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di Francesca O. Galante | |||
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In parole molto crude la questione può essere posta nei termini seguenti: è naturale che uno stato - o il governo che metonimicamente lo rappresenta - si aspetti che la scuola da questo creata, appoggiata, finanziata e in cui investe una percentuale delle sue energie, produca i risultati voluti (con la dovuta precisazione che non sempre ciò che è voluto dai governi sia voluto dai partecipanti alla scuola - studenti, genitori, docenti, personale amministrativo, comunità alle spalle). Negli ultimi due decenni in molti paesi occidentali le scuole sono state sottoposte a pubblico scrutinio, richieste di assumersi le responsabilità che competono loro, di escogitare modi per migliorare o facilitare il rendimento degli studenti. Approcci e responsi si differenziano. Alcuni paesi, fortemente sospinti da contingenze e difficoltà economiche, hanno riformato, o sono nel processo di riformare, il loro sistema scolastico, avendo nel mirino una preparazione scolastica che equipaggi al massimo i giovani presto alle prese con una crescente competizione economica con altri paesi. Altri paesi, già coinvolti con esperimenti riformatori ed insoddisfatti dai risultati ottenuti, sono alle conlusioni che in fondo il loro sistema scolastico funzioni relativamente bene con studenti dotati di una motivazione media e con un medio o medio-alto retroterra e supporto familiare, e che quindi non si profila in fondo una necessità di riforma scolastica per assicurare acquisizione di conoscenze, spettro di abilità e capacità di comprensione della realtà necessarie alla funzionalità della personalità nel ventunesimo secolo. | |||
![]() Esistono, cioè, tendenze molto chiare che nel corso di un certo periodo di tempo hanno interessato i paesi industrialmente più sviluppati. Durante gli anni dell'espansionismo economico degli anni sessanta, ad esempio, l'obiettivo principale di quasi tutti i sistemi educativi è stato far fronte in maniera adeguata alla crescente popolazione scolastica, alla crescita del periodo di permanenza degli studenti nella scuola. Si sono dovuti escogitare piani che prevedessero la crescita delle nascite, il numero degli studenti in età scolare, il movimento e la direzione della popolazione scolastica, il reclutamento e la preparazione dei docenti, l'esigenza di strutture scolastiche. Ma dalla metà degli anni settanta molti paesi industrializzati cominciarono a soffrire l'angoscia di cosa effettivamente quegli studenti, sapientemente assorbiti nel sistema, riuscivano ad imparare e come si insegnasse a quegli studenti. Le discussioni in tema di riforma sono fortemente canalizzate dalle culture e tradizioni politiche, ma necessariamente anche da ciò che si trova già in campo, ovvero dai sistemi educativi esistenti su cui operare. Tuttavia esistono fili comuni della discussione sui programmi di riforma, o possono esistere o ci si può fare ispirare dalla discussione in altri paesi. È necessario allora che si sia a conoscenza di quello che accade o di cui si discute in altri orticelli. Questo, appunto, è lo scopo dell'area modelli di Tracciati che intende programmaticamente avviarsi su un itinerario che, da un lato descriva i modelli scolastici già esistenti in altri paesi la cui composizione sociale e culturale non sia molto lontana da quella italiana, dall'altro vorrebbe raccogliere testimonianze di riforma scolastica, in progetto, in dibattito o già in atto in altri paesi in vista di un contributo alla discussione su una eventuale riforma della scuola italiana. | |||
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![]() Così, mentre vari sistemi educativi centralizzati in Europa sono in processo di fornire più autonomia alle regioni, negli Stati Uniti l'amministrazione federale si sta muovendo in direzione opposta, ricorrendo ai dispositivi legislativi e a fondi federali. Un esempio di tale iniziativa a livello federale è la definizione degli obiettivi educativi definiti a livello nazionale, da raggiungere entro il 2000, annunciati nel 1990 e ratificati dal Congresso al principio del 1994. Dopo la comparsa di A Nation at Risk e di Goals 2000 si può dire con certezza che negli ultimi dieci anni la maggior parte degli stati degli Stati Uniti sia stata alle prese con il dilagante fenomeno della riforma scolastica, e il dibattito si è focalizzato soprattutto intorno ai contenuti curriculari, alla valutazione del profitto e ai meccanismi di finanziamento. Molta parte della discussione si è catalizzata sul concetto di responsabilità, che in questi anni ha ricevuto sempre più enfasi. Ma le riforme necessitano comunque di essere monitorate e sperimentate, e questo rappresenta un problema in un paese dove la crisi economica, soprattutto di quella del denaro pubblico, si fa semprre più pressante. Di conseguenza si è fatta presente recentemente una tendenza verso l'idea di riforme basate su degli standard prefissi da raggiungere e il governo federale ha messo a punto una serie di meccanismi (commissioni) col compito da una parte di elaborare e stabilire degli standard per ogni materia insegnata e, dall'altra, di amministrare dei test a livello nazionale che tengano d'occhio la resa degli studenti. | |||
![]() (1) - United States National Commission on Excellence (1983), A Nation at Risk: The Imperative of Educational Reform, Government Printing Office, Washington, DC. |