![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
di Sergio Marchetti | |||
![]() | |||
Piove. Al fondo di un lungo corridoio, al secondo piano di un triste palazzo umbertino, si agitano. Si scambiano l'ultima circolare, si raccontano sotto voce del loro Santo Protettore: l'Onorevole, l'amico, il conoscente dell'amico, il cognato della suocera, il vicesindaco... Le finestre altissime che si aprono sul cortile interno lasciano passare a fatica un'incerta luce grigiastra, mentre la pioggia seguita a martellare sui cubetti di porfido. Saranno una decina, forse quindici: sono i reduci, sono quelli che sanno scrivere; gli altri, quelli che non hanno superato la prova scritta, circa centocinquanta, sono rimasti a casa, con le pive nel sacco, ad accampar scuse a colleghi e mogli adirate, a tentare di evitare che al danno si accompagnino l'irrisione e il compatimento. Vestono quasi tutti di scuro e i loro abiti non sanno di fresco, qualcuno, anzi, puzza un pochino: odor di ascelle sudate, s'intende, o di capelli impregnati dal fumo delle sigarette o dell'odor pungente assorbito nella friggitoria dove, ieri sera, hanno consumato l'ultimo pasto regolare prima della Grande Prova. Giungono da tutta la Penisola e i loro accenti sono i più diversi. Un gigantesco normanno riesce anche a fare dello spirito e rivolto ad un concorrente che giunge in quel momento gli dice: "a te sicuramente ti bocciano: presentarsi ad un concorso privi di raccomandazioni è un grave atto di superbia, è come dire - io sono talmente bravo che non ho necessità di appoggiarmi ad alcuno -". Il "superbo" sorride: ha un'aria mite e un accento non immediatamente individuabile, ma, tuttavia, sicuramente riferibile a quella parte del Paese che, di lì a qualche anno, un manipolo di stolti ribattezzerà Padania. È vicino alla cinquantina. La figura è slanciata e veste con un certo gusto. È diverso dagli altri: comunque si osservi il gruppo, il "mite" si stacca da quello sfondo nerastro, forse perché sembra non partecipare ai discorsi e all'agitazione degli altri, forse perché l'unica cosa che pare realmente interessarlo è la pioggia che ora è diventata impetuosa. Si apre una porta e viene urlato il nome del primo candidato. Tutti corrono ad ascoltare, il "Padano" accenna un passo in quella direzione, poi esita, pare averci ripensato e ritorna ad osservare la pioggia sorridendole. La commissione da sinistra a destra. Due presidi anziani che, con i lunghi "riportati" (formano quasi un parrucchino), si sforzano di nascondere una vergognosa calvizie; l'ispettore corpulento, il cui ventre prominente, ad ogni movimento, mette a dura prova i bottoni dello sparato; il presidente: piccolo, imbacuccato in un'enorme sciarpa e segnato da un'influenza non ancora superata; da ultimo il Funzionario Ministeriale, segaligno e dall'aspetto arcigno, quasi grifagno alle cui spalle sta uno, un ignoto. Ciò non deve stupire: al Ministero vi è sempre qualcuno che è lì e che non si sa che cosa faccia, chi sia: forse sono fantasmi, forse personaggi del passato che non riescono ad abbandonare quei corridoi che li hanno visti potenti, forse sono funzionari del futuro, forse non sono proprio nessuno e compaiono soltanto nelle giornate di pioggia. È il turno del "mite". Tenta di accavallare le lunghe gambe, ma il pianale del tavolo troppo basso glielo impedisce, allora, sempre tenendole l'una sull'altra, le piega da una parte. La manovra non è perfetta e, inavvertitamente, calcia i piedi del Presidente il quale, dando l'impressione di essersi risvegliato di soprassalto, li ritrae indispettito. Primo Preside: "il suo Collegio dei Docenti non vuole eleggere i collaboratori della presidenza, lei che cosa fa?". Il candidato pare distendersi, rassicurato dalla bonarietà della domanda e risponde: "cerco di aprire un dialogo con i docenti per capire le ragioni che li portano a disattendere ad un dovere d'Ufficio e m'impegno ad operare con essi per trovare una soluzione al problema". Risolino di scherno del primo Preside e sguardi d'intesa degli altri: "macché dialogo: i docenti bisogna saperli guidare, anche con durezza quando è necessario... ci mancherebbe!". Il candidato accenna ad una replica, poi visto che i due presidi si sono messi ad aizzarsi vicendevolmente contro quello strano mostro rappresentato dal Collegio dei Docenti, decide di rimanersene zitto e attendere. Secondo Preside: "Lei sa che esistono molte specializzazioni negli Istituti Tecnici, me ne elenchi alcune". Al candidato verrebbe voglia di ribattere che sarebbe sufficiente consultare gli appositi tabulati in cui figurano tutte le specializzazioni sia sperimentali sia d'ordinamento, ma poi cede ed elenca le prime che gli passano per la mente. "A proposito dei laboratori di oleodinamica, se ne dovesse allestire uno, Lei che cose vi metterebbe dentro?". Al nostro la domanda pare mal posta, tuttavia cerca di soddisfare la curiosità dell'interlocutore ed esordisce: "inviterei gli ingegneri che insegnano quella materia a stendere un piano tenendo conto sia delle esigenze didattiche sia di quelle relative alla sicurezza". "Sì, ma Lei che cosa vi metterebbe dentro?". Breve momento di costernazione e poi "non ne ho la minima idea: all'interno di un laboratorio di questo tipo non vi ho mai posto piede". Risolino di compatimento poi: "eppure, un aspirante preside lo dovrebbe sapere!". "I laboratori negli ITIS sono alcune centinaia e penso che nessuno li conosca tutti", tenta ancora il "Padano". Interviene a questo punto il corpulento ispettore che pare volerlo salvare da una situazione senza uscita. Il nostro non ha mai conosciuto un ispettore e, mentre dei presidi ha un'opinione piuttosto bassa, di costoro non sa nulla e perciò si dispone a rispondere a domande che spera meno peregrine. "Le inviano dal Provveditorato il bilancio preventivo del suo Istituto tutto segnato in rosso, lei che cosa fa?" chiede il corpulento, accomodandosi meglio sulla sedia troppo piccola. Al candidato frulla un'idea balzana e sorride pensando che segnato in rosso sia l'Istituto, ma torna rapidamente serio e risponde: "mi recherei al Provveditorato e chiederei al funzionario spiegazioni". "Il funzionario è occupato e non la vuole ricevere", incalza l'altro, compiacendosi dell'astuta difficoltà posta sul cammino del "mite". "Riproverei qualche altro giorno e nel frattempo ricontrollerei il bilancio per verificare che non vi siano errori tali da giustificare quei segni". "Il bilancio è a posto, il provveditorato non la riceve, lei che cosa fa", si guarda in giro compiaciuto e uno sguardo d'intesa si stende come un ponte sulla testa del Presidente fra l'Ispettore e il Funzionario Ministeriale. I due sembrano dirsi: "ora te lo cucino io, tu penserai poi alla rosolatura". Il candidato tenta ancora qualche maldestra risposta, poi ammutolisce. "Glielo dico io", tuona l'ispettore soddisfatto, "spenderei un dodicesimo del bilancio dell'anno precedente per ogni mese che è trascorso dall'inizio dell'anno finanziario". "Questo lo sapevo anch'io" ribatte il candidato, "e allora perché non l'ha detto", tuona indispettito l'Ispettore, mentre il secondo bottone del suo sparato sembra proprio intenzionato a schizzare lontano. Il "mite" tenta ancora un'uscita e si lascia scappare "se lei avesse formulato la domanda in modo più diretto, forse...". "Quando lei siederà qui al mio posto deciderà se formulare le domande in altro modo, per il momento..." e, guardando verso "il grifagno", indirizzò da quella parte il candidato dalla fronte ormai imperlata di sudore. "Come farebbe ad iscrivere nella sua scuola uno studente tedesco?" esordì il Funzionario Ministeriale. A questo punto il "mite" aveva perso ogni esitazione e, dopo aver rimesso al loro posto le maniche della giacca che gli erano salite fino a metà avambraccio, disse: "cercherei sul Giannarelli (la Bibbia dei Presidi) qual è la procedura da seguire in questo specifico caso". "Ma queste cose un Preside le deve sapere anche senza consultare il Giannarelli!" esclamò il funzionario, cercando di contenere l'istintiva antipatia che quell'intruso gli aveva ispirato fin dall'inizio. "Non mi pare che si iscrivano studenti stranieri con una frequenza tale da giustificare la conoscenza a memoria delle procedure relative", tentò ancora l'esaminando, ma a questo punto la frittata era fatta e seguirono soltanto alcune secche battute, sottolineature, nel caso ve ne fosse stato il bisogno, dell'istintiva antipatia sbocciata e rigogliosamente cresciuta fra i due. Il candidato si alzò, riprese l'impermeabile bianco che aveva appoggiato su una sedia, sollevò il bavero, comperò da un ambulante un piccolo ombrello e si dissolse felice nella poggia che gli inzaccherava le scarpe. | |||
![]()
Un preside, dimostrando quella fermezza che tanto piaceva alla Commissione, licenziò, qualche anno dopo, una supplente, rea di aver chiesto ad uno studente chiaccherone di cambiare di banco. Il provvedimento venne motivato con il fatto che quel tipo di punizione (spostare uno studente di posto) non era previsto dai Regi Decreti che disciplinano la materia. Un paio di mesi dopo, quello stesso Preside avendo rinvenuto nei gabinetti dell'Istituto un ordigno esplosivo, residuato dell'ultima guerra, anziché far sgomberare la scuola e chiamare gli artificieri, decideva di afferrarlo, di scendere quattro rampe di scale e di andarlo a deporre nei giardini pubblici antistanti la scuola. | |||
![]() P.S. Le due storie sono rigorosamente vere. |