in traccia di luna - risalendo alle scaturigini del femminino sacro 
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Marcello Carlino
 
IN TRACCIA DI LUNA di Alfonso Cardamone
 
Chiaramente sanno intenderlo quanti hanno percorso e conoscono il corpus dei suoi scritti e possono desumerne e trattenerne il senso germinale. Per Alfonso Cardamone la poesia si fonda sul mito; del mito la poesia è articolazione e speciale supplemento; consentimento e predilezione la poesia volge, tra i miti, a quelli che conchiudono o intrattengono la luna.
Ecco, un valore è di base a In traccia di luna, e ne costituisce una ragione e una finalità ragguardevole, benché l’autore si fermi prima di definire l’equivalenza e di svilupparne i rapporti: le mitologie lunari sono ut unum con il mostrarsi, e il dirsi, e l’articolarsi in modalità espressive della poesia: sondarle è perciò distillarne l’essenza e portarla a reagire, in quanto idea di cultura e lettura del mondo, nella dialettica del presente, così come è disporsi a riferire di alcune proprietà e di alcuni talenti della poesia e determinare la possibilità di rivendicarne un compito non ancora esaurito, e anzi tutt’affatto nodale, oggi.
Un dato è certo e va considerato alla stregua di un preliminare, intanto. Se solo si mette in opera l’arte del rimuginare, carissima a Benjamin, non appare senza motivo che il sole incontri uno scarsissimo gradimento presso i poeti delle più svariate stagioni e delle più disparate latitudini. Fonte di vita e padre-padrone, dominus invocato e temuto come chiunque, imperversando e facendosi di troppo, ovvero negandosi e lasciandosi desiderare, decide irrevocabilmente del nostro destino (siffattamente dovettero figurarselo gli uomini prima di ogni storia; e ne perdurano le tracce nell’immaginario della civiltà contadina; e, tuttora, se ne dà traduzione nella simbologia dell’eclissi), il sole è cogente, intemperante, terrifica univocità di stato e di funzione, entità sovraordinata che stringe gli esseri nella morsa della soggezione e della dipendenza (il suo è un potere assoluto, un dispotismo patriarcale che non esclude la possibilità di pronuncia di sentenze capitali) e che identifica, nel mentre, il cardine istituzionale del principio di realtà. E dunque, proprio perché il segno autocrate e univoco del dominio - di un dominio totale e incontrollato - e l’emblema e il sigillo di un razionale e realistico adeguarsi alle necessità economiche dell’esistenza si accompagnano al sole, le mitologie solari raramente hanno allignato nelle prose e nei versi della letteratura di tradizione; e non si rammentano altri significativi programmi di scrittura “eliocentrici” in aggiunta a quelli futuristi, i quali per avanguardismo modernolatrico, giustappunto, ricusavano il “poetico” e, non per caso, di conseguenza, “uccidevano il chiaro di luna”.
Come si desume dalle mitologie che ad essa pertengono, ripercorse con puntualissima attenzione da Alfonso Cardamone, e pure con grande capacità tanto di affabulazione quanto di innesti e di chiamate dialogiche per correlazioni semantiche, la luna è invece diramata, lussureggiante pluralità.
Pluralità come disposizione migrante a passare tra medesimezza e diversità di contesto in contesto: astanze e simboli di luna viaggiano ininterrottamente nel tempo e nello spazio, quasi che i continenti risultino ancora fusi in una pangea, e fanno tappa, per non citarne che alcune, in Mesopotamia e in Australia, in Africa e nelle terre dei pellerossa: la loro diffusione li elegge ad archetipi, a propulsori di dinamiche interattive, ad attori di scambi muticulturali a far centro su di alcuni patterns di senso accertati e condivisi, universalmente antropologico-umani.
Pluralità come accentuata apertura ad una molteplicità di immagini e di sintesi ideali: la luna conosce una gamma vastissima di giochi di ruolo, e di rapporti parentali, e di connotazioni cromatiche, e di espansioni attributive, e di proiezioni in figure di bestiario, e di corrispondenze metaforico-analogiche con altri insiemi di significati-concetti.
Pluralità come convergenza dei dissimili e come conciliazione degli opposti: una, bina, molteplice la luna è femminile e pure accade che si lasci rappresentare con tratti e profili maschili, mentre è androgina, ermafrodita: è anche infertilità e maternità, estraneità e influsso sulle cose degli uomini, luce di vita e presagio di morte, pallida congiunzione astrale di eros e di thanatos.
Pluralità come accompagnamento amicale e come spostamento dal criterio della verticalità a quello dell’orizzontalità delle relazioni e dei percorsi di rappresentazione e di conoscenza: la luna asseconda una mitologia “colloquiale” e come “paritaria” in cui simboli e segnali non sono regolati da gerarchie rigorosamente prescritte e codificate, ma si lasciano andare alle esperienze rizomatiche e trascinanti del racconto, alla logique e al plaisir delrécit.
Pluralità come licitazione di un’altra dimensione dell’esperienza, che suppone e conferma la profondità, la pervietà (agli apporti del soggetto e delle sua realtà), la declinabilità, la resistenza tenace ad ogni reductio ad unum della realtà e dei suoi livelli: la luna interroga e si lascia interrogare (la sua è una identità “dubitativa”), è indizio e cartello direzionale verso spazi ulteriori, o terre nascoste, o frontiere inesplorate della psiche, o campi poco battuti dell’io, o libertà ancora inconcusse dell’immaginazione (come nelle figurazioni lunari di Galileo ricordate da Cardamone: figurazioni tra fantasie di letteratura e fantasie di scienza, le une alle altre necessarie e le une alle altre di sostegno nell’atto del sapere, nel prodursi della conoscenza).
Pluralità come ammissione del relativo, del mutamento proteiforme, della cangianza, della revocabilità di una presenza tassativa e deterrente e determinante: la luna c’è e manca, cambia forma e colore e dimensioni, intrattiene mutati rapporti di posizione e di pertinenza con il contesto.
Pluralità come femminilità in essenza, in quanto dismissione di un modello di taglio e di fattura maschili, il modello del dominio e del potere su cui si è costituita la logocentrica civiltà occidentale: la luna è impulso supplementare non garantito dalla metafisica di un’origine, è diramazione polisensa, è varietà di mitologie liberate dalla univoca prescrittività del mito come riconosciuto, solido, insondabile, mistico fondamento.
In traccia di luna di Alfonso Cardamone è libro di esplorazione e di riepilogo, che segue le orme e i segni delle mitologie lunari da continente a continente e da racconto a racconto. È libro che, attraverso la luna, in forza di luna, rivendica l’idea di un’altra dimensione antropologica-umana e di un’altra cultura e di un’altra politica; e per ciò stesso rileva, senza doverlo dichiarare, l’importanza tuttora irrinunciabile della poesia. Che è femminile e relativa, supplementare e polisensa, amicale e interattiva, plurale e molteplice come la luna. Che è voce della luna, si direbbe infine per chiosa.

recensione pubblicata sulla rivista quadrimestrale Letteratura & Società, anno IX, n. 2, maggio-agosto 2007, pp. 116-117, Pellegrini, Cosenza.