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Andrea Carbonari
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IL VELOCIPEDE DI NATALE
 
Quello fu l'ultimo Natale trascorso insieme. Io non potevo certo immaginarlo, mentre lui, mio padre, lo sentiva, lo percepiva.
Gli affari andavano di male in peggio; non riusciva a gestire il negozio e il fallimento era alle porte, poi la guerra, le deportazioni, la paura.
Il suo cuore aveva già ceduto una volta e sicuramente se si era ripreso, era perché voleva mantenere quella promessa:
«A Natale ti regalerò un bel velocipede, vedrai» mi aveva detto quando ancora il cuore malato lo costringeva ad una inoperosità che per noi significava immani ristrettezze - «E sarà un velocipede con le ali. Così, almeno tu, potrai volare via da questa terra e da questo tempo. »
La bicicletta, che mio padre chiamava fieramente velocipede, era il mio sogno. Sebbene bambino, capivo perfettamente che sarebbe rimasto un sogno, perché giorno dopo giorno assistevo alla rovina economica a cui si andava incontro.
Proprio prima di Natale giunsero dei signori tutti vestiti di nero a pignorarci anche i mobili di casa.
Ma il giorno di Natale il sogno si avverò:
«Allora è vero! » urlai vedendo la bicicletta nuova e fiammeggiante di un rosso vivo, accanto al tavolo da cui pendeva il cartellino affisso dagli uomini della legge.
«Dài su, provalo il velocipede! » fece mio padre con chissà quale dolore nei percorsi della mente e tra i rivoli del cuore, ma pieno di gioia in quegli occhi ridenti.
Immediatamente balzai in groppa al cavallo di ferro e mi precipitai giù al corso. Perugia risplendeva di un azzurro così luminoso e folgorante da ferirne gli occhi, mentre il manto bianco di neve rifletteva l'incanto di quel giorno.
Non c'era gelo che potesse fermarmi e pedalai trafelato sorpassando schiere di stivali neri che marciavano ed altra gente che scappava. Pedalavo al vento di quell'aria bianca e celeste verso la terrazza che, alla fine del corso, s'invola sull'infinito.
Quello fu il suo ultimo Natale, la bicicletta il suo ultimo regalo. Poi le ali di un velocipede nero lo accompagnarono fuori dalla storia, dal tempo e dalle sofferenze, in un infinito oltre l'infinito alla fine del corso.