fant)a(smatico - anno XXVIII - n.120 
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Gario Zappi
 
DE RE TRADITA (1998-1999)
 
I
pigolio di vento, certo il graffito, il petroglifo
dell'esistenza incupita, il retaggio (in via Centotrecento),
il serto di sfolgoranti agnizioni, lo sterro, la frangia
dei capelli nero-corvini, il bastone, la palude, il lungo
viaggio dell'uomo senza nome, irreparabile ,ora

II
ma tu, che volubile trami la tela del Fato, osserva
il certo lapillo del cielo, dilegua al nome-libro, all'albero-nome
il cristallo sereno, al nero corvo d'Apollo dona
il serto di venturi prodigi - clipeo, orma, foiba:
eclissi passata o imperativo futuro?

III
e le falde, le radici dalle fini screpolature del
cemento, il salnitro, il fluire della melma: e
Irinea: diàclasi di tema e rema, infranti

IV
sicché: poco ci resta, o mia Delia, del tempo
trascorso, nel calamaio sempre più vuoto, al
picco, all'irto picco che cola per una dedica
errata, per uno sguardo che, velato, la stratosfera
esilia, per te, messaggera dell'amarezza
del mare, per te, rediviva:

V
implosioni di significato che non intende - il
balbettio, il borbottio, l'infantile

VI
e, recidiva, qui, tra i profili dei monti
noverchi, in questo sogno di bianchi giganti
che lesinano il grano - perché? - bradisismi, grotte tenarie,
meati di labirinti - perché? - spiracoli di … spelonche
in cui le Esperidi occultavano i pomi d'oro,
tra le piramidi tronche, tra le tronche piramidi
di Guimar: tat tvam asi

VII
obnubila il tuo viso e sgraffia, sgraffia il
salino licore, il livore ed io, certo, il
compassato esecrato rimpianto, ed io
imperturbato al certame di luna franta, di Irinea
de-gustata. de-classata cassata, de-flagrata
de re tradita nella nostra vita e lo sguardo
re-tratto, ri-tratto, de re affranta, defranta,
rifranta nella nostra vita

VIII
ciò che saremo è un dileguarsi lento
di giorni, ciò che vedremo, ciò che
vedremo:
un cielo, un volubile segno in cui
vivere di trasposte simmetrie e
ritrovarsi nel
cielo della tua follia, nella mia mente come
voci di chiavistelli le tue, come voci
riflesse che scorgo di lungi, le lettere
trafugate

IX
quale incolpevole Orizia rapita dal temibile Borea
la barca (letto e conchiglia) deriva e tu, che certo reclami
declami la luce, il certo barbàglio, le stelle, così
inconcluso, così recluso, affranto, così de-franto, tu,
che volubile rischiari il mio limes, il senso della fine

X
nodoso verro il verno, il mio stesso tempo, libellule
dal fremito lieve i polpastrelli ratratti, rinverdisce,
come al ceraso scherno, raffermo

XI
o Enlil, o Enkidu che sfiori, divergi per occidue
citeree frane d'uccelli lira, per frange d'ocelli
e palpebre folte di densi presagi, o Enlil, o Lilith, o tu
che in bianchi chitoni di rose, uccelli che a volo radente
in cune di sogno fremono, unicorni grafie segrete, segni
dell'anima, o Lilith, o Enlil, grafemi di cielo abbacinanti
nel fondo pneuma, citeree vetustà di colombelle voraci:
e il sogno del dio, all'inclito nome, al numen che in afro-disio
trasmuta, de-flagra

XIII
Volubili bande, strisce di