fant)a(smatico - anno XXVIII - n.120 
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Anna Di Meglio
 
IL LUPO DELLA STEPPA
E
IL GIOCO DELLE PERLE DI VETRO
variazioni sul genere romanzesco
 
La natura dei rapporti che intercorrono tra i diversi generi letterari e le singole opere è sempre complessa. Anche quando un'opera "disobbedisce" al genere letterario, cui per sua natura dovrebbe appartenere, quest'ultimo diventa inevitabilmente il punto di riferimento a partire dal quale è possibile recepire l'opera come innovativa. E' il confronto (voluto o non voluto, cosciente o non cosciente) con il genere, noto e codificato, che permette di definire, per sottrazione, il nuovo linguaggio.
Il genere letterario diventa in tal modo matrice di nuovi sistemi e registri narrativi. Per Ferdinand Brunetière, che mette a fondamento dei suoi studi sui generi letterari la teoria darwiniana dell'evoluzione, … la differenziazione dei generi si attua nella storia come quella della specie nella natura, progressivamente, per transizione dall'uno al molteplice, dal semplice al complesso, dall'omogeneo all'eterogeneo, grazie al principio detto della divergenza dei caratteri…(1).
La capacità di disobbedire al genere letterario è spesso per lo scrittore un punto di arrivo, il segno di una maturità artistica che emerge per la sua originalità e modernità. Tutto il Novecento cresce artisticamente sotto il segno dello sconvolgimento dei generi artistici classici, i quali si consumano, si disgregano, esplodono fino alla apparente scomparsa, tanto che oggi molti critici, come Maurice Blanchot, ne hanno decretato la fine: Il libro solo importa, così com'è, fuori dai generi, dalle rubriche, prosa, poesia, romanzo, testimonianza, in cui rifiuta d'incasellarsi, negandogli il potere di fissare quale sia il suo posto e di determinare la sua forma. (2)
In realtà, più che di disintegrazione o scomparsa dei generi, sarebbe più corretto parlare di trasformazione o di evoluzione, come voleva Brunetière, dei generi vecchi in generi nuovi, sulla scia di mutamenti storici e sociali. Ogni genere letterario è una codificazione o istituzionalizzazione, che fa riferimento alla ideologia della società in cui esso nasce (3). Lo scrittore, come il lettore (ma quest'ultimo il più delle volte in modo inconsapevole), deve fare i conti con quei codici letterari che la tradizione, l'uso, la consuetudine automaticamente stabiliscono, anche quando, come nel caso delle Avanguardie, ci si vuole porre in contrasto con essi.
E' estremamente stimolante osservare come lo scrittore si muova all'interno di tali codici letterari, come ne sia influenzato e come li manipoli, per creare la propria personale ed unica espressione artistica, mettendo in moto un meccanismo di spinte e controspinte in un gioco di scambi che è sempre unico ed originale.
Il confronto tra due romanzi di Hermann Hesse offre l'occasione per mettere in luce non solo lo stretto rapporto che intercorre tra strutture narrative e storia, ma anche quanto le variazioni all'interno di uno stesso genere letterario siano strumento espressivo di primaria importanza per lo scrittore.
Tra la stesura del Lupo della steppa, opera apparsa nel 1927, e del Gioco delle perle di vetro, del 1943, intercorrono anni densi di avvenimenti storici. Sullo sfondo della profonda crisi economica, che dal '29 attanagliava l'Europa, e della temibile avanzata del nazionalsocialismo, Hesse viveva il suo secondo, doloroso divorzio nella solitudine del volontario esilio svizzero che si era imposto dal '23 come protesta contro le manovre antidemocratiche del governo tedesco, mentre la galoppante inflazione rendeva difficile la quotidiana sopravvivenza.
Il lupo della steppa, che racconta la crisi di un uomo sulla soglia dei cinquant'anni, diventa metafora della crisi dell'intellettuale che, nell'era dello sviluppo del capitalismo e dell'avvento della società di massa, si sente non solo spossessato del suo ruolo di guida spirituale della società, ma persino della sua dignità di uomo, schiacciata dai meccanismi della produzione industriale (4). Nel romanzo l'autoanalisi, consueta nelle opere di Hesse, si apre, nel tentativo di presentare i problemi del singolo, come modello generalizzato di un'epoca in crisi.
Questa posizione, determinata senza dubbio dalla prima catastrofe bellica, che di colpo aveva distrutto il senso di sicurezza di cui, tutto sommato, godeva l'intellettuale nella società borghese, spinge Hesse a cercare una soluzione ad un problema che non è più solo personale, che non riguarda più solo il rapporto tra il singolo e il mondo, ma coinvolge tutto il genere umano, messo in pericolo dai catastrofici eventi storici di quegli anni. Benché la scrittura hessiana nel suo complesso non oltrepassi di molto le strutture narrative classiche, nel Lupo della steppa per la prima volta vengono adottati schemi narrativi innovativi. Il lupo della steppa sorprese i lettori di Hesse, abituati alla pacata atmosfera delle opere precedenti, rassicurati dalla serena beatitudine del Siddharta e dalla garbata narrazione di La cura. Attraverso la narrazione della dolorosa e triste vita di Harry Haller, Hesse urlava la sua protesta contro il mondo e contro gli uomini, dimostrando che il giovane Siddharta non aveva raggiunto la sua meta, ma solo una stazione intermedia.
La struttura narrativa del Lupo della steppa è apparentemente frammentaria, così come in molti romanzi dell'epoca. E' assente la suddivisione in capitoli, manca un narratore unico, il lettore è messo di fronte ad un continuo susseguirsi di eventi, che si dispiegano all'interno di racconti organizzati in cornici concentriche, da cui emergono tre piani narrativi diversi (l'introduzione scritta da un "curatore delle memorie di Haller", lo scritto autobiografico di Haller e il Teatro Magico), attraverso i quali si snoda il percorso interiore del protagonista del romanzo, l'uomo-lupo, simbolo della emarginazione cui sono condannati coloro che non riescono ad amalgamarsi con la società borghese in crescente evoluzione. Haller abbandona la società di cui fa parte, rifiutandone gli schemi, il lavoro, la famiglia, i ritmi di vita frenetici, ma nello stesso tempo è ossessionato dal desiderio di farne parte. Giunto sull'orlo del suicidio, riesce a risalire la china, a ritrovare se stesso e a riconquistare una nuova dimensione di vita, che gli permette di affrontare la delicata questione della sopravvivenza dell'outsider nella società moderna.
Nell'ultima parte del romanzo, che si svolge su un piano strettamente simbolico, il famoso Teatro Magico, viene descritto il processo di superamento della condizione di disadattamento del singolo, che consiste in una progressiva risocializzazione, il cui presupposto è il riconoscimento della negatività della condizione di emarginazione e dell'uso della tradizione umanistica come contrappeso positivo alla dilagante decadenza dei tempi
"… Il lupo della steppa (…) non è la storia di una rovina, ma di una crisi e della salvezza (…), il lupo della steppa non è un decadente, ma un uomo capace di vivere." (5)
La struttura del romanzo, apparentemente frammentario e caotico, rivela ad una più attenta analisi un non casuale intreccio di situazioni, creato per un preciso scopo, mettere in evidenza la crisi di un singolo individuo come riflesso della crisi di un'epoca. Struttura e contenuto assumono nel romanzo i loro tratti specifici in virtù dello specifico momento storico-sociale in cui entrambe vengono prodotte. Mutate le condizioni, sia storiche che psicologiche, mutano i contenuti e quindi la struttura narrativa.
Il problema della struttura del testo poetico è stato ampiamente trattato da J. Lotman (6), il quale afferma che nell'opera poetica tutto è sistematico, niente è causale, tutto ha uno scopo. L'arte è portatrice di informazione, essa si serve della lingua naturale come materiale per simulare il suo contenuto. Nella sua natura di organismo che unisce elemento reale ed elemento di finzione, prosegue Lotman, l'arte, e quindi il testo narrativo, diventa punto di intersezione di diversi sistemi di segni, il suo grado di entropia, cioè di informazione, è tanto maggiore quanti più sono i legami extratestuali che essa è in grado di elaborare. La polisemia del testo letterario risiede nella sua capacità di collaborare con l'ambiente esterno. Tutto ciò viene reso nella struttura, che viene quindi semantizzata. Ogni parte del testo ha, dunque, la sua funzione e non può essere compresa fuori dal testo.
Il riconoscimento dello stretto legame esistente tra l'opera letteraria e la realtà storico-sociale, diventa ancor più interessante nel caso di uno scrittore come Hermann Hesse, che per tutta la vita ha sottolineato la sua lontananza ed estraneità ai fenomeni politici e sociali, ritirandosi a vivere lontano dalla vita pubblica:
"E io rimango dell'opinione che lo stare in questa posizione di outsider e di senza partito sia il mio posto, quello dove posso mostrare un po' di umanità e di spirito cristiano … marxista non lo sono mai stato … ma sono altrettanto poco un sostenitore del capitalismo e un portavoce degli interessi della classe dominante: … la mia posizione è apolitica fino al fanatismo."(7)
Nel passaggio al Gioco delle perle di vetro, opera della maturità che idealmente, ma non cronologicamente, segue Il lupo della steppa (nel '33 Hesse pubblicò Narciso e Boccadoro), risulta evidente come lo scrittore, in diverse condizioni storiche, rielabori le strutture del genere romanzesco per scopi diversi.
L'apparente caos del Lupo della steppa, specchio di una condizione di crisi, diventa una stazione intermedia, un gradino nel cammino percorso dall'individuo per recuperare la sua dignità nel conformismo della società di massa, un ponte di passaggio verso i contenuti della grande opera della maturità, con cui Hesse tenta di ricondurre l'uomo occidentale fuori dal processo di imbarbarimento spirituale prodotto dall'era tecnologica.
Dopo aver negato, nel Lupo della steppa, la legittimità dei valori dell'umanesimo borghese, Hesse ritiene essenziale la fondazione di una nuova Humanitas, ma di segno diverso, attraverso un processo quasi alchemico tra la polarità della psiche umana, che porti fino alla pura interiorità del singolo, intesa come cifra della interiorità del mondo.
Questo processo non prevede più il ritorno alla mitica innocenza romantica, ma una discesa nella profondità del tempo storico, un proseguire nella colpa, così come fa Haller, fino al punto in cui non esistono più norme né opposizioni polari.
L'itinerario di Haller, moderno percorso di "Bildung", porta al riconoscimento delle molteplici forme dell'io, all'accettazione degli istinti primordiali e al superamento delle inibizioni dettate dalla società borghese. Si tratta in sostanza di recuperare tutti quegli aspetti della psiche umana che sono incompatibili con la società civile e, quindi, confinati nell'area della amoralità. Di fronte alla crisi dell'individuo, determinata dai tragici eventi storici del dopoguerra, l'arte, la cultura assumono, come osserva Ernesto De Martino nel suo incompiuto La fine del mondo (8), la funzione di "ethos ordinante", tentano cioè di salvare il mondo che precipita nel caos, ma solo dopo aver permesso all'uomo di toccare il fondo, di scendere agli inferi (9), ossia alla radice più profonda della crisi. Nel mondo contemporaneo l'uomo è ossessionato da un senso di "perdita del mondo". La tecnica, la scienza, la vita civile comunicano all'uomo un messaggio che annuncia l'imminente catastrofe (10).
Attraverso l'arte l'uomo può tentare un recupero dei valori perduti, può tentare una risalita verso la ricostruzione dell'ordine nuovo.
In tale prospettiva, che permette di interpretare l'arte contemporanea, pur proiettata verso visioni nichilistiche, secondo una angolatura diversa, persino ottimistica, si colloca l'umanesimo hessiano del Gioco delle perle di vetro, opera in cui le dissonanze e i toni tragici del Lupo della steppa si placano alla ricerca di una nuova armonia che è "discordia concors" delle contraddizioni, tensione verso la saggezza, volontà di servire la vita senza diritti o pretese.
Leggendo Il gioco delle perle di vetro subito dopo aver letto Il lupo della steppa, si ha l'impressione di entrare in un calmo lago dopo avere attraversato le rapide di un fiume. Il jazz, i bar affollati, le rumorose automobili, il graffiante suono del grammofono, simboli di un'era alla quale Haller non sapeva adeguarsi (11), spariscono come d'incanto nel mondo di Castalia, in cui regna un'atmosfera idilliaca. Qui, lontano dal caos del mondo industriale, l'individuo ritrova quella dimensione umana che gli era stata negata e può dedicarsi al processo di ricostruzione di una nuova Humanitas.
Non più atto di ribellione verso la società, la scrittura hessiana diventa qui tentativo di scoprire le radici del proliferare di una forza politica distruttiva - quella del nazismo - e nello stesso tempo ricerca di una alternativa che non poteva trovare spazio né nel passato (la regressione romantica è ormai impraticabile), né nell'orribile presente, ma si situa in un ipotetico futuro e prende la forma di un territorio, Castalia, in cui l'uomo può rigenerare le proprie forze per ritornare ad una nuova vita, un'isola culturale in cui all'uomo è consentito di ritrovare se stesso.
Attraverso la biografia di Joseph Knecht, l'uomo che dedica tutto se stesso ("Knecht" in tedesco significa "servo") al culto del gioco delle perle di vetro, ideale "summa" di tutto lo scibile umano, Hesse descrive, ancora una volta seguendo la struttura del "Bildungsroman", le tappe del progressivo riavvicinarsi dell'uomo ad un mondo armonico e naturale.
Prescindendo dal finale del romanzo, su cui la defezione di Knecht dal mondo di Castalia e la sua successiva morte gettano un'ombra di pessimismo, benché anche questo con risvolti positivi sulla effettiva possibilità di recuperare tale armonia, non va dimenticato come in quest'opera il contenuto sia legato alla forma non in modo casuale, ma del tutto mirato a fornire un preciso messaggio.
Lo stile narrativo del romanzo, che ricorda quello degli Anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister di Goethe, è prolisso, dominato dal gusto per l'arabesco, per le locuzioni cerimoniose, che richiamano una dignità patriarcale e sacra, ma non offrono molta informazione al lettore. Il tono asciutto di tutta l'opera è in parte dovuto alla pretesa scientificità del testo, che si propone al lettore come "saggio biografico". Tutto ciò colloca Il gioco delle perle di vetro lontano dal romanzo realistico di formazione, benché ne ricalchi il modello (12).
Tecnicamente la lentezza narrativa deriva anche dalla preferenza data alla descrizione di scene piuttosto che al riassunto, forma più spesso usata nei romanzi scritti in terza persona, e alla presenza di lunghi dialoghi. Manca qualsiasi ostacolo alla lettura e qualsiasi tensione narrativa. La biografia di Knecht scorre lenta, e lo scopo di Hesse non è certamente creare una trama d'intrigo che tenga il lettore con il fiato sospeso.
Il romanzo rispetta canoni narrativi tradizionali: narrazione in terza persona, uso del passato remoto, ampio spazio per l'analisi interiore del protagonista. Tuttavia la veste "classica" non corrisponde al contenuto ideologico di appropriazione della realtà, tipico della società borghese, di cui il romanzo è il prodotto, come genere letterario, negli anni dello sviluppo del capitalismo.
Il genere romanzesco produce la verosimiglianza letteraria, ossia la capacità di far passare il falso per vero, come specchio della convinzione, tipicamente borghese, che i propri valori abbiano validità universale. L'uso del passato remoto presuppone infatti un demiurgo ordinatore, lo scrittore, che comunica il senso di dominio della realtà, la quale è vista come chiara ed ordinabile, così come la terza persona è una convenzione che fornisce la sicurezza di un racconto credibile, anche se espresso come falso.
Nell'era dei monopoli industriali questi presupposti non sono più validi, perché è tramontata l'ideologia che li aveva prodotti. Nel XX secolo, dopo l'esperienza realista, che per molti è un'arte meccanica, di convenzione, gli scrittori tentano di recuperare la freschezza originaria del linguaggio, facendo saltare ogni convenzione letteraria. Secondo Roland Barthes (13) in tal modo si innesca un processo che porta al silenzio della scrittura. Questo rischio può essere evitato ricorrendo ad una scrittura "innocente", libera da ogni schiavitù, una scrittura "al grado zero", uno stile dell'assenza, in cui i caratteri sociali si annullano e viene meno la dipendenza dalla ideologia.
In realtà questa è l'utopia del linguaggio adamitico, poiché lo scrittore non può tracciare una parola senza assumere l'atteggiamento particolare di un linguaggio già in uso.
La scrittura regolare, apparentemente classica, usata da Hesse nel Gioco delle perle di vetro, romanzo con cui egli intendeva estraniarsi da una realtà divenuta soffocante, ma nello stesso tempo esprime una protesta, ha il valore di una "scrittura innocente", utopia del linguaggio e nello stesso tempo campanello d'allarme per una civiltà in degrado.
Le forme dell'espressione letteraria, che il tempo e l'uso codificano in quelle caselle chiamate "generi" e che potrebbero anche essere definiti "modelli" soggetti al flusso del tempo che li rende desueti, non sono una semplice veste che lo scrittore sfrutta per rendere comunicabile il suo messaggio, sono bensì esse stesse portatrici di significato.
Secondo R. Wellek e R. Warren (14) il testo letterario è punto centrale di un'ampia costellazione, che comprende non solo l'autore e la sua personalità, ma anche la sua collocazione in un ambito storico, filosofico e sociologico, oltre che biografico ed ambientale.
La letteratura non può essere considerata solo un prodotto della coscienza umana. Ciò significherebbe non tener conto dei rapporti esistenti tra letteratura e realtà, tra immaginario e base materiale (15), i quali sussistono anche se la letteratura conserva la sua indiscussa autonomia.
Lo stretto rapporto che intercorre tra opera letteraria e realtà storico-sociale è visibile e tangibile persino in uno scrittore come Hesse, che per tutta la vita ha sottolineato la sua estraneità ai fenomeni politici e sociali, ritirandosi a vivere lontano dalla vita pubblica. Ma le sue scelte artistiche lo inseriscono pienamente nell'epoca di appartenenza, all'interno di quel movimento di avanguardia che nel XX secolo, in seguito allo sconvolgimento dei rapporti tra arte ed ideologia dominante, metteva in crisi i codici artistici convenzionali e sgretolava i canoni narrativi tradizionali del romanzo, in un atto di sfida contro una tradizione sorpassata.
La scrittura complessa ed imprevedibile del Lupo della steppa, con cui Hesse aderisce più chiaramente a tale "rivoluzione" narrativa, si trasforma nel Gioco delle perle di vetro in una forma più pacata, sintomo del distacco totale e definitivo da una realtà storica divenuta insopportabile.

NOTE
(1) F. Brunetière, L'evoluzione dei generi nella storia della letteratura, Parma, 1980, p.52
(2) M. Blanchot, Le livre à venir, Paris, Gallimard, 1959, trad. it. Il libro a venire, Torino, Einaudi, 1969,