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Mario Amato
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EQUITAN DI MARIE DE FRANCE
 
Marie de France, poetessa contemporanea di Chrètien de Troyes (XII secolo), autrice di una raccolta di dodici lais, cioè di racconti e novelle in versi (lai è termine celtico che designa una canzone). La materia di questi lais è bretone: uno di essi, il Lanval, è arturiano, un altro fa invece capo alla leggenda di Tristano (Tristan).


Marie de France
Lais

(traduzione e commento di Mario Amato)

Chiunque ottiene da Dio la sapienza
E l’abilità di parlare, l’eloquenza,
non dovrebbe tacere e nasconderlo;
No; quella persona dovrebbe con gioia farne mostra.
Quando ognuno ascolta qualche grande bene
Questo fiorisce come deve;
quando l’elogio della gente è molto,
allora il bene è in piena fioritura.
Era tradizione fra gli antichi
(Su questo punto possiamo citare Priscian [1])

Quando essi scrissero i loro libri negli antichi giorni
Ciò che avevano da dire, essi in modo oscuro lo dissero.
Essi sapevano che un giorno altri sarebbero venuti
E sarebbe stato necessario sapere ciò che essi avevano scritto;
Questi lettori venuti dopo glossarono le lettere,
ed il loro vero migliorò il libro.
Questi filosofi, saggi e buoni,
compresero da soli che
l’umanità, anche quella futura,
avrebbe esteso il senso nascosto
senza uscire dai confini del senso
delle parole e andare oltre.

Chiunque vuole essere salvato dal vizio
Deve studiare ed imparare (tenete a mente il monito)
Ed accettare il difficile compito;
Allora il travaglio è un lontano vicino-
Da grandi tristezze uno può fuggire.
Questa mia idea cominciò a prendere forma:
Trovai qualche buona storia o canto
Da tradurre dal latino nel mio idioma;
Ma qual era il premio della fatica?
Molti altri avevano già provato [2].
Allora pensai ai lais che avevo udito [3],
non dubitai, ero sicura
che erano stati composti per la memoria
di reali avventure, senza errori.
Si ascoltava il racconto, si componeva il canto,
veniva mandato tra la gente. Non era sbagliato.
Avrei rimorso se li lasciassi andare, se permettessi
Che il popolo dimenticasse.
Per questo li ho messi in rima e li ho scritti in modo conforme a giustizia.
Spesso la mia candela brucia la notte.

Sul tuo onore, nobile Sire [4],
al quale per potere e cortesia il mondo fa cerchio-
Tutte le gioie fluiscono da Voi ed intorno a Voi procedono,
per il cui cuore di questi lais assunsi la fatica
di metterli insieme, in rima, in questo libro.
Nel mio cuore intendevo
Di questo farVi dono.
Grande gioia sarà al mio cuore
Se accetterete la mia offerta.
Sarò felice un giorno e per sempre.
Vi prego di non pensare che per vanità
Io parli –l’orgoglio non è il mio peccato.
Ascoltate dunque ed io inizierò.

I
Equitan


In verità essi erano nobili, quei baroni,
i Signori Bretoni, i Britanni.

I Bretoni, per valore, in quei giorni,
per cortesia, e per nobili modi,
ebbero avventure che poi si udirono
raccontare da così tanti uomini-
Allora, per ricordarle, le misero in strofe
Affinché gli uomini non le dimenticassero, per vantaggio della memoria.
Una c’è che io ho udito narrare
Della quale non ho dimenticato nemmeno una parola
Che parla di Equitan che era molto cortese,
Signore, giudice e Re nella Contea di Nancy.

Equitan era il più ammirato
Ed il più amato nella sua terra.
Egli amava i diporti ed il diporto d’amore-
Questo perché era un cavaliere cortese.
Lunga vita non è la ricompensa
Dell’amore senza misura e senno;
Ma l’amore stesso è la ricompensa
Dell’amore; la ragione non può essere imprigionata dall’amore.

Equitan aveva un siniscalco,
un buon cavaliere, valoroso, leale,
amministratore dei suoi beni,
suo intendente e magistrato.
Eccezion fatta per la guerra, nessun compito,
nessuna emergenza- avrebbe fatto indietreggiare
il Re dalla caccia e dai suoi piaceri
e dalla gioia e dai piaceri.
Il siniscalco aveva preso una sposa
Che più tardi portò male alla terra.
Essa era terribilmente bella,
ben educata e rispettabile,
con un bel corpo, una bella figura.
Era un capolavoro della natura.
Occhi glauchi in un viso amabile,
amabile la bocca, naso nel giusto posto.
Le sue lodi raggiunsero le orecchie del Re.
Spesso l’avrebbe mandata a salutare
Con doni portati dai suoi uomini.
Più presto che poteva, voleva incontrarla.
La desiderava senza ancora averla vista.
Andò nella campagna per diporto,
per il piacere della caccia.
Nell’abitazione del suo siniscalco,
il castello dove la dama stava,
il Re si riparò al crepuscolo;
aveva necessità di riposare, tanto duramente aveva giocato.
Ora le può parlare, appartato,
rivelare il suo valore, mostrare a lei il suo cuore.
Egli la trova cortese, saggia, giusta,
bella nel volto e nella figura,
gentile, vivace, troppo, non fredda.
Amore lo avvince nella sua casa.
E il desiderio è immenso.
La freccia d’amore ha colpito nella sua direzione
Ed il desiderio è immenso.
Ha colpito il suo cuore; questa malattia
Non avverte di essere prudenti.
L’assalto d’amore di donna è senza pietà.
Egli diviene triste, pensoso, sommesso.
Ora egli mette sé stesso alla prova,
non offre resistenza o diniego:
quella notte non ha riposo nel letto,
ma rimprovera sé stesso e si dà colpa.
“Ahimè” dice “Cosa ha macchinato il fato,
conducendomi in aperta campagna?
Ho visto questa signora; ora una freccia
Agonizzante ha percosso il mio cuore.
Agita e fa tremare il mio corpo,
Penso di amarla veramente.
Se l’amo, sono in torto, in tutto:
è la moglie del mio siniscalco.
Devo tener fede a lui
Come lo voglio a me fedele.
Se con qualche destrezza egli capirà,
so che lo infastidirà molto.
Eppure, non sarebbe un peccato
Se per lui diventassi folle.
La così avvenente Signora, sarei triste
Se essa non avesse amore, se non avesse chi la ama.
Che beni sono i suoi modi cortesi
Se essa non impara i giochi d’amore?
Sotto il cielo, ogni uomo, se lei lo amasse,
migliorerebbe in maniera terribile.
Il siniscalco non ne avrebbe fastidio
Se non potesse averla per sé stesso.
In verità, voglio condividere la sua abbondanza.
Così diceva, e sospirava molto profondamente,
poi giacque pensoso, senza dormire,
poi parlò e disse “Ora, che cosa è
questo travaglio in me? Sono così preoccupato, ma
non ho ancora provato a scoprire
se lei mi prenderà come amante.
Lo proverò, lo giuro!
Se sente ciò che io sento
La mia tristezza potrà cominciare a guarire.
Dio! C’è ancora lungo tempo al giorno!
Non avrò riposo in questa lunga
Notte- non mi sono coricato.”
Egli giacque sveglio fino all’alba,
si alzò, uscì per la caccia,
ma presto, esausto, tornò.
Non si sentiva bene, disse:
andò nella sua camera, a letto.
Il siniscalco è ignaro:
non sa quale male serpeggia
e trema e freme nel re.
Sua moglie è la causa di tutto.
Per divertirsi e consolarsi
Chiacchiera con lei nella sua camera.
Apre il suo cuore e l’anima,
le racconta che per lei è vicino a morire.
Essa soltanto può concedere conforto,
altrimenti è vicino a morire.
“Mio Signore” dice la donna,
“ho bisogno di pensare su quanto dite.
Questa prima volta, Voi capite,
non ho pensato e pianificato.
Voi siete il più nobile dei Re;
non sono ricca, me misera,
non dovete pensare di me in tal modo,
come un amante o una compagna di giochi d’amori.
Se Voi fate ciò volete con me,
sono certa che al più presto
mi lascerete qui,
ed io sarò peggiore per costumi.
Se accade che io vi ami,
e che io Vi dia ciò che chiedete,
ancora non sarà un eguale spartizione;
quali amanti, non saremo uguali.
Da quando siete un Re di regale potenza
E mio marito Vi deve rispetto
Potete pensare, mi aspetto,
di riscuotere amore come diritto di tributo.
Amore senza valore e senza corrispondenza.
Migliore la lealtà di un uomo povero
Se il senno ed il valore sono in tal uomo;
e questo amore dà più grande gioia
che quello di un principe o di un re,
se nel cuore di questi non c’è lealtà.
Se uno ama più intensamente
Delle ricchezze a cui aspira,
allora ha paura di ogni cosa.
L’uomo ricco teme, da parte sua,
che qualcuno possa rubare il cuore della sua donna,
e chi la vuole e proprio il suo re.”
La risposta di Equitan non si fece attendere
“Donna, non dite questo, vi prego!
Questi non sono uomini o donne cortesi,
no, è un contratto da borghesi,
se per abbondanza o rispetto feudale
essi si adoperano tanto duramente verso un basso obiettivo.
Non c’è donna sotto il cielo, saggia e gentile,
cortese, e nobile di cuore, che ami a prezzo
di non cambiare amante-
così povera, che il suo mantello è tutto il suo patrimonio,
ma un ricco principe in un castello reale
non dovrebbe soffrire per lei, ed attendere,
ed amarla, ed essere leale.
Amanti incostanti, che pensano di essere astuti,
sono sempre pronti a qualche sotterfugio,
ed ingannano sé stessi- perdendo la faccia.
Lo vediamo in molte vicende.
Se perdono, non c’è da sorprendersi.
Cara Signora, tutto mi do a Voi!
Non pensate a me come al Vostro Re:
chiamatemi Vostro amico e servitore!
Vi giuro, lo dico con sicurezza,
che farò tutto ciò che direte.
Non lasciate che muoia oggi per Voi!
Voi siete la Signora, io il servitore qui;
ascoltate la preghiera d’un medicante!”
Il Re parlò ancora e ancora, e la pregò
Tanto di avere misericordia che la convinse
Della verità del suo amore,
così ella gli concesse il suo corpo, troppo.
Si impegnarono, scambiandosi gli anelli,
per eterna fedeltà- ognuno sovrano dell’altro.
Furono fedeli, come amanti e amici;
morirono per questo, andarono incontro alla loro fine.

Per lungo tempo il loro amore durò,
e mai nessuno ne udì una parola.
Quando veniva il tempo per loro di incontrarsi,
di parlare, il re discretamente mandava il messaggio
che doveva privatamente riflettere.
Poi le porte della camera da letto venivano chiuse.
Non si sarebbe trovato un uomo tanto audace,
a meno che non fosse incaricato dal Re,
che per qualcosa sarebbe entrato.
Il siniscalco agiva quale magistrato,
giudicava casi, ascoltava dibattiti.
Il Re amava tanto questa donna
Che nessun altra desiderava.
Una sposa, un matrimonio, egli non lo desiderava;
mai si lasciava scappare una parola di ciò.
Il popolo pensava che ciò fosse male;
anche la moglie del siniscalco
lo udì, spesso; lo prese in considerazione
ed ebbe timore di perdere il suo amante.
Quando parlava da sola con lui
(Era contenta di farlo felice,
abbracciarlo, carezzare il suo collo,
baciarlo, e fare giochi d’amore con lui)
gemeva e versava lacrime.
Il Re si meravigliava – cosa accade,
diceva, perché piangi?
La donna diventava triste e rispondeva
“Mio Signore, è per il vostro amore.
L’amore si muta in dolore.
Prenderete moglie, figlia di un Re,
e mi lascerete per sempre.
Ho udito discorsi, so che sono veri.
Ahimè! Che cosa farò?
Per voi vorrei semplicemente morire—
Non ho altro conforto, io!
Il Re parlava con amore “ Mia cara,
amorevole fanciulla, non temete!
In verità, non voglio prendere una sposa,
o lasciarvi per una strada sconosciuta.
Ascoltate la verità, credete a ciò che dico:
se non ci fosse vostro marito sulla strada,
mia moglie, la Regina, sareste Voi-
nessuno mi fermerebbe!”
La donna lo ringraziò per queste parole;
era veramente tutta colma di gratitudine,
egli l’avrebbe amata o sposata,
e pensò, con la più grande rapidità,
che suo marito potesse morire.
Questo poteva facilmente compiuto
Con il suo aiuto – e non desidererà egli
Aiutarla? Egli ripose sì, lo farà;
non c’era niente che ella potesse dire
che egli non avrebbe fatto, se avesse potuto-
Follia o saggezza, male o bene!
“Signore” ella cominciò “sembrerà bene
che voi andiate a caccia nella foresta
dove io vivo, in quella landa.
Nel castello di mio marito
Ci sarò; siate prudente; dite
Che siete uso avere un bagno il terzo giorno.
Mio signore, avrete sangue, troppo,
e prolungherete il bagno;
non tenetelo fuori, ditegli
che deve tenervi compagnia.
Ed io vi scalderò l’acqua
Ed ordinate altri due tini.
Questo bagno sarà caldo, bollente.
Sotto il cielo non c’è uomo
Che potrebbe sopravvivere alla morte bollente
Prima di sedersi in questo bagno.
Quando sarà morto, completamente bollito,
chiamate i vostri uomini; provate loro,
mostrate loro come egli morì all’improvviso
nel bagno proprio allora”.
Il re fu d’accordo su tutto.
Egli l’avrebbe fatto.

Lasciate trascorrere tre mesi, e conducete
Nella landa il re a caccia,
egli è deciso, si sente cattivo,
e con lui è il suo siniscalco
e il re gli dice che vuole un bagno, il terzo giorno;
“Avrete il Vostro bagno” dice “insieme a me”.
Il siniscalco risponde “D’accordo”.
La signora ha scaldato l’acqua,
ed ha portato due catini da sola.
Nel letto non avevano cambiato le loro trame.
Essa ha preparato i due catini d’acqua.
L’acqua bollente la versò interamente
Nel catino per il siniscalco.
Il buon uomo si agita;
per compiacere sé stesso, si agita.
La signora va a parlare al Re;
egli la attrae nell’intimità;
giacciono nel letto del marito,
divertendosi con tutti i giochi d’amore,
in quel luogo giacciono insieme,
proprio vicino al catino d’acqua.
La porta era sorvegliata e vigilata-
C’era una fanciulla a guardia.
Il siniscalco tornò in fretta;
bussò; la fanciulla serrò subito la porta;
poi egli colpì con tale furia
che i suoi colpi la costrinsero infine ad aprire.
Egli trova là in quel luogo il Re
Accoppiato con sua moglie in uno stretto abbraccio.
Il Re alzò lo sguardo; vide lo stato di quello.
Per coprire il suo vile, basso, codardo peccato
Saltò nel catino d’acqua
Ed egli era a ventre nudo, spogliato;
scottato là egli morì.
Sicuro e sano stava colui che doveva essere la vittima.
La sua malvagia trama si ritorse contro di lui.
Il siniscalco guardò tutto
Ciò che era accaduto, il catino, l’acqua bollente, il re.
Prese la moglie e le ficcò la testa nel catino.
Così essi incontrarono la morte, questi due:
chi vuole ascoltare la ragione
può trovare qui una morale per ogni stagione:
colui che cerca il male per il suo vicino
sarà la vittima della sua stessa trama.

Questo accadde proprio come io ho detto.
I Bretoni fecero una strofa per dire
Come Equitan finì la sua nobile vita
E come tanto quella l’amò, quella moglie.


Commento di Mario Amato

Il prologo di Marie de France è una difesa della funzione poesia: essa ha virtù consolatorie e morali. Nel discorso d’apertura della poetessa si legge anche la preoccupazione per la salvaguardia dei significati simbolici della scrittura e per questo si richiama alle Metamorfosi di Ovidio, segno questo di grande cultura e di consapevolezza dell’importanza del mito.
Marie de France tuttavia non si richiama, come il suo più famoso contemporaneo Crethien de Troyes, alle auctoritates solite nei testi medioevali, bensì alle tradizioni orali bretoni.
Vi sono però punti d’accordo con le idee di Crethien de Troyes. Nel primo di questi lais è evidente la critica al potere centrale. L’amore che il Re Equitan prova per la moglie del suo siniscalco non è semplicemente una passione d’amore, ma è un arbitrio contro la piccola nobiltà, arbitrii che non dovevano essere rari in quel tempo.
Nella cultura di Marie de France il Re è qui il malvagio. Il potere centrale cercava di limitare il più possibile quello della piccola nobiltà.
La stessa collocazione del castello del siniscalco è segno della sua autonomia: il maniero si trova in una foresta, isolato e lontano. Vi sono elementi che avvalorano la tesi di un potere assai ridotto di questo siniscalco: non appare servitù, anzi è la moglie del siniscalco che scalda l’acqua, che sarà l’arma scelta dai due amanti per la loro orribile trama.
Sappiamo quanto la scrittura medioevale amasse i simboli: l’acqua è segno di rigenerazione, di una nuova vita. La morte del Re e della moglie del siniscalco può significare la nascita di una nuova società fondata su valori diversi da quelli di un’antica cavalleria, dedita soltanto alla caccia, ad atti violenti ed a peccaminosi piaceri d’amori. La figura della moglie del siniscalco fa ancora parte dell’antico mondo: essa non fa nulla per difendersi dalle più che esplicite richieste del Re ed è lei stessa ad ideare l’assassinio del marito. Non c’è alcun pudore in lei, che anche dopo la presunta morte del marito giace ancora con il suo amante. Si noti che la poetessa insiste sull’espressione “giochi d’amore” quasi a sottolineare la crudeltà dei due amanti.
La morte orribile della moglie del siniscalco appare più come la sentenza di un tribunale (non va dimenticato che il siniscalco è un giudice) che come un assassinio.


1) Un famoso grammatico bizantino
2) Marie allude alle Metamorfosi di Ovidio, che nel Medioevo era uso tradurre in vernacolo come esercitazione.
3) I “lais” uditi da Marie appartengono alla tradizione orale
4) Probabilmente Enrico II il Plantegeneta (1133-1189)