Autonomia scolastica, modello di gestione
e autogoverno della scuola

di Sergio Marchetti

Nel suo intervento, del 25 Giugno 1996 alla Commissione Camerale, il Ministro della Pubblica Istruzione ha tracciato e linee di un radicale intervento di riforma della scuola. L'idea centrale intorno cui si articola il progetto del Ministro è quella dell'autonomia scolastica. L'autonomia presuppone: l'abbandono del modello "ministeriale", sostituito da "un insieme di comunità scolastiche nelle quali si fa istruzione, ricerca e formazione attraverso l'utilizzo di modelli flessibili, in vista del raggiungimento di obiettivi generali, secondo standard di qualità fissati da un centro dotato di funzioni strategiche". L'abbandono del modello gerarchico ministeriale comporta la necessità di sostituire l'amministrazione centrale e periferica (Ministero e Provveditorati agli studi) con "una struttura di supporto, di consulenza e di sostegno dell'autonomia delle singole istituzioni scolastiche". Si individuano poi tre interventi preliminari:
  1. Riordino del Ministero della Pubblica Istruzione. Quest'ultimo dovrà avere essenzialmente funzioni d'indirizzo, il che comporterà: "la determinazione di standard e dei conseguenti interventi perequativi, il coordinamento e le attribuzioni delle risorse, la gestione della formazione iniziale e in servizio di dirigenti e docenti". Ciò che il Ministro dice è di estrema chiarezza, ma egli non spiega con quali mezzi pensa di poter intervenire su quel carrozzone d'inefficienza, presidiato in massima parte da burocrati, che è il MPI. Direttori Generali, Funzionari, Ispettori centrali e periferici sono abituati a tutt'altro che a una visione generale, moderna, dinamica della scuola, ciò che essi hanno prodotto è sotto gli occhi di tutti: una scuola imbalsamata, ingessata, paralizzata, sommersa da una stratificazione di circolari che ogni Preside o Ispettore utilizza come meglio crede e non certo per raggiungere finalità di interesse generale. Una scuola in cui si è realizzato uno spreco enorme di risorse materiali ed umane. Qui non si vuol fare dello "sfascismo", tuttavia occorre consapevolmente accettare il fatto, storicamente sempre dimostrato, della non riformabilità delle organizzazioni burocratiche stabilizzate da lungo tempo. Senza voler essere demagogici o massimalisti, occorre prendere seriamente in considerazione la necessità di procedere alla chiusura del Ministero e alla sua sostituzione con un organismo completamente nuovo, dove nei posti di responsabilità siedano dei personaggi non compromessi in alcun modo con la vecchia amministrazione. Diversamente, con Shakespeare, potremo dire: "che anche le più alte e generose imprese (o speranze di riforma) vanno a finire in nulla".
  2. Il secondo provvedimento preliminare è " l'istituzionalizzazione dello strumento degli accordi di programma fra le articolazioni periferiche del MPI, le autonomie locali e le Regioni". Tali accordi dovranno riguardare: la programmazione dell'offerta, l'attuazione dei corsi post-secondari, la definizione di programmi pluriennali in ordine al diritto allo studio, all'orientamento, alla dispersione scolastica e al rapporto scuola/lavoro". Anche qui vale quanto si è detto per il MPI, i Provveditorati agli studi (articolazioni periferiche del MPI) sono luoghi in cui il vessillo dell'inefficienza svetta alto quasi su ogni scrivania, sia quella del dirigente sia quella del rappresentante sindacale stabilmente ivi insediato. I corsi post-secondari, fin qui realizzati dalle Regioni, sono quasi sempre stati assegnati alle varie scuole nel rigido rispetto di criteri clientelari. Il rapporto scuola/lavoro, infine, con chi lo si va a costruire, con le associazioni padronali attente a tutto fuorchè agli interessi della collettività? Probabilmente le articolazioni periferiche del MPI dovrebbero essere semplicemente abolite e le loro funzioni assorbite dalle singole scuole, lasciando al Ministero del Tesoro la gestione degli stipendi e delle pensioni.
  3. Interessante è l'idea di un " sistema nazionale di valutazione, articolato anche a livello periferico, e indipendente dalla struttura del MPI". La finalità di tale sistema sarebbe quella di valutare il funzionamento delle singole unità (scuole), il raggiungimento degli obiettivi generali fissati dal MPI e quello di promuovere gli interventi necessari. L'esistenza di una struttura quale quella delineata sposterebbe finalmente l'accento, dalla valutazione dello studente alla valutazione dell'efficienza della struttura che fornisce il servizio. Tramonterebbe definitivamente l'epoca che ha visto gli studenti nella condizione di doversi adattare alle strutture e storture scolastiche, costretti ad abbandonare fuori dai cancelli delle scuole le loro problematiche insieme al buonsenso. Inoltre il sistema, essendo di nuova costituzione, non correrebbe il rischio di essere fagocitato dai consolidati rituali di una vetusta burocrazia e verrebbe a costituire la punta di diamante del cambiamento. Naturalmente non si vuole qui disconoscere l'impegno di alcune persone, anche di grande valore, che hanno lavorato in tutti questi anni sia al Ministero sia nei Provveditorati, tuttavia il coacervo di storture, di abitudini perniciose, di isole di piccolo e spesso meschino privilegio, presenti in quei luoghi, possono essere superati soltanto dallo smantellamento radicale e dal recupero, in altro luogo e all'interno di diversa struttura, delle persone di valore. Il Ministro prosegue poi affermando la necessità di mettere in condizione le singole scuole di "divenire una sede legittima di decisione superando l'attuale rigidità dei calendari, dei curricola, degli orari cattedra". Poco prima è detto che l'istruzione è affidata ad: "un insieme di comunità scolastiche nelle quali si fa istruzione, ricerca e formazione". Perciò: la ricerca, l'istruzione, la formazione dei giovani e degli adulti, la definizione dei curricola, la suddivisione del tempo scuola e degli orari cattedra, avvengono all'interno della singola unità scolastica e sono decise dagli organi di governo della stessa, mentre la gestione della formazione iniziale e in servizio di dirigenti e docenti, il coordinamento e la distribuzione delle risorse avvengono a livello di Ministero. Le risorse ordinarie giungeranno alla singole unità scolastiche in misura che sarà necessariamente legata al numero degli allievi, mentre quelle perequative (comma 5 dell'art. 15 del disegno di legge Bassanini) potranno essere o fissate oggettivamente, ad esempio legandole ai redditi medi delle famiglie degli studenti, o lasciate al giudizio del Ministero. In quest'ultimo caso si corre il rischio che chi "non ha Santi in Paradiso", riceva assai meno di quelli meglio rappresentati nella commissione all'uopo deputata. Inoltre, quali meccanismi di retroazione sono stati previsti? In altre parole se le singole unità didattiche riceveranno degli insegnanti impreparati o fondi insufficienti, essendo questi distribuiti con criteri clientelari, che cosa potranno fare per porre rimedio a tali storture? È ben vero che occorre non essere patologicamente sospettosi, ma è altrettanto vero che gli uomini non peccano o peccano molto poco solo in presenza di validi presidi dissuasivi.
Veniamo ora al punto più debole della riforma come è stata fin qui presentata: quale sarà la struttura dell'organo di governo delle singole scuole. Il Ministro Bassanini si limita ad affermare (art. 15 comma 1) che estenderà la personalità giuridica, attualmente posseduta dagli Istituti Tecnici e Professionali, sia alle scuole medie sia a quelle secondarie. Attualmente un ITIS, di una certa grandezza (1500-2000 allievi), ha un bilancio di circa dodici-quattordici miliardi all'anno dei quali 150-200 milioni vanno per acquisti di materiali scientifici, suppellettili, macchine per Ufficio, mentre la restante somma è interamente assorbita da: stipendi, assicurazioni, telefono e così via. Tali risorse, oltre ad essere esigue, vengono frequentemente spese in modo poco efficace viste le modalità di formazione della domanda e il carattere spesso parassitario delle imprese che la soddisfano. La spesa è regolata da norme talvolta assurdamente vincolanti: qualche anno fa, ad esempio, dovendo acquistare una ventina di film loop prodotti in Canada e commercializzati da una società con sede a Londra, al prezzo di lire 25.000 cadauno, ci dovemmo rivolgere ad un importatore italiano, il quale ce li fece pagare lire 150.000 cadauno, poichè non era prevista la possibilità di utilizzo di un vaglia internazionale da parte della nostra scuola che pur godeva di personalità giuridica e di autonomia amministrativa. Intorno alle scuole si affollano frequentemente case editrici che, oltre ai libri, commercializzano apparecchiature scientifiche, accade così che un oscilloscopio ( tre milioni) al quale hanno tradotto le etichette, scritte in inglese, sottostanti ad ogni comando, e sostituito la spina di alimentazione con un attacco Magic, venga venduto ad un prezzo doppio rispetto a quello di mercato. Senza contare, infine, l'assenza quasi totale di assistenza. A tale proposito è successo al sottoscritto, di aver fatto acquistare tre apparecchi di Millikan e, non essendo riuscito a porli in funzione, di aver chiesto l'aiuto del venditore il quale rispose: "professore, io gli apparecchi li vendo e non ho la minima idea di come funzionino; si rivolga al produttore che risiede negli Stati Uniti"; inutile aggiungere che quegli stessi apparecchi furono sepolti al fondo di un armadio e il tempo provvide a ricoprirli di polvere. Episodi come questo sono tutt'altro che infrequenti e nelle scuole giace un patrimonio enorme che probabilmente si potrebbe utilizzare. Racconterò ancora un episodio, vissuto in prima persona, che evidenzia l'incertezza della normativa in cui le scuole sono chiamate ad operare, la mancanza di riferimenti certi che contribuisce a creare una situazione refrattaria a qualsiasi cambiamento. Durante una lezione in laboratorio, in cui spiegavo l'esperienza che avremmo dovuto fare la volta successiva, chiesi all'insegnante tecnico pratico di pormi sulla cattedra i materiali che avremmo dovuto utilizzare per mostrarli agli studenti. Questi, andando oltre quanto gli era stato richiesto, montò l'esperienza e diede corrente per provarla. Raramente durante la mia carriera ho potuto collaborare con degli ITP competenti, spesso questi signori possiedono conoscenze decisamente inferiori a quelle degli allievi più capaci. Anche nel caso in questione, la preparazione professionale dell'ITP lasciava alquanto a desiderare, talchè, come diede corrente, lanciò un urlo sovrumano avendo tenuto in mano gli spinotti di due conduttori che aveva collegato direttamente alla tensione di 220 V. Non ricordo bene per quali strade, lo venne a sapere l'Ispettorato al Lavoro che promosse un'inchiesta. Il materiale utilizzato in quella circostanza era di provenienza tedesca e progettato per un impiego a tensioni non superiori ai 30 V. Perciò l'ispettore non trovò di meglio di denunciare alla magistratura: il sottoscritto (assimilato al preposto), il capo dell'ufficio tecnico (assimilato al direttore di stabilimento) e il preside (assimilato al proprietario di un'industria).Uno, e forse il più grave dei capi di accusa, era di non aver fornito istruzioni sufficienti all'ITP (assimilato al dipendente) perchè potesse operare in sicurezza. Fummo rinviati a giudizio e, valutata con i nostri legali e i sindacati la possibilità di uscirne condannati vista l'incertezza delle norme che regolano i rapporti all'interno delle istituzioni scolastiche, decidemmo di dichiararci colpevoli, per fruire dell'istituto dell'oblazione e pagare soltanto una multa di lire 1.500.000 ciascuno. Tali episodi non sono isolati e ognuno ne potrebbe raccontare a decine. Per concludere, autonomia si, ma non con questi Presidi (si veda l'articoletto semiserio intitolato: "Presidi o Dirigenti scolastici"), non con questi Uffici Tecnici, non con questi Consigli d'Istituto e, soprattutto, non con l'attuale quadro normativo, che nell'ottica della tutela del minore appende un'enorme spada di Damocle sul capo di ogni operatore scolastico. Termino con una domanda: è il singolo Istituto la dimensione ideale all'interno della quale realizzare l'autonomia o non sarebbe forse meglio pensare al Distretto come ad un'unica entità costituita da scuola materna, elementare, media e superiori, guidata da un unico organo di governo che programma e coordina interventi relativi all'intera vicenda scolastica del giovane?