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Mario Amato
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IL SILENZIO DELLE SIRENE
 
Il personaggio più interpretato della letteratura è senza alcun dubbio Ulisse. Neanche Kafka ha resistito al desiderio di dare una sua figurazione all’eroe greco, ma naturalmente lo ha fatto in modo del tutto rivoluzionario. Nel racconto “Il silenzio delle sirene”[1] il narratore racconta che l’espediente di tapparsi le orecchie con la cera non è una grande astuzia e che in fondo tutti i viaggiatori avrebbero potuto farlo. Inoltre neanche questa accortezza avrebbe salvato Ulisse, perché il canto è talmente seducente che egli, come ogni altro viaggiatore, avrebbe spezzato catene e alberi maestri.
Nel racconto di Kafka le sirene usano un’arma molto più potente, il silenzio. “Ulisse – dice Kafka – non udì il loro silenzio, credette che cantassero e immaginò che lui solo fosse preservato dall’udirle”[2]. L’eroe greco vede gli occhi delle sirene piene di lacrime. Quando finalmente è vicino ai mitici esseri, Ulisse non sa più niente di loro.
Come in ogni scritto, Kafka chiama il lettore a risolvere un enigma.
Cos’è questo silenzio delle sirene? È forse il silenzio del mondo? È forse il silenzio di Dio?
Nel racconto di Kafka tutto è silenzio.
Nell’Odissea le sirene incantano Ulisse cantando che in quel luogo è il suo destino, che il termine del suo viaggio è sulla loro isola, in loro compagnia. Come poteva avrebbe potuto resistere Ulisse? Sapere qual è il proprio destino significa conoscere il senso della propria vita, anzi della vita in genere, significa sapere perché si nasce, si vive, si muore. Significa scoprire tutti i misteri del mondo.
Ma qui le sirene tacciono ed Ulisse crede che esse cantino.
È forse lo smarrimento dell’uomo di fronte a un mondo che non riesce più a spiegare, in un mondo in cui si sente estraneo?
Chi è Ulisse? Kafka non dimentica che Ulisse è il è anche il grande mentitore: “La tradizione però aggiunge un’appendice. Ulisse, dicono, era così ricco di astuzie, era una tale volpe che nemmeno il Fato poteva penetrare nel suo cuore. Può darsi –benché ciò non riesca comprensibile alla mente umana – che realmente si sia accorto che le sirene tacevano e in certo qual modo abbia soltanto opposto a loro e agli dei la sopra descritta finzione” [3]. Se non comprendiamo il mondo, se ci sentiamo estranei sulla terra, se non troviamo risposte alle domande inevitabili che la vita ci pone, non ci resta altro che fingere di aver compreso il senso del misterioso Tutto che ci circonda. Non ci resta altro che scrivere storie, fingendo che esse siano la soluzione ai nostri dubbi. Ulisse è un grande mentitore, ma anche un grande fabulatore, perché la letteratura è la grande menzogna, è l’illusione e la conferma che viviamo. La letteratura è anche il grande silenzio, è il silenzio dello scrittore che traccia segni sulla pagina bianca ed è il silenzio del lettore che interroga quei segni. E Kafka, che scriveva solo di notte, ascoltava il silenzio, non il silenzio di Praga, ma il silenzio del mondo.
Egli immette ancora una novità nella leggenda di Ulisse: non è l’eroe greco ad essere incantato dalle sirene, ma sono esse che subiscono il fascino di Odisseo (Non avevano più voglia di sedurre, volevano soltanto ghermire il più a lungo possibile lo splendore riflesso dagli occhi di Ulisse[4]).
Non esiste luogo più seducente del mare, né più silenzioso, e se ne siamo lontani possiamo aprire un libro e ascoltare il suo silenzio, profondo come i racconti di Kafka.

[1] Franz Kafka, Racconti, Mondadori, Milano 1990, pagg. 428-429
[2] Ivi
[3] Ivi, pag. 429
[4] Ivi, pag. 429