affiorare e rendere visibili a tutti le forme che il tufo porta impresse e che, in trent’anni di solitudine, egli aveva imparato a cavare, uguali, dentro di sé.



GLOSSARIO

mannara (mannaia) sorta di alabarda corta che da un lato taglia e dall’altro percuote.

zaffuni adoperato per scalzare il concio di tufo.

añameddu rullo ligneo e corde adatto al trasporto dei conci detti, dai cavatori, tufi.

(fonte: Dr. Campione di Favignana)



… (si) crede che le storie (d’amore) abbiano un ricovero, una specie di rifugio dove riposano, un po’ come un cimitero (o come una cava di tufo) ma con la possibilità di rivivere a partire dal momento in cui si comincia a raccontarle.

(Tahar Ben Jelloun. 1999)


settembre '04