Don Milani! Chi era costui?

di Carlo Galeotti

Una parte importante dell'eredità intellettuale e morale di don Lorenzo Milani rischia di andare perduta per sempre. Il caso è stato sollevato, con rigore e chiarezza milaniane, dal giornalista Giorgio Pecorini nel suo ultimo libro: Don Milani! Chi era costui? (Baldini & Castoldi, pp.420, lire 28.000).
Il giornalista, amico fraterno del priore di Barbiana, senza dare retta a stupide prudenze, fa nomi e cognomi di chi si sta rendendo colpevole di questo vero e proprio "omicidio intellettuale". In due paginette stringate collocate all'inizio del libro, Pecorini spiega chi sono i responsabili del misfatto e invita chi possiede scritti inediti di don Lorenzo Milani a renderli pubblici, a renderli accessibili a studiosi e non.
L'allarme lanciato, non senza una certa giusta asprezza nel libro, è evidentemente condiviso anche dalla sorella del parroco di Barbiana: Elena Milani. Che a mo' di presentazione scrive nel libro «Fra i diversi autori di libri su mio fratello, Giorgio è l'unico che lo abbia veramente conosciuto nelle sue vesti di sacerdote e di maestro, ed è uno dei pochi "intellettuali" che sono riusciti a instaurare un rapporto di profonda amicizia e stima con Lorenzo». Insomma un placet che è una specie di imprimatur. Che fa comprendere come quello che afferma Pecorini nel suo documentatissimo libro è condiviso anche dalla sorella di Milani. E il pericolo è reale più di quanto si pensi. Basta infatti recarsi a Barbiana per capire come la cosa sia stata gestita fino ad ora. Chi ha in "gestione" la chiesa di S. Andrea? Chi ha le chiavi della canonica?
Ma Pecorini fa una denuncia ancora più pesante e circostanziata. Sotto accusa in primo luogo Michele Gesualdi, attuale presidente della provincia di Firenze e quasi un figlio adottivo del priore. Proprio a lui, facendo nome e cognome, Pecorini rivolge le parole più pesanti.
L'invito a Gesualdi è quello di rendere pubblici i documenti di Milani posseduti «se non ha distrutto o lasciato ai topi le casse di carte di Barbiana». E Pecorini può parlare con dati alla mano ché proprio lui, alla morte del priore, è salito a Barbiana per catalogare e inventariare tutte le carte di Milani. Inventariate e consegnate, come viene ampiamente spiegato nel libro, a Michele Gesualdi in vista di una pubblicazione sistematica e ragionata di tutti gli scritti.
Nel presentare i diversi inediti che sono contenuti nel libro, Pecorini non manca di sperare che «chi ha in mano il resto si risolva a rinunziare al privilegio della proprietà esclusiva e dei veti insensati, superi avarizie e gelosie: le cose più antimilaniane e più antibarbianesi del mondo». Ancora parole come pietre. E nel mirino vanno a finire anche l'Istituto per le scienze religiose di Bologna in cui si trova il Fondo Lorenzo Milani, e la curia fiorentina. Che, dopo aver straziato il priore da vivo, sembra ora dedita a una troppo facile e semplicistica annessione della figura di don Milani.
Curia che non rende pubbliche tutte, dicasi tutte, le carte che riguardano Milani.
Vicenda forse meno nota è quella svelata da Pecorini e relativa all'Istituto per le scienze religiose che più volte avrebbe messo il veto per la pubblicazione di testi milaniani.
Al di là della denuncia, il libro di Pecorini è denso di riflessioni sull'eredità di Milani che non sono solo condivisibili ma che andavano dette. In primo luogo viene sottolineato più volte dal giornalista che don Milani è patrimonio comune di credenti e laici. Che il pensiero di Milani, gli scritti di Milani sono patrimonio di credenti e laici. Certi tentativi di imbalsamare, di santificare e normalizzare la figura del priore devono aver infastidito l'amico fraterno. Tentativi per altro venuti anche da personaggi come Indro Montanelli, buoni solo a fare i giornalisti. Ma certo incapaci di capire una personalità come Milani.
Saggia la reazione di Francuccio Gesualdi, fratello di Michele ma tutt'altra pasta d'uomo, che a un giornalista che lo intervistava sulla santificazione del priore rispose tra l'altro: «...sarebbe meglio, piuttosto, non ostacolare i "don Milani" di oggi».
Il libro si chiude, si fa per dire perché ha tutte le caratteristiche di un libro aperto, con la serie di inediti: gli appunti di lavoro per la revisione di Esperienze pastorali, gli appunti interessantissimi sul nuovo galateo, il progetto di giornale scuola, quello di una scuola popolare, il quaderno di lingua barbianese, due lettere alla sorella,
Chiesa santità obbedienza, Strumenti e condizionamenti dell'informazione. Questi due ultimi testi possono essere ascoltati dalla voce di don Milani in due audiocassette allegate al libro.
Struggenti sono tutti i documenti, ma commoventi sono alcuni frammenti in cui don Milani parla di suicidio. Squarci di abisso che si aprivano nella coscienza dell'uomo lasciato solo da chi più degli altri doveva stargli vicino. Squarci di abisso che rendono don Milani, se possibile, più vicino alla nostra intima umanità. Agli strazi più nascosti di ogni
coscienza. E che solo un don Milani poteva avere la capacità e il coraggio di tentare di piegare alla costrizione del linguaggio.
Con il libro di Pecorini, va infine detto: si apre un capitolo di verità sulla vicenda che è seguita alla morte del priore. Una vicenda purtroppo segnata anche da piccinerie. Forse solo Pecorini o qualcuno dei familiari poteva alzarsi in piedi e con chiarezza denunciare quello che è accaduto e quello che potrebbe accadere. Disperdere una eredità come quella di Milani sarebbe grave per tutti, ma forse sarebbe ancora più grave per quei poveri, per gli operai e i contadini dei quali il priore ha voluto condividere la sorte.