fant)a(smatico - anno XXVIII - n.120 
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Loredana Rea
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LA LUCE DELLA NOTTE
tra sogno e visione la pittura di Heinrich Füssli
 
"Vegliando noi abbiamo un mondo comune ma sognando ognuno ha il suo"
Eraclito

La notte mostra il suo volto umbratile e mutevole, talvolta terribile nell'incertezza della vaga luce della luna, che scorre via lieve sfiorando le forme o che indugia e si mescola vischiosa alla materia per diventarne il cuore.
L'oscurità confonde i sensi e la ragione per s-velare e ri-velare un mondo diverso, impenetrabile agli sguardi superficiali, perché più prossimo allo spirito e all'anima. Un mondo in cui la pienezza del vedere è posseduta solo da chi sa discernere che nell'oscurità ogni cosa, pur apparendo diversa, rimane sempre uguale a se stessa e, anzi, proprio nella diversità afferma la propria appartenenza e le ragioni della sua esistenza.
Nel buio della notte, materializzazione del muto dialogo tra visibile e invisibile, tra razionale e irrazionale, tra opacità e trasparenza, quando gli strumenti della quotidiana conoscenza hanno perso ogni valore, perché tutto tra illuminazione e occultamento sembra inesorabilmente diverso, si comprende che questo mondo, che appare sconosciuto, è il rispecchiamento di una dimensione interiore.
Si riscopre l'originaria unità tra l'individuo, la realtà fenomenica e la vastità del cosmo.
Nel sé si riconosce l'altro da sé, attraverso un processo di intuizione profonda e immediata, inteso come possibilità di andare oltre.
Oltre i limiti imposti.
Oltre la realtà di ambigue prospettive, di effimere apparenze, per conoscere le leggi primigenie sulle quali si ordina l'incomprensibile articolazione del quotidiano, per prendere consapevolezza del vissuto personale e collettivo, della realtà profonda della vita e delle cose.
Seguendo le labili tracce, che il buio della notte cela e un bagliore svela, si cercano le risposte alle tante domande senza risposta, per placare i dubbi e le incertezze e, soprattutto, per comprendere le ragioni più vere dell'esistenza.
Quando lentamente una coltre scura copre ogni cosa, tutto perde il suo quotidiano aspetto, trasmutandosi in altro.
Le ombre prendono corpo.
Le tenebre alla debole luce della luna si animano di forme sconosciute, dalla morfologia incerta, talvolta mostruosamente spaventosa eppure profondamente attraente. E dal buio profondo, che occulta in una dimensione onirica e animica la coscienza della totalità, emergono improvvise immagini arcane, enigmatiche materializzazioni di archetipi e memorie ancestrali. Sono tracce ctonie della stratificazione del tempo, di mitologie primordiali, di dimenticate ierofanie, immagini perdute nell'insondabile profondità del substrato inconscio collettivo, che attraverso il processo di rituale esorcizzazione rappresentato dall'arte affiorano tra le ombre notturne.
Immagini oscure e allo stesso tempo familiari, di una familiarità straniante, che da una parte suggerisce l'esistenza di profondi legami con quella realtà che la luce del giorno fa apparire nella sua pienezza e dall'altra la nega. La nega per mostrare la totalità di un luogo panico, luogo dello spirito e non della geografia, che si manifesta attraverso una ritualità complessa, primigenia, che è pratica di superamento e sconfinamento e possibilità di comprensione piena e immediata.
A queste immagini, generate dalle viscere oscure della notte arcana, intesa come grembo materno, nel cui buio si rivela ciò che la luce nasconde, Heinrich Füssli, a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, dà corpo, facendole diventare il nucleo centrale della sua pratica artistica, intesa come strumento di indagine e conoscenza.
La propensione per la notte, che adombra sempre un'enigmatica fraternità con la morte, è una delle tematiche fondamentali delle poetiche preromantiche legate alla temperie dello Sturm und Drang. Ma spesso, come in Füssli si trasforma in spinta verso l'esplorazione del mondo sconosciuto del sogno per riscoprire una ignorata familiarità con le forze oscure e minacciose che esorbitano dal dominio della coscienza e dal diretto potere della ragione.
Attraverso la pittura infatti Füssli si addentra nei territori inesplorati della sogno, in cui per vedere è necessario chiudere gli occhi, così che l'arte possa smettere di perseguire semplicemente l'ideale estetico di bellezza e perfezione e diventare, invece, un mezzo per esplorare la natura e l'uomo sin nei suoi più muti e oscuri recessi. Lo strumento privilegiato attraverso cui all'uomo è data la possibilità di ascoltare i moti profondi che si agitano in profondità, di materializzare in immagini le energie psichiche che affiorano frammentarie lasciando sulla superficie tracce criptiche.
Tutto questo significa dare valore a ciò che proviene non dall'esperienza della realtà oggettiva, bensì dall'oscura profondità della realtà interiore. Significa cioè dare voce alle ragioni sconosciute dell'anima per mezzo di una pittura in cui luci e ombre, bagliori e oscurità cristallizzano sulla tela o sulla carta le inquietudini che dilaniano l'uomo.
Ma la ragione conscia dei suoi poteri vacilla, mentre l'inconscio attraverso il sogno afferma la propria libertà, a dispetto di tutte le conquistate certezze.
Il buio si anima all'improvviso di sconosciute presenze, che aumentano il senso di solitudine e di spaesamento.
L'uomo è solo con se stesso e da solo deve fare i conti con ciò che nasconde dentro di sé.
La pittura di Füssli, costruita mescolando le ascendenze michelangiolesche alla maniera di Pontormo e Parmigianino, nella sua estrema visionarietà, nella sua caparbia ricerca della luce nella notte, nella sprezzante esplorazione delle regioni del sogno, rivela uno stretto legame con la poesia: con Goethe, Novalis, Herder.
La stragrande maggioranza delle sue opere nasce da un'ispirazione letteraria, come a ridare vita all'antica formula dell'ut pictura poësis. Ma Füssli pur partendo da un testo letterario abbandona ogni tentazione di verosimiglianza descrittiva per addentrarsi, seguendo la bellezza delle parole, nei campi sconfinati della fantasia.
Stimolato dal potere evocativo del testo vede, anche se poi chiude gli occhi per poter vedere oltre e trascendere la cristallina realtà della ragione.
La dimensione poetica e letteraria rappresenta una sorta di luogo metafisico, posto a metà tra realtà e fantasia, in cui si può compiere il processo della ri-velazione. Un luogo in cui è possibile intravedere al di là del buio della notte oscura i bagliori della luce e in cui l'artista trova continui stimoli per costruire le straordinarie e funamboliche architetture dei suoi sogni, materializzati nella pittura.
Sogni che acquistano in definitiva più consistenza della realtà al punto che Füssli rimane completamente imprigionato dal fascino di quelle inquietanti visioni, in cui la tensione erotica si mescola a sottili malinconie.
Il continuo ricorso alla poesia, al dramma, che pure danno alla sua ricerca una incommensurabile carica di tensione spirituale, finisce però con il conferire ai suoi dipinti l'aspetto di una messa in scena, sia pure sempre tenebrosa, colma di pathos, visionaria.
Come se Füssli, attratto dalla ritualità della finzione, si compiacesse di mettere in scena parossisticamente i fantasmi della ragione, le ombre proiettate dal sogno.
Ne L'incubo(1) il parossismo raggiunge l'acme.
Il corpo di donna enfaticamente disteso, come scolpito nel marmo seguendo la lezione di Michelangelo, evoca sogni torbidi.
La luce scivola ad esaltare i muscoli irrigiditi da una oscura tensione.
Dal buio profondo dello sfondo emergono immagini via via meno incerte e sempre più inquietanti: un nano deforme e una spettrale cavalla.
Chi sono i terrifici guardiani del sonno tormentato della giovane donna?
Chi se non l'incarnazione delle misteriose forze vitali che con la loro energia panica percorrono il buio, scuotendolo nel profondo, e animano il cuore della notte, in cui ancora indistinti convivono bene e male?

NOTE
1)Questo soggetto, argomento di molte interpretazione, è stato replicato da Füssli numerose volte, e anche con alcune varianti, a partire dal 1782. La prima versione, oggi al Institute of Art di Detroit è del 1781. La replica