in traccia di luna - risalendo alle scaturigini del femminino sacro 
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Romolo Runcini
 
PREFAZIONE a “in traccia di luna”
 
Di fronte a me l'altro, le cose, gli uomini, il reale. È l'oggetto che guida il soggetto al riconoscimento dell'alterità da cui scaturisce la presenza della persona. Il motto dell'oracolo di Delfi -"Gnothi seautòn"-era un invito al viaggio interiore attraverso la testimonianza del mondo. È dunque il mondo a concedere all'uomo il diritto a costituire il nesso, la misura di tutte le cose. Dopo la ricerca dell'Essere come quintessenza degli elementi naturali dell' Universo, come Tutto e Nulla, ecco il faro di luce da cui è scaturita la parola; e proprio con la parola il mito delle origini cosmiche conferisce all'uomo la vastità e potenza del suo destino, che entrando individualmente in rapporto con il reale dovrà cogliere la giusta armonia tra la verità di conoscenza e quella di fede. La mimesi, il confronto testimoniale con l'altro da sé, riproduce nel linguaggio la facoltà quasi divina del dividere e unificare sacro e profano, puro e impuro, lasciando all'uomo la libertà e possibilità d'intendere i tracciati ontologici e esistenziali come forme vitali della Natura. La profondità e la velocità della parola -da Talete a Eraclito, da Platone a Aristotele- assicurano al discorso filosofico la forza di coesione della cultura che si manifesta nella ricognizione ideale del mondo fenomenico. Solo attraverso la razionalità della mimesi il mito greco può esprimere il valore dell'Essere e del Divenire, il ciclo metamorfico dell'Infinito che entra nel quotidiano.
Alla veloce comunicatività della parola greca fa da controcanto la lentezza contemplativa della visionarietà mesopotamica. Le grandi Epopee sumere e ittite del periodo babilonese -vasti e articolati poemi sulle imprese degli antichi eroi-comprendevano le folgoranti storie dell'origine del mondo, della nascita dell’uomo, delle città, lo sviluppo e la divisione dell’ Umanità, il Diluvio Universale, il coraggio e la determinazione dell’eroe che affronta e risolve situazioni complesse e disastrose. Dalla potente “Epopea di Erra”, alla “Discesa di Isthar” le vicende dei popoli vengono narrate sul profilo di stati, di attrazione e di stacco, dove amore e morte caratterizzano la legge umana e divina dell’unione e dell’abbandono.
Fortemente connotati in senso comportamentale gli esseri umani messi a confronto con i fenomeni e le forze della Natura li convertono mitologicamente in personaggi positivi o negativi, in corrispondenza alle condizioni dell’ambiente geologico e alle necessità e opportunità dei propri gruppi sociali di appartenenza. Nascono così nel mondo antico le storie del Sole e della Luna.
Ora, nella strenua ricerca del nesso profondo e misterioso tra Poesia, Religione e Scienza, Alfonso Cardamone, fine esploratore e artista della parola, ci invita qui a partecipare alla prima scoperta del pianeta notturno come simbolo di regolarità e bellezza del moto, e come segno irreversibile della differenza tra luce ed ombra, caldo e freddo. L’alternanza del giorno e della notte rivela come è noto il quadro rassicurante del pieno, naturale ordine del mondo. Del resto ne L’ultimo dei reami (1995), dello stesso autore, si potevano già cogliere indicazioni di percorso critico sui miti mesopotamici, sulla grandiosa figura di Gilgamesh, sul suo rapporto con Enkidu. Storia e Poesia si misuravano nelle coordinate di un’antica sapienza e di un nuovo spazio estetico.
In questo studio sul mito lunare si attivano, nel confronto tra la cultura mesopotamica e quella greco-romana, prospettive nuove di lettura degli attributi e dei segni sacrali e sociali dell’astro notturno. In tal modo la luna ci viene presentata nel ruolo materno o in quello passionale come punto di riferimento o di fusione dell’attività sessuale degli individui: ecco la luna selvaggia, bestiale delle orgie notturne e la luna grande madre universale; ecco la luna come labirinto e come giardino delle delizie. Cardamone ci offre qui, su questo affresco mitologico, le coordinate storiche e culturali dei segni e dei simboli attraverso cui la luna è stata vista e rappresentata nel tempo dai vari popoli del Mediterraneo. La diversità di interpretazione dei miti lunari conduce l’autore del saggio a prospettare i periodi e gli ambienti della cultura artistica e letteraria di quei popoli: Asia, Grecia, Roma sono queste le tappe dell’incursione storica dello studioso nell’alveo culturale del mondo antico.
La produzione di senso nel mondo arcaico è legata, come sappiamo, al rassicurante stadio di costituzione di un’esperienza accumulata nel tempo dai vari popoli e presto ritualizzata sacralmente e socialmente per fissarne le strutture e le funzioni di confronto mimetico con la realtà. Questo pensiero verticale (trascendentalismo) ha generalmente giocato nel mondo antico il ruolo di via maestra per un’avventura umana affiancata dalla potenza e dalla sensibilità degli dei.