Riflessioni sulla riforma educativa in Spagna
dal punto di vista dell'insegnante

di Francisco Martín

Nel 1990 venne approvata la Legge Organica di Ordinamento del Sistema educativo (LOGSE). Con questa legge si chiudeva un lungo processo iniziatosi quasi dieci anni prima e per l'educazione in Spagna iniziava una nuova fase che sarà definitivamente compiuta solo con il nuovo millennio.

Nel 1982 salì al potere il Partito Socialista (PSOE). Col suo primo governo cominciò a consolidarsi in Spagna il sistema democratico che, dopo la morte del generale Franco e la scomparsa della quarantennale dittatura militare, si era instaurato solo quattro anni prima, dopo un breve periodo costituente.

Gli anni che vanno dal 1975 (morte di Franco) al 1982 furono un periodo agitato, si produsse un cambiamento in tutto ciò che fino a poco prima, almeno ufficialmente, sembrava assolutamente inamovibile. Le libertà democratiche arrecarono un cambiamento generazionale nelle persone che ebbero il ruolo di detentori del nuovo potere democratico. Era tutto da fare. La Costituzione del 1978 aprì le porte ad un rinnovamento della società e delle sue leggi, delle sue abitudini e persino dei suoi valori. A questo cambiamento difficilmente avrebbe potuto sottrarsi l'educazione e le persone implicate direttamente in essa. È così che nei primi anni 80 sorgono in tutta la Spagna movimenti di rinnovamento pedagogico che avevano iniziato la loro attività negli ultimi anni del franchismo e che desideravano cambiare la scuola, per cambiare, attraverso la scuola, la società stessa. Gli insegnanti, avendo subito la formazione nazional-cattolica del franchismo, desideravano cambiare una scuola, che ormai da anni era per la sua stessa essenza insostenibile e che era stata oggetto di timide riforme, in una scuola nuova, in cui venissero formati dei veri cittadini e non dei sudditi.

L'ascesa del PSOE al governo implicò il rinnovamento di un potere che, in ambito educativo, era stato dominato per decadi da un insieme di burocrati, i quali concepivano la buona gestione educativa come un modo affinché la scuola pubblica, intesa fino ad allora come complementare dell'iniziativa privata, costasse al tesoro pubblico il meno possibile: una casta in cui si inquadrava una ispezione che, anziché verificare la qualità dell'attività docente e il rispetto dei diritti di cui, in quanto cittadini, godevano alunni, genitori e insegnanti nell'ambito della scuola, tendeva invece a controllare orari e normative, e che soprattutto era tesa a evitare qualsiasi iniziativa di innovazione da parte dei docenti.

Il nuovo governo diede spazio ai gruppi di rinnovamento e cercò in essi le persone per i posti di responsabilità nell'amministrazione educativa. Così non fu un fatto straordinario in quei giorni vedere come un insegnante, perseguitato fino a poco prima da alcuni provveditori per le sue attività ideologiche e militanti, diventava lui stesso il nuovo provveditore o aveva qualche altro incarico nell'amministrazione centrale.

In questo ambiente fu avviata una Riforma Educativa che si desiderava fosse l'elemento trainante della riforma globale che l'intera società desiderava e cercava.

Il processo è cominciato con l'approvazione della Legge Organica Regolatrice del Diritto all'Educazione (LODE) e sarà concluso quando il nuovo sistema educativo sarà messo in atto globalmente, all'inizio del ventunesimo secolo. È stato o meglio, sarà un processo lungo. Cercheremo di analizzare, dalla prospettiva di un insegnante, alcuni passi di questo processo e alcune delle virtù e inconvenienti di questa riforma.

Un'ultima considerazione prima di entrare nell'analisi: la messa in atto della riforma educativa in Spagna è appena cominciata. Sebbene la legge sia stata approvata nel '90, fino all'anno accademico scorso sono state attivate le fasce educative di Educación Infantil e Primaria. La grande sfida di questa riforma è cominciata, quindi, quest'anno, con l'attivazione generalizzata del primo anno della Educación Secundaria Obligatoria (fascia di età dai 12 ai 16 anni). La ESO è in essenza una fascia nuova , a cavallo tra la vecchia Educación General Básica (dai 6 ai 14 anni, unico livello finora obbligatorio) e il vecchio Bachillerato Unificado y Polivalente (14-18), che non era né obbligatorio né comune per tutti gli alunni. È per tanto troppo presto per fare una valutazione del nuovo sistema e tanto più per darne il voto di fiducia. Le seguenti riflessioni devono quindi essere intese come un'analisi di cose che sono già successe e di prospettive più o meno teoriche di ciò che realmente succederà in un futuro prossimo.

La Riforma è elaborata in équipe. Si è già segnalato come la pianificazione della riforma fosse delineata durante il governo socialista e come tale governo coinvolgesse molti insegnanti nelle sue équipes di tecnici. Inoltre, tanti aspetti della riforma furono sperimentati prima della loro definitiva approvazione. Ciò rappresentò una novità rispetto ad anteriori riforme e concretamente rispetto a quella immediatamente anteriore, plasmata nella Ley General de Educación del 1970, quando il curricolo fu stabilito in meno di un mese da anonime "commissioni di esperti". È da apprezzare molto positivamente il processo e la metodologia seguiti in quella occasione.

Ciò nonostante, sono da mettere in rilievo alcuni inconvenienti. Da una parte, i modelli elaborati dalle équipes furono messi in funzionamento in condizioni di laboratorio e quindi in situazioni eccezionali, cioè difficilmente generalizzabili. Alcuni dei modelli per la valutazione degli alunni implicavano che le sedute dei Consigli di Classe trimestrali durassero sei ore per ogni gruppo di alunni. Se teniamo conto del fatto che ogni professore può avere 6 o 7 gruppi di alunni, la generalizzazione di queste sedute appare chiaramente inattuabile.

Il secondo inconveniente, relativo a questo aspetto, è che la pianificazione della riforma durò molto tempo. Alcuni degli insegnanti implicati in essa persero, ahimè, la visione dell'insegnante dopo aver trascorso un periodo così lungo lontano dalle aule.

La riforma rende obbligatoria la scuola fino ai sedici anni. Questo è uno dei vantaggi indiscutibili della riforma, riconosciuto da tutti.

Tuttavia, se teniamo conto di un assioma non scritto che dice "qualsiasi tipo di scuola obbligatoria deve essere necessariamente anche comune", è pur vero che questa Riforma ha ritardato il momento in cui si apre il ventaglio delle discipline. Una delle critiche più serie che viene fatta a questa riforma è che non assicura che ogni alunno possa imparare in questo periodo ciò che è capace di imparare veramente. Avere tutti i cittadini insieme, e quando diciamo tutti intendiamo tutti, persino gli handicappati psichici lievi, come alunni di una classe fino ai 16 anni può impedire che una certa percentuale di loro impari alcuni contenuti che potrebbe, e quindi dovrebbe, imparare, ma anche, e contemporaneamente, che alcuni alunni non ricevano la dovuta attenzione per sopperire ai loro bisogni e quindi che anche questi alunni imparino di meno.

Una scuola comune rende uguali gli alunni a un livello piuttosto che medio, mediocre.

Un esempio illustrativo in tal senso lo si trova nella materia di matematica. Nel quarto anno della ESO è l'unica materia che offre due possibilità: l'itinerario A è generico per tutti gli alunni, il B è specifico per gli alunni considerati capaci, dal dipartimento di matematica, di andare oltre ciò che è stabilito come comune. È permessa la risoluzione di equazioni di secondo grado solo a coloro che frequentino questa seconda possibilità. Molti cittadini capaci di capire e risolvere equazioni di secondo grado non lo faranno mai.

La riforma è basata su presupposti psicopedagogici. La riforma educativa comprende molti aspetti psicopedagogici nella sua impostazione. È da notare che molti dei responsabili politici della riforma erano professori universitari di tali discipline. La creazione in tutte le scuole di un Dipartimento di Orientamento è uno degli aspetti positivi che la Riforma ha portato avanti.

Nonostante ciò, il tono psicopedagogico e il relativo linguaggio settoriale di cui è pervasa la legge (e suoi sviluppi) sono serviti solo per rendere più incomprensibili le idee di base e per provocare il rifiuto di alcuni settori di insegnanti che vivono questo linguaggio come una nuova prova da superare.

La riforma aggiorna i contenuti e i metodi. È giusto, a nostro avviso, pensare che la riforma mette in atto una revisione dei metodi e dei contenuti che rende migliore l'insegnamento. Nuovi contenuti, assenti fino adesso in quei livelli, vengono inseriti nelle nuove fasce educative, come ad esempio le discipline tecnologiche. L'incremento graduale della possibilità di scelta di materie nell'educazione secondaria dovrebbe contribuire anche a questo aggiornamento di contenuti. Dato però che il tempo che un alunno deve frequentare le lezioni non dovrebbe essere superiore a un totale di 30 ore settimanali, l'introduzione di questi nuovi contenuti nel curricolo comporta la riduzione delle ore dedicate alle discipline tradizionali e quindi dei contenuti che si svolgevano in quelle. Questo fatto non è bene accettato da molti insegnanti che rimpiangono le quattro ore a settimana per la loro materia, diventate tre con la riforma. Bisogna inoltre aggiungere che il numero totale di ore di lezione che un insegnante deve svolgere a settimana è rimasto lo stesso e ciò significa che l'insegnante deve fare lezione a più gruppi con un aumento considerevole del numero totale di alunni.

La riforma permette la libera scelta di materie. Questo è un altro degli aspetti che viene generalmente valutato positivamente dai diversi settori del mondo dell'educazione. Tuttavia è innegabile che l'aumento delle materie ottative (optatives, con facoltà di scelta dello studente) implica un aumento della spesa difficilmente realizzabile in un momento in cui predominano i tagli di bilancio in tutto il settore pubblico, derivati dalla volontà politica di soddisfare i criteri di convergenza europea per la Moneta Unica. Gli sviluppi della Legge, concretamente la normativa specifica per la messa in atto della Secundaria Obligatoria, stabiliscono, in riferimento alle materie ottative, che "con carattere generale la scelta sarà la seconda lingua straniera" (in genere il francese, dato che l'inglese è la lingua che la maggioranza degli alunni sceglie come prima lingua straniera). Tanti insegnanti di francese sono rimasti senza alunni negli ultimi tempi e questo è senz'altro un modo economico di riutilizzarli. In altri casi le ottative vengono determinate in ogni scuola in base al criterio di completare l'orario di quegli insegnanti che non hanno un numero sufficiente di ore per le materie per le quali sono abilitati.

La riforma dà spazio a un curricolo aperto. Ogni scuola adatta il curricolo approvato con carattere generale alle sue caratteristiche specifiche. Per esempio, il curricolo generale non stabilisce in quale anno scolastico debbano essere inclusi i contenuti di Geografia che formano parte dell'area disciplinare di Scienze Sociali, Geografia e Storia (tre ore in ogni anno di ESO). Ogni scuola può decidere di includerli in un solo anno, e quindi dedicare l'area disciplinare specificamente a questa materia, o distribuirli in due o più anni della fascia educativa, condividendo l'area disciplinare con gli altri contenuti.

È inoltre competenza di ogni scuola determinare i criteri e la prassi da seguire per decidere la promozione dei propri alunni. Queste caratteristiche innovative sono in genere ben accettate.

Nonostante ciò, nella quotidianità si riscontra la difficoltà di mettere in atto le svariate possibilità che questo curricolo apre. Da una parte la burocrazia aumenta considerevolmente: i documenti che ogni dipartimento didattico deve elaborare all'inizio di ogni anno scolastico sono aumentati. Le "carte" soffocano gli insegnanti di una scuola al punto che la preparazione delle lezioni, l'indispensabile riflessione critica sul proprio lavoro e addirittura le lezioni in sé ne subiscono gli effetti: tutto ciò passa ad un secondo piano in confronto alle scadenze previste per l'insieme di documenti che l'amministrazione educativa divora. Fare le cose urgenti, talvolta superflue, non lascia il tempo per fare quelle veramente importanti.

La riforma imposta la valutazione interna ed esterna delle scuole. Dopo la LOGSE è stata approvata la Legge Organica per la Valutazione delle Scuole. Tale legge stabilisce i meccanismi per la valutazione interna annua, che devono operare le scuole, e per l'esterna, che periodicamente deve realizzare l'Amministrazione educativa.

È positivo che gli insegnanti valutino il proprio lavoro e che tale lavoro sia sottoposto a una revisione critica, ma tali aspetti sono stati molto contestati dagli insegnanti. A quanto pare, gli insegnanti sono gli unici professionisti sottoposti a questo tipo di revisione critica. Genitori, alunni e società si sentono competenti per valutare il lavoro degli insegnanti: i primi, in base alle informazioni parziali dei loro figli; i secondi, in base a giudizi propri della loro età e delle loro conoscenze; la società spesso in base all'idea che il ruolo della scuola sia quello di parcheggiare per un po' gli alunni. Inoltre non è da dimenticare l'ispezione educativa che non è cambiata molto dai tempi di prima della LOGSE e che negli ultimi anni ha riacquistato gran parte del vecchio potere. Se a tutto ciò aggiungiamo la svalutazione sociale della professione di insegnante, in parte dovuta agli stipendi bassi, non sembra difficile capire una certa permalosità dei docenti. Ai pazienti di un ospedale nessuno chiede nulla sulla qualifica professionale del medico, né tali pazienti fanno parte di ipotetiche commissioni di valutazione degli ospedali, tanto per fare l'esempio di un servizio pubblico, che ha tante somiglianze con quello educativo.

La riforma tenta di migliorare la qualità. È questo l'obiettivo di tutti coloro che fanno riforma, ma purtroppo non sono garantiti i finanziamenti.

Noi insegnanti ci muoviamo nella nostra attività guidati da una serie di conoscenze costruite con il nostro apprendimento, la nostra esperienza, le nostre intuizioni e contraddizioni. Le scelte, come del resto le scelte di ogni professionista, verranno sempre fatte in base a questo personale bagaglio. Come insieme di persone subiamo alti e bassi nei nostri stati d'animo in modo ciclico. Possiamo dire che il momento di pianificazione della riforma rappresentò per larghe fasce di insegnanti un momento di entusiasmo e di speranza. Il momento attuale, invece, lontano ormai anche nel tempo da questa rinascita e segnato da tagli e da realizzazioni concrete ben distanti da ciò che si era ideato, sembra sfociare lentamente in una sorta di pessimismo (di stampo barocco).