fant)a(smatico - anno XXVIII - n.120 
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Fernando Mastropasqua
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UN'ARMATURA E IL MITO DEL LOCUS AMOENUS
il fantasma di Re Amleto
 
FANTASMA - Ora, Amleto, ascolta. E' stato detto che mentre dormivo nel mio giardino un serpente mi punse; così l'intero orecchio della Danimarca è da un falso racconto della mia morte volgarmente ingannato. Ma sappilo tu, nobile giovane, il serpente che punse la vita di tuo padre ora ne porta la corona (I, 5, 34/40) (1).
Il fantasma riporta la versione ufficiale della morte di Re Amleto, affermando che il serpente è solo una figurazione per proteggere il vero responsabile, il fratello Claudio, ora nuovo re. L'equivalenza serpente=Claudio può essere accolta senza difficoltà da Amleto che ha poco prima descritto suo zio come satiro che danza selvaggiamente: AMLETO - Il re fa veglia stanotte e leva il bicchiere, brinda e si scatena in sfrenate danze, e, come tracanna sorsate di vino del Reno, il tamburo e la tromba sbraitano a questo modo il trionfo dei suoi brindisi (I, 4, 8/12); e, durante il primo monologo, confrontandolo con il padre, ha esclamato: Un re così eccellente, che stava a questo come Iperione a un satiro (I, 2, 139/140). Poiché il satiro incarna la natura diabolica di Satana, il gioco delle corrispondenze è facile: serpente=Satana/Claudio=satiro // satiro=Satana/serpente=Claudio.
L'immagine del serpente non può non evocare l'archetipo del tradimento: il gesto di Claudio rinnova l'antico di Caino. Egli stesso richiama la scena biblica, quando, accusando Amleto del suo innaturale persistere nell'afflizione per la morte di suo padre, lega quel morto al "primo morto", Abele:
RE - Ma via, è colpa contro il cielo, colpa contro i morti, colpa contro la natura, del tutto assurda alla ragione, il cui tema comune è la morte dei padri, e che ha sempre gridato dal primo cadavere fino a colui che è morto oggi: Così deve essere. (I, 2, 101/106). Rivela in tal modo di essere ossessionato dallo stesso pensiero del nipote. Inserire il cadavere del proprio fratello nella catena che principia da Abele per liquidarlo nel ciclo della sorte comune si dimostra, dato che il primo morto fu assassinato, contraddittorio. Il tentativo di allontanare sospetti risulta maldestro e ingenuo al punto da ribaltarsi in ammissione di colpa nei confronti di una morte che si vuol far passare per accidentale. Quella del mascheramento, del resto, è un'arte in cui Claudio, a differenza dell'astuto e protervo Fengone, equivalente protagonista nella storia di Saxo Grammaticus(2) si rivela particolarmente incline quanto inetto. Si affida a Rosencrantz e Guildenstern per mandare Amleto a morte in Inghilterra, ma la congiura ricadrà sulle teste dei traditori. Si affida a Laerte per farlo uccidere nel duello finale. La sua natura di serpente lo spinge a non correre rischi e ad assicurarsi l'esito desiderato, avvelenando, oltre la punta della spada di Laerte, la coppa di vino da offrire ad Amleto durante gli assalti. Il suo carattere subdolo è accentuato dalla platealità con cui immerge nel vino il veleno in forma di perla, che era augurio di lunga vita. Amleto morirà, ma anche Laerte, Gertrude e lui stesso.

L'associazione serpente/Claudio/Caino e, di conseguenza, Re Amleto/Abele, dimostra che Shakespeare ha voluto richiamare allo spettatore la situazione originaria in cui maturò il primo delitto. L'omicidio perpetrato dalla mano di un fratello è elemento costitutivo dell'origine del mondo e della nascita dell'uomo, tanto più che qui l'omicidio viene compiuto nel giardino dell'Eden prima della cacciata. La presenza e l'alleanza tra il serpente e la donna (Claudio e Gertrude) tendono a far considerare l'omicidio come la causa della cacciata. La disobbedienza di mangiare il frutto dell'albero della conoscenza apre le porte al delitto. Addirittura per associazione si deve supporre che la conoscenza è coscienza della possibilità di uccidere. Il serpente ha avviato l'umanità al delitto. L'albero non custodiva la sapienza, ma la tracotanza di un sapere che conosce soltanto la potenza dell'omicidio.
Il racconto del fantasma rafforza l'immagine del giardino come Eden, luogo di delizie e serenità. Il termine orchard, usato da Shakespeare (Oxf. Engl. Dict.), rievoca alberi da frutto, piante fiorite, prati d'erba, dove è possibile appartarsi e godere tranquillamente degli aspetti più amabili della natura. In Saxo il prato come locus amoenus alletta anche Amleto: Lì preso dal bell'aspetto del luogo, mentre il lieto mormorio di un ruscello gli conciliava il sonno, Amleto si lasciò andare al riposo, ordinando però ai suoi di mettersi di vedetta da lontano (IV, I, 13). Re Amleto si abbandona ugualmente al sonno senza timori che quel luogo di pace possa accogliere il tradimento: FANTASMA - Mentre dormivo nel mio giardino, mia abitudine sempre nel pomeriggio, nella mia ora sicura, tuo zio entrò di soppiatto con il succo del maledetto giusquìamo in una fiala, e nei padiglioni dei miei orecchi versò la lebbrosa essenza. (…) Così fui io, mentre dormivo, dalla mano di un fratello, della vita, della corona, della regina in un istante privato, falciato nel fiore dei miei peccati, non comunicato, impreparato, non unto, il bilancio non fatto, ma mandato alla resa dei conti con tutte le mie colpe sulla testa (I, 5, 59/64 e 74/79). La storia è già in Saxo Grammaticus: Appena si presentò l'occasione del fratricidio, Fengone si insanguinò le mani e saziò il suo funesto desiderio. Poi fece sua la moglie del fratello ammazzato, e aggiunse al fratricidio l'incesto … tentò di celare l'atrocità commessa, da giustificare il suo delitto fingendo di averlo fatto con buone intenzioni e travestendo il fratricidio da gesto di compassione. Andava dicendo infatti che Gerutha … aveva dovuto subire dal marito la più violenta avversione, e che per salvarla lui aveva ucciso il fratello, dal momento che gli sembrava una vergogna che una donna così dolce … dovesse continuare a sopportare il peso dell'arroganza del marito. La storia raggiunse il suo scopo e convinse (III, VI, 5). Nel resoconto ufficiale la presenza del serpente imponeva, del resto, direttamente l'immagine dell'Eden. Il fantasma non dà una versione diversa, la decifra, ne offre la chiave interpretativa; in sostanza la conferma, facendo notare che è stata divulgata in modo capzioso. Claudio non è altro che una maschera di Satana: ha tentato Gertrude come il serpente Eva, ha ucciso il fratello Amleto come Caino Abele. Del mondo come giardino del delitto dove il fratello uccide il fratello Amleto ha perfetta coscienza, se collega la morte del padre e la troppa frettolosa consolazione della madre alla condizione di fatto del mondo come Eden guasto: AMLETO - Oh Dio, Dio, come consunte, stantie, viete e futili sembrano a me tutte le usanze di questo mondo! Schifo, oh schifo! E' un giardino non sarchiato che va in seme; cose marce e volgari lo posseggono completamente. (I, 2, 132/137).
Ma il fantasma compare in armatura da guerra: ORAZIO - Quella era la stessa armatura che portava quando combatté contro l'ambizioso Re di Norvegia (I, 1, 64/65). Amleto guarda con sospetto il fatto che il fantasma di suo padre sia apparso in armi e lo giudica segno di macchinazione: AMLETO - Armato, avete detto? / TUTTI - Armato, mio signore. / AMLETO - Dalla testa ai piedi? / TUTTI - Dalla testa ai piedi, mio signore (I, 2, 224/227); AMLETO - Lo spirito di mio padre in armi! Nulla va bene. Temo qualche sporco inganno. (I, 2, 254/255). Nelle gesta raccontate da Saxo è descritta una situazione non troppo dissimile, nella quale rivestirsi di ferro serve per sfuggire a un agguato: Ulvilda prese a insinuare nei pensieri del nuovo marito (Scotto) l'idea di uccidere Frothone e conquistare il regno danese. (…) Quando si accorse che le orecchie del marito erano sorde a questi progetti, Ulvilda cambiò l'oggetto dei suoi intrighi, passando dal fratello al coniuge, e pagò dei sicari perché gli tagliassero la gola mentre dormiva. Scotto venne a conoscenza del complotto grazie a un'ancella, e, quando venne la notte in cui sapeva che sarebbe stato eseguito l'ordine di assassinarlo, andò a letto rivestito della corazza. Ulvilda gli chiese perché avesse rinunciato alla camicia che usava di solito quando andava a dormire per indossare quella veste di metallo, ed egli rispose che era un capriccio del momento. Quando pensarono che fosse immerso nel sonno, gli strumenti del complotto fanno irruzione: allora Scotto saltò fuori dal letto e li uccise. In conseguenza di questo episodio, distolse Ulvilda dall'ordire intrighi ai danni del fratello, e offrì agli altri uomini una testimonianza sull'opportunità di temere la perfidia delle mogli. (II, II, 12).
Il racconto di Saxo, pur non appartenendo alla storia di Amleto, non è privo di rilievo per il testo di Shakespeare. Da una didascalia del I in quarto(3) sappiamo che la seconda volta il fantasma, quando compare nella camera di Gertrude, non indossa l'armatura ma la camicia da notte (nightgown). Dobbiamo supporre un gioco, nella duplice apparizione, tra armatura e camicia, così come nella storia di Scotto e Ulvilda. Del resto "in battuta" Amleto descrive gli abiti della seconda apparizione del fantasma come familiari: AMLETO - Ma guarda là! Guarda come va via furtivo. Mio padre, nella veste che usava in vita (in his habit as he lived). (III, 4, 138/139). L'allegoria non riguarda solo l'assassino ma anche il luogo. Il delitto è stato commesso nel giardino? O nelle camere da letto di Gertrude, che per Re Amleto era il suo hortus deliciarum, l'Eden, il luogo della sua ora sicura?(4).
Nella prima apparizione del fantasma l'ossimorica unione dell'armatura al mito dell'Eden consacra nell'immagine che prende vita sul palcoscenico la visione del mondo come luogo di guerra e di violenza fin dall'origine. La scomparsa del giardino incantato(5) e il suo rovesciamento nel luogo dove l'uomo scopre la propria tendenza naturale al crimine è qui già posto da Shakespeare per mezzo di una crasi che ambienta il primo delitto nell'Eden prima della cacciata. Donna e serpente infatti dislocano e fondono l'uccisione di Abele con la tentazione a cogliere il frutto della conoscenza. Venire al mondo è nascere all'omicidio.
Il fantasma è configurazione di quel destino che sotto molte forme, spesso familiari, prepara distruzione e avvia alla morte; è il meccanismo stesso della storia, una incarnazione del male che ingombra il giardino del mondo, una mascherata (il padre in armatura da guerra) che diffonde terrore, sostanza fatta d'aria come la peste e che, come la peste, falcia invisibile intere città. Ma non è il fato o esalazione dell'inferno: è il mondo tessuto dalla storia degli uomini. All'immagine della creazione per mano divina si sostituisce quella per mano dell'uomo: RE - Ma se anche questa maledetta mano si fosse ingrossata col sangue del fratello, non c'è pioggia sufficiente nei dolci cieli per lavarla bianca come la neve? (III, 3, 43/46). Non il gesto che fa scaturire la luce ma quello che spegne la vita. Il nascere è morire per mano del fratello. Il fantasma ricorda ad Amleto che il mondo sorge da un atto di morte. Quale vita può nascere dal sangue versato? L'oxymoron contiene la visione tragica del teatro come luogo che racconta la perdita originaria della vita: Il sangue di tuo fratello grida a me dal suolo. (Genesi, 4, 10).
Amleto chiama il fantasma a questionable shape (I, 4, 43), una forma che sollecita interrogativi. Esso infatti è forma di quel sangue che ha corrotto per sempre il mondo, la "rappresentazione" di quell'urlo. Come nel Giulio Cesare la lingua di Antonio dà voce alle ferite mute del cadavere di Cesare. ANTONIO - Guai alla mano che versò questo sangue prezioso! Su queste tue ferite io ora profetizzo, che come bocche aperte con labbra di rubino implorano che la mia lingua gli dia voce e parola …(III, 1, 258/261), il fantasma dà corpo al grido del sangue di Abele: RE - Oh, il mio crimine è marcio! Puzza fino al cielo. Porta su di sé la prima e più antica maledizione, l'assassinio di un fratello. (III, 3, 36/38).

NOTE
1) Il fantasma del padre di Amleto è un enigma. In questo breve intervento intendo porre l'attenzione più che sulle discordanze su un dato che non può essere contraddetto. Al di là delle molte ipotesi si deve convenire come i