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"Confucio nel Computer" di Furio Colombo a confronto
di Sandra Farnedi | |||
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Un libro vale per quello che, anche a distanza di tempo, lascia in noi. A distanza di un anno dalla lettura di "Confucio nel Computer" di Furio Colombo e di "Essere Digitali" di Nicholas Negroponte, provo ad analizzare quanto di essi mi è rimasto. I due libri trattano lo stesso argomento: il ruolo del computer nella nostra vita presente e soprattutto in quella futura, ma i punti di vista sono nettamente diversi. Ricordo di aver letto per primo il libro di Colombo, che ruota intorno al concetto che " Il computer è uno straordinario strumento, non è una nuova cultura." e ricordo che viene sviluppata un'analisi disincantata, e a mio avviso estremamente corretta, del fenomeno Internet. Ho amato molto una delle ultime frasi del libro che più volte sono andata a rileggermi: "Sto raccontando le prime avvisaglie di un fenomeno che potrà diventare grande, in proporzione alla grandezza della Rete e alla accelerazione della macchina. Uscire dalla Rete? Insensato, e impossibile. Ma c'è un primo passo da fare: rompere lo stato di estasi, sottrarsi, restando in Rete, al fascino pernicioso del culto, come atei in visita a una chiesa sospetta." Ricordo, infine, che il libro cita spesso, con tono polemico, un certo professor Negroponte, che io allora non avevo mai sentito nominare, e cita in particolare il suo libro "Essere Digitali", al punto che mi sono incuriosita e ho deciso di leggerlo; se non l'avessi fatto, mi sarebbe rimasto il dubbio di non aver capito tutto. Del libro di Negroponte ricordo che ruota intorno al concetto che "Il passaggio dagli atomi ai bit,..., è irreversibile e inarrestabile." Ricordo anche che vengono forniti interessanti esempi di applicazioni della tecnologia digitale, espressi in un linguaggio chiaro e comprensibile anche al grande pubblico e non solo agli addetti ai lavori, ma che l'autore sembra godere in modo esasperato dei vantaggi che tale tecnologia ci potrà offrire. Ricordo che il libro è pervaso da un diffuso snobismo per la cultura tradizionale e che sembra volerci trasmettere il messaggio che chi non si adeguerà alla nuova cultura del digitale sarà inevitabilmente un perdente. Io non riesco a pensare ad uno dei due libri senza pensare anche all'altro, per me hanno costituito un'unica lettura pur essendo fra loro estremamente diversi. Mi risulta, quindi, impossibile recensire uno solo dei due libri, per me è naturale metterli a confronto, ma non si può fare una recensione basata sui ricordi, sono andata pertanto a rileggerli entrambi. Se dovessi, comunque, sintetizzare in una sola frase ciò che di essi mi è rimasto, direi che Negroponte ci parla dell'uomo visto dal Computer, mentre Colombo ci parla del computer visto dall'Uomo. La grande differenza fra i due autori traspare fin dalla dedica: molto informatica, quasi da robot, quella di Negroponte a Elaine, molto dolce e carico di umanità quel grazie che Colombe rivolge ad Alice. Lo stile è in entrambi i casi scorrevole, i due libri risultano estremamente piacevoli da leggere e le argomentazioni sono proposte in modo così concatenato che coinvolgono con la stessa forza di un romanzo. "Essere digitali" è un resoconto degli sconvolgimenti che le nuove tecnologie porteranno nella nostra vita di tutti i giorni; vengono considerati i settori della comunicazione, dell'informazione, dell'economia e della produzione e per ciascuno di essi viene fornita un'alternativa digitale all'attuale tecnologia. Ci viene presentato il nostro modo futuro di operare sia in casa che nell'ambiente di lavoro o nell'ambiente scolastico, e ci viene detto chiaramente che non possiamo fare a meno di "digitalizzarci", perché "Essere digitali è la patente per crescere". Le applicazioni delle nuove tecnologie sono possibili in tutti i campi e tali applicazioni vengono presentate con chiarezza ed entusiasmo, ma tale entusiasmo per il nuovo porta l'autore a dimenticare, o meglio a voler dimenticare, il bagaglio di cultura che l'umanità ha accumulato nel corso dei secoli: più di una volta l'autore ci dice di non amare la lettura e quasi se ne vanta. Verso la fine del libro, però, sembra rendersi conto che forse non proprio tutti gli atomi potranno essere trasformati in bit, perché "I bit non sono commestibili; in questo senso essi non possono togliere la fame. I computer non hanno morale; non possono risolvere problemi complessi come il diritto di vita e di morte", ma teme di aver esagerato nell'elogio degli atomi e si affretta ad aggiungere: "Ciò nondimeno, l'avvento del mondo digitale offre molti motivi di ottimismo. Come una forza della natura, l'era digitale non può essere rifiutata o fermata. Essa ha quattro punti di forza, che porteranno al suo definitivo trionfo: decentramento, globalizzazione, armonizzazione e potenziamento umano." "Confucio nel Computer" è un'analisi degli sconvolgimenti psicologici che le nuove tecnologie porteranno all'animo umano se le persone non saranno sufficientemente attente e capaci di prevenire l'intrusione sempre più spinta del computer nel nostro vivere quotidiano. E' un libro scritto da una persona che ha le idee molto chiare sulle potenzialità dello strumento, ma che vuole capire quanto l'uso di uno strumento così potente possa allontanarlo dalla propria umanità. Colombo è spesso sfiorato dal dubbio e a volte dalla paura che lo strumento possa sfuggirci di mano, Negroponte invece vive di certezze. Il libro è pervaso di sentimento e sprizza umanità da tutte le pagine anche se tratta un argomento apparentemente tecnico. Non è un romanzo, ma si legge tutto d'un fiato come se lo fosse, perché ti aspetti che prima o poi ti dica come andremo a finire e desideri saperlo. Colombo vuole a tutti i costi salvaguardare la nostra cultura, egli sa benissimo che l'evoluzione, anche quella tecnologica, fa parte della nostra cultura, "ma è necessario liberarci dalla febbre di esaltazione che vuol farci intravedere un cambiamento di mondo, di civiltà, di epoca." Non rifiuta il nuovo, ma ama tanto il vecchio, perché lì sono le sue radici, di lì ha origine la sua umanità e afferma: "So benissimo che non posso e non devo fare a meno di questa macchina. La condizione, però, è che comandi io." Ad un anno di distanza, dopo la rilettura dei due libri, confermo: Negroponte ci parla dell'uomo visto dal Computer Colombo ci parla del computer visto dall'Uomo. |