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Alfonso Cardamone
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IL FANTASTICO
Questioni Metodologiche
 
Quando, il 30 ottobre 1938, a New York, Orson Welles mandò in onda il suo eccezionale adattamento radiofonico della War of the Worlds di Herbert George Wells, empiricamente attestò essere la paura elemento basilare del fantastico.
Non l’unico, ma certo, assieme all’incredibile veicolato dal messaggio, tra quelli imprescindibili a definirne la sfera di connotazione.
La gente che fuggiva terrorizzata alla radiocronaca dello sbarco degli alieni, testimoniava il panico, l’angoscia, il brivido inquietante, che coglie al momento in cui l’ordine delle cose a cui si è abituati viene perturbato dall’improvvisa e sconvolgente apparizione dell’incredibile.
Si potrebbe dire che l’esempio del geniale esperimento di Welles valga come esemplificazione delle teoria del fantastico elaborata da Todorov, basata, appunto, sul principio del perturbante.

Non a caso, Maurice Beutler, curatore della voce Fantastico dell’Enciclopedia Einaudi, con riferimento all’esperimento di Welles, così riassume:
"si assumerà il momento dell’esitazione a credere nella presenza effettiva sulla Terra dei mostri verdi, come quello in cui passa il brivido del fantastico. Fantastico sarebbe, in questo caso, l’incredibile sfumato di paura prima che esso si affermi (falsamente) come realtà terrificante (o al contrario si riveli puramente immaginario)".
Todorov Tzvetan, in La Letteratura fantastica (1970, trad. 1977), parla del concetto di hésitation, sostenendo che elemento fondante del fantastico sarebbe l’esitazione tra due diverse spiegazioni, quando nello svolgimento dell’intreccio di una storia occorra un elemento perturbante: "In un mondo che è sicuramente il nostro, quello che conosciamo, senza diavoli né silfidi, né vampiri, si verifica un avvenimento che, appunto, non si può spiegare con le leggi del mondo che ci è familiare. Colui che percepisce l’avvenimento deve optare per una delle due soluzioni possibili: o si tratta di un’illusione dei sensi, di un prodotto dell’immaginazione, e in tal caso le leggi del mondo rimangono quelle che sono, oppure l’avvenimento è realmente accaduto, è parte integrante della realtà, ma allora questa realtà è governata da leggi a noi ignote... Il fantastico occupa il lasso di tempo di questa incertezza… Il fantastico è l’esitazione provata da un essere che conosce soltanto le leggi naturali, di fronte a un avvenimento apparentemente soprannaturale".
Sulla base di tale definizione, lo studioso costruisce una tassonomia dei generi, segnando una distinzione tra "fantastico" da un lato, "strano" (se si opta per una spiegazione razionale degli eventi), e "meraviglioso" (se si accetta una visione sovrannaturale del mondo) dall’altro.

Ma al concetto todoroviano di "esitazione" noi preferiamo quello di "sospensione" proposto da Paola Di Natale nel suo saggio “La valenza conoscitiva del fantastico” (1995), che vale a rimarcare “la valenza positiva e costruttiva dello sconvolgimento provocato dal fantastico all’interno dell’architettura razionale consuetudinaria”.
Notevole si dimostra, come vedremo, la portata epistemologica (e cioè metodologica) di tale sostituzione.
Per il momento, atteniamoci, metodologicamente, alle conseguenze logiche derivanti dall’accettazione del principio di perturbazione come fondamento del fantastico.

Una prima conseguenza –come sottolinea Beutler- è che per situare il fantastico è “necessario risalire alle conoscenze e alle credenze, proprie di ogni epoca, relative a ciò che può o non può avvenire”.
Questo assioma che cosa comporta? Comporta, per esempio, che, se ci attenessimo rigidamente ad esso, dovremmo ritenere che quando naturalisti antichi e medievali descrivevano mirabilia e miracula, non li concepivano come fantastici, perché mirabilia e miracula non potevano turbare la coscienza di un mondo in cui sovranatura e natura erano indistinte.
In egual modo, ci porterebbe a pensare che “per chi crede ai fantasmi, il fantasma non è fantastico”, e che la “letteratura di edificazione”, da parte sua, a rigore, non è neanche essa il fantastico.
E questo perché il “meraviglioso, che è adesione alla sovranatura, anche se è terrificante, non è a priori il fantastico, che si presenta invece come la messa in discussione di una credenza”(Beutler).

Ma di fronte a tanta apoditticità, ci sia consentita una prima osservazione:
A noi pare che, se il fantastico è fondamentalmente definito dall’irruzione del fattore di perturbazione, esso dovrà essere ammissibile, in linea generale, come momento critico, sia quando irromperà in un sistema razionale d’interpretazione e di spiegazione del mondo, sia quando lo farà in un sistema di spiegazione meraviglioso, cioè irrazionale, in cui tutto è possibile, qualora comunque un elemento sopraggiunga a modificare il sistema delle attese preesistente.
Alcune considerazioni, infatti, si impongono, consigliandoci cautela nell’accettazione rigida dell’assioma:
1) Se un dubbio sussiste, per esempio nella letteratura popolare di taglio meraviglioso, nonostante la comune credenza nei mirabilia e nei miracula, riguardo a prodigi particolarmente spaventosi che si manifestino nel corso della narrazione; o se la fede, nella letteratura di edificazione, “è contaminata dalla malafede, se l’incredulità si mescola alla credulità” (Beutler), allora mirabilia e miracula non potranno non essere percepiti che come fantastici anche in siffatte realtà narrative.
2) E ancora, ci sono critici (come la Di Natale) che a ragione, a noi pare, rompono questo genere rigido di appartenenze, sostenendo che gli esseri mostruosi, “di cui sono popolati il mito” da una parte e “la letteratura fantastica” moderna da un’altra, “-sia pure con differenze notevolissime di significazione e spessore tra i due ambiti- traducono sempre in maniera paradigmatica la tensione dialettica … tra ciò che è considerato normale e ciò che viene percepito come alieno; ipostatizzano, nella forma dell’ibridazione, il conflitto tra l’umano e l’extra-umano”. In altre parole, anche in quei momenti della storia dell’umanità, in cui il sovrannaturale non era distinto dal naturale, comunque una differenza tra l’umano e l’extra-umano veniva avvertita come perturbante e di questa perturbazione i mostri erano il segnale più evidente.

Con i suoi mostri, la letteratura fantastica del moderno si collega alla cultura antica” –scrive la Di Natale-, in cui il teras(il prodigio, il mostruoso) ”è il segno dell’enigma e del prodigioso per eccellenza, che il sapiente è chiamato ad interpretare e a decifrare
Si pensi, tra gli altri, suggerisce la studiosa, all’ Odradek del famoso racconto di Kafka, Il cruccio del padre di famiglia, in cui la struttura dei procedimenti simultanei di costruzione e de-costruzione della rappresentazione, di indicazione e precisione definitoria di particolari uniti all’indeterminatezza del complesso, apre la porta all’irruzione del visionario, “nel duplice senso, richiamato da Todorov, per cui la visionarietà è intesa sia come grado superiore del vedere sia come falsa visione e negazione del vedere stesso”. O, ancora, al Colombre dell’omonimo racconto di Dino Buzzati, l’indicibile mostro da cui il protagonista, Stefano Roi, sarà perseguitato per tutta la vita, un “essere in cui si fondono tratti ‘riconoscibili’ con caratteristiche fantastiche: «è uno squalo tremendo e misterioso, più astuto dell’uomo», con «muso da bisonte», «bocca che continuamente si apre e si chiude», «denti terribili»”, ma che «nessuno riesce a scorgere se non la vittima stessa e le persone del suo stesso sangue»: ancora una volta un procedimento di costruzione e de-costruzione che usa e fonde elementi riconoscibili ed elementi che ne sfumano la connotazione realistica. È un pesce «sinistro», che non ha “consistenza alcuna al di fuori della «visionarietà» concessa alle vittime predestinate”, le quali, comunque, non appaiono “in grado di decifrare i segni ed i messaggi che provengono dall’oltre-reale”. Chiarisce la Di Natale: “Le attese consapevoli del protagonista, e con lui del lettore, risultano spiazzate: sulla linea del meraviglioso le polarità si invertono, i significati slittano a seconda dell’angolo visuale, i segni apparentemente univoci consentono un’interpretazione ambivalente; nell’opaca densità del reale si aprono degli squarci che offrono una via d’uscita dalla limitatezza di ogni rappresentazione e di ogni giudizio. Qui veramente … sta la valenza conoscitiva di un testo come questo: nel suggerire inquietanti possibilità di transcodificazione dei dati esperienziali secondo prospettive che si aprono l’una dentro l’altra e non l’una in successione all’altra; nel configurare la necessità di ricostruire una leggibilità del mondo secondo un diagramma non lineare; nel chiudere sia pur provvisoriamente il circuito tra pensiero semantico, che distingue logicamente, e pensiero simbolico, che congiunge ed unifica, tra razionalità ed analogia; nel ricomporre la polarità di quello che Edgar Morin ha definito «doppio pensiero» (Morin, 1986)”. E in ciò sta, appunto, secondo noi, la maggiore produttività del concetto di sospensione rispetto a quello di esitazione, venendo esso a costituirsi come la dimensione del fantastico che interviene a stabilire “una relazione di tipo epistemologico tra due modalità diverse della conoscenza”, un arco “che congiunge il reale, o meglio l’effettuale, con l’incredibile”. Così il fantastico si fa movimento vivo che (cito letteralmente dalla Di Natale) “dinamicizza la ragione e fa approdare ad una dimensione dalla quale è possibile «vedere con nuovi occhi» (Musil, 1976)). In altri termini, la ragione viene strappata a se stessa e trascinata lontano, deraglia dai binari consueti, vede rompersi le simmetrie; ma dal «disordine» logico –la sospensione- si genera un nuovo equilibrio a livello superiore: dopo aver danzato sull’abisso, la ragione ritorna a se stessa e ri-fonda il reale nella direzione della complessità”.

Tornando, infine, alla relazione di filiazione del mostruoso fantastico moderno dal teras della cultura antica, diremo insieme con la Di Natale, che è indiscutibilmente vero che non si dà teratologia (e cioè scienza e conoscenza del mostruoso), nella cultura antica, che non abbia per qualche verso “rapporto con la conoscenza delle cose oscure, che non sia anzitutto scienza dell’ermeneutica” (e cioè della retta interpretazione di pensieri e credenze anche misteriose). Sempre il mostruoso è portatore di una significazione che allude metaforicamente sia a una conoscenza “altra” del reale, il quale così si appalesa per quello che incredibilmente è, e cioè esso stesso vero labirinto inestricabile, in cui l’inverosimile si nasconde nelle pieghe dell’insospettabile quotidiano -rassicurante e perciò fallace-, e sia a una conoscenza altra di noi stessi, altrimenti inconoscibili a noi stessi. E, in questo senso, il mostruoso non può non essere considerato già interno alle categorie del fantastico, in quanto segnalatore dell’infrazione di un ordine, produttore dell’apertura di uno iato nell’ordine del sapere. Ed anche se è vero che, per noi uomini del moderno e del postmoderno, il fantastico è qualcosa di molto affine con la suspense, come “sfida all’ordine accettato delle cose” (Beutler), sarebbe probabilmente sbagliato, in quanto effetto di un riduttivismo miopemente classificatorio, escludere, per eccesso di rigore, dalla dimensione del fantastico ogni discorso attinente a mitologie e misteri, che formalmente sono di diritto ascrivibili all’universo del meraviglioso.
In verità, il primo codificarsi della letteratura, come sistema di segni che segnali il cortocircuito tra umano e oltreumano, terreno e oltreterreno, in una parola, lo shock del confronto mortale-immortale, si fonda su quella che ho altrove definito la “tavola dei segni di Kessi il Cacciatore” (in A. Cardamone-A. di Sora, Nuovi labirinti di letteratura e di teatro, 1994). Di questo antichissimo mito ittita ci si dovrà occupare anche per evidenziare gli elementi di suspense e di fantastico teratologico in esso già presenti, archetipi imprescindibili per ogni avventura letteraria in cui si faccia esperienza delle modalità attinenti al fantastico-meraviglioso.

dello stesso autore vedi anche su "Tracciati"
Un convivio di sogni

su "The Open Encyclopedia Project"
Fantastico teratologico
La Science Fiction tra letteratura e cinema