di
Luciano Stupazzini
1. Le ragioni dei classicisti Le ragioni per attribuire allo studio delle lingue e della cultura classica un valore formativo generale sono fondamentalmente di tre tipi: a) La cultura greco-latina rappresenta un momento di importanza decisiva per la formazione della cultura occidentale moderna e soltanto la conoscenza delle lingue consente un approccio veramente critico ad essa. b) Lo studio di lingue non più parlate può liberare dall'urgenza di un approccio meramente "comunicativo" ai fatti linguistici e consentirne un'analisi più riflessa e consapevole, che può contribuire alla formazione di un habitus mentale scientifico. c) Il latino, in particolare, pur essendo originariamente la lingua di Roma ed essendosi estesa nel bacino occidentale del Mediterraneo e in Gallia per effetto delle conquiste militari romane, è sopravvissuto per più di un millennio al crollo di quell'impero ed ha rappresentato la lingua della cultura e della scienza in Europa almeno fino a tutto il XVII secolo compreso. Esso ha quindi assunto un'esistenza, in certo modo, metastorica ed è comunque la base comune della cultura europea. 2. Esame critico delle ragioni dei classicisti Queste tre ipotesi di fondo hanno certamente una loro validità storica ed epistemologica. Vale però la pena di considerare anche: I. come sono state di fatto utilizzate per un disegno generale di politica dell'istruzione; II. in quale rapporto possono stare con la cultura del nostro tempo. 2.1 La concezione aristocratica della cultura Proiettiamo le tre presupposizioni (a, b, c) sullo sfondo di una "filosofia dello spirito", per la quale la cultura umana non è altro che il progressivo disvelarsi dello spirito a sé stesso nella storia, mentre le scienze naturali e la tecnologia producono soltanto pseudoconcetti la cui validità è confinata nell'ambito della pratica. Ne deriverà il disegno, internamente assai coerente, della riforma Gentile: la scuola liceale di livello più alto (che garantisce l'accesso a tutte le facoltà universitarie) sarà il liceo classico, cui la presenza di latino e greco e di storia e filosofia garantiscono l'acquisizione piena delle linee di sviluppo fondamentali della cultura umana; in immediato subordine (accesso soltanto ad alcune facoltà universitarie), il liceo scientifico, con il sacrificio del greco per lasciare maggiore spazio alle scienze fisico-matematiche ma ancora con la presenza del latino e dell'abbinamento di storia e filosofia, che può preparare scienziati e tecnici di alto livello, ma pur sempre di formazione culturale elevata e fondamentalmente umanistica; poi, via via scendendo, l'istituto magistrale (ancora con la presenza di latino e filosofia, sia pure pedagogicamente orientati) e gli istituti tecnici (senza latino e filosofia). È ben noto che la riforma Gentile aveva disegnato una scuola nella quale il possesso della cultura (intesa come istruzione liceale- universitaria) era un fatto elitario: né gli operai specializzati, né gli impiegati, né, men che meno, gli artigiani e i lavoratori manuali, vi avevano accesso. Una citazione di parole di Gentile riportata nel vol. VI della Storia del pensiero filosofico e scientifico di L. Geymonat (pag. 359) è molto significativa: "gli studi secondari sono, per loro natura, aristocratici, nel senso migliore della parola, studi di pochi, dei migliori, poiché preparano gli studi disinteressati, i quali non possono appartenere se non a quei pochi destinati di fatto, per loro ingegno o per situazione familiare al culto dei più alti ideali umani". Non c'è da meravigliarsi se il latino e il greco, caratterizzanti la scuola secondaria per eccellenza, saranno poi sentiti come discriminanti classiste. Non è naturalmente vero che queste discipline lo siano di per sé. Lo possono però diventare se divengono una struttura portante di "studi disinteressati" che necessariamente appartengono ai "pochi destinati ... per situazione familiare al culto dei più alti ideali umani"; e non sembri maliziosa l'esclusione dalla citazione delle parole "per loro ingegno", poiché è evidente che questo "ingegno" avrà ben poche possibilità di maturare e rivelarsi in un ambiente familiare di basso profilo socio-culturale. Se dunque si ritiene che ancora oggi lo studio del latino e del greco possa avere valenze formative forti, occorre studiarne l'inserimento nei curricola scolastici in modo da evitare questa pesante ipoteca "classista" (a meno che non si considerino ancora valide le parole di Gentile!). 2.2 Cultura classica e cultura del nostro tempo Che la cultura greco-latina rappresenti un elemento basilare della cultura occidentale (euro-americana) moderna è senza dubbio vero. Tuttavia, gli elementi basilari, proprio perché tali, costituiscono un fondamento: senza il quale, ovviamente, l'edificio non si regge, ma che non ne costituisce né l'unico elemento né l'elemento più immediatamente visibile. Fuor di metafora, ciò significa che la nostra cultura ingloba certamente in sé atteggiamenti conoscitivi, valori etico-politici, acquisizioni scientifico-tecnologiche, immagini archetipiche, canoni estetici risalenti al mondo classico, ma anche che tutti questi elementi costitutivi si sono profondamente ampliati e modificati nel tempo: la nostra epistemologia non è quella degli antichi Greci; i nostri concetti di libertà, di democrazia, del rapporto uomo-donna, dei diritti dell'uomo, non sono quelli dei Romani; l'arte figurativa, dal Medioevo ad oggi, è profondamente diversa da quella classica, anche se spesso ad essa si rifà; la nostra scienza e la nostra tecnologia hanno alcuni fondamenti nei presocratici e nell'età ellenistica, ma sono tutt'altra cosa. Le radici ci sono, certamente, e consentono all'albero di vivere, ma in quanto fanno tutt'uno con esso, così come l'eredità classica è viva in ciò che è in noi, così strettamente connaturato al nostro essere da rendere impossibile separarlo da esso. Se le cose stanno così e se un compito della scuola è quello di trasmettere la cultura del nostro tempo, allora l'attenzione primaria deve essere rivolta ad essa: e non tanto al modo in cui essa si è formata storicamente, quanto al modo in cui si presenta ai nostri occhi e, soprattutto, a quelli degli studenti. Alcuni esempi. Il pensiero politico greco ha certamente impostato un dibattito profondo sulle costituzioni degli Stati, sul loro divenire, sul loro essere e sul loro dover essere; ma quello che ha importanza essenziale per la formazione attuale dei nostri studenti è, prima di tutto, lo studio della nostra Costituzione. Volendo, si possono anche, a partire da questa, ripercorrere le impostazioni erodotee, platoniche, isocratee, aristoteliche, polibiane, ciceroniane sul problema: ed è anzi probabile che un tale percorso a ritroso consenta un approfondimento culturalmente produttivo; ma lo si deve considerare indispensabile? Si può rimanere nella linea tracciata da Aristotele (l'uomo come animale politico) inducendo questa consapevolezza attraverso lo studio della nostra costituzione in italiano. Nella poesia contemporanea (persino nei testi di certe canzoni) sono certamente rintracciabili motivi che risalgono alla poesia greca e latina. Se una lettura critica non può prescindere da questi riferimenti, una fruizione a livello di lettura "ingenua", che è pur sempre operazione culturale impegnata ed impegnativa, ne può anche fare a meno. Si può dare agli studenti un'idea del valore conoscitivo della poesia anche leggendo Eliot e Quasimodo senza aver letto Virgilio o i lirici greci. Probabilmente non si può invece scrivere come Eliot e Quasimodo senza tali letture. La geometria euclidea rimane sicuramente un modello di sistema assiomatico e di rigorosa procedura dimostrativa. Può essere interessante studiare come Euclide abbia cercato di trasformare in linguaggio scientifico il greco comune. Ma il significato profondo di che cosa siano un sistema assiomatico e una procedura dimostrativa può essere colto benissimo, anche senza leggere direttamente Euclide né in greco né in traduzione, da ogni buona esposizione di geometria o di logica formale. Il problema del rapporto fra elaborazione di una cultura critica e mezzi di diffusione di essa, cioè tecnologie della comunicazione, è rintracciabile con chiarezza in Tucidide e Platone; non è però indispensabile leggerli in greco per comprendere la lucidità con cui essi lo avevano esaminato. Gli esempi vogliono indicare che, se si studiano seriamente i problemi culturali del nostro tempo, siano essi politici, antropologici, estetici, scientifici o di altra natura, con questo stesso si fa rivivere la cultura classica, poiché l'impostazione di quei problemi è da essa fortemente condizionata; e la si fa rivivere non come "ricostruzione" ma come linfa che ancora ci alimenta. 3. Ipotesi per una collocazione razionale della cultura classica nei percorsi formativi Sulla scorta delle considerazioni precedenti, si può ora tentare una proposta di collocazione della cultura classica nei curricola di una scuola riformata secondo i principi della riorganizzazione dei cicli. 3.1 Elementi di cultura antica nel ciclo primario (età fra i 6 e i 12 anni) La mia incompetenza nel campo di questo livello di istruzione non mi permette di avanzare ipotesi metodologiche. Dal punto di vista contenutistico, mi sembra che in questa fase di età possa essere appropriato un primo approccio a: - elementi del mito, esposti in una forma narrativa tale che consenta anche di intravederne gli aspetti antropologici e psicologici fondamentali; - elementi di preistoria, protostoria e storia antica, soprattutto in riferimento al territorio e con l'uso di visite a monumenti e musei, ricostruzioni plastiche e virtuali, giochi di ruolo; - elementi di tecnologia dell'uomo antico, anche con la costruzione di modellini di strumenti; - elementi favolistici e fantastici della letteratura classica, naturalmente rinarrati in forma adatta all'età, anche con strumenti grafici ed informatici. 3.2 La cultura classica nell'anno di orientamento generale (età 12-13 anni) Come francamente ammetteva il documento di lavoro del Ministero della P.I. del gennaio 1997 (§2a.), questo anno "è il più difficile da immaginare". Il suo scopo dovrebbe essere quello di offrire, "accanto allo studio di alcune materie definite fondamentali ... un ventaglio più allargato di grandi opzioni e dei corrispondenti percorsi". Queste "grandi opzioni", per essere tali, debbono evidentemente identificarsi non con singole discipline, ma con "aree": per esempio, area linguistico-letteraria, area storico-giuridico-economica, area fisico-matematica, area naturalistica, area tecnologica, area delle arti non verbali. Occorre quindi immaginare, per ognuna di esse, uno o più percorsi di durata variabile (mensile, bimestrale, trimestrale) che consentano allo studente di rendersi conto, sia pure in forma provvisoria, dei caratteri portanti delle diverse discipline e attività fra le quali sarà chiamato a scegliere. In tale prospettiva è evidente che non si può pensare ad un insegnamento tecnico delle discipline. Si potrà soltanto dare una prima idea dei problemi che le singole aree sono chiamate ad affrontare e delle attività lavorative e professionali corrispondenti. Gli elementi di cultura classica che potranno essere presentati in questi percorsi potrebbero afferire a tutte le aree sopra indicate, naturalmente diversificandosi in ognuna di esse. Le aree privilegiate sono quella linguistico-letteraria e quella storico-giuridico-economica. In queste i percorsi potrebbero contenere alcune indicazioni relative alla cultura greco-latina su tematiche come le seguenti: - le lingue dell'uomo: perché le si studia; come funzionano; come le si impara; l'attività del tradurre; lingue naturali e lingue artificiali; - la letteratura: perché si scrivono opere letterarie; come funzionano le opere letterarie; come si fruiscono le opere letterarie; - la storia: perché si studia la storia; la storia come res gestae e come historia rerum gestarum; i rapporti fra gli uomini e la loro codificazione nel diritto; storia ed economia. Anche in altre aree, tuttavia, la cultura classica potrebbe essere presente, per esempio con tematiche di questo genere: - le differenze fra la matematica greca e le matematiche orientali; - musica e matematica; - l'invenzione del teatro; - l'idea del cosmo (ordine e bellezza) nella scienza e nell'arte; - un'antica tecnologia: la medicina. Tematiche di questo tipo potranno essere sviluppate, naturalmente, tenendo conto dell'età dei destinatari. Il che significa: in forma né sistematica né tecnica, ma divulgativa: dove tuttavia "divulgativa" non è affatto necessariamente sinonimo di "banale". Esiste, nella produzione editoriale non specificamente scolastica, una divulgazione per ragazzi più che dignitosa ed in forma abbastanza attraente, che forse varrebbe la pena di tenere in considerazione anche nell'ambito della didattica e di potenziare su richiesta della scuola. 3.3 La cultura classica nel biennio di orientamento mirato (età 13-15 anni: conclusione dell'obbligo) Nella prima fascia di età lo studente dovrebbe già avere scelto, sia pure in maniera non irrevocabile, fra "indirizzi diversi già nettamente caratterizzati" (Documento di lavoro § 2a. e Disegno di Legge Quadro art. 7 commi 1 e 4). Gli indirizzi si collocherebbero all'interno di cinque grandi aree: umanistica, scientifica, tecnica, tecnologica, artistica e musicale. È molto difficile, senza conoscere nulla sulle caratteristiche di tali indirizzi, avanzare proposte sensate di contenuti e di metodi, tanto più che questo biennio dovrebbe configurarsi contemporaneamente come conclusivo dell'obbligo e propedeutico per il triennio superiore. Nella prima prospettiva (conclusione dell'obbligo) occorre pensare a quali potrebbero essere le conoscenze sul mondo classico culturalmente produttive per un giovane avviato ad una formazione professionale di base. Certamente non la conoscenza delle lingue, che comunque rimarrebbe ad un livello elementare. Più persuasiva appare invece l'idea di un approfondimento di qualcuna delle tematiche già proposte per l'anno precedente, nonché quella di una storia del territorio che, per la totalità delle regioni italiane, risale necessariamente almeno all'età romana. Per divenire patrimonio generale, queste conoscenze non dovrebbero essere confinate in un ambito disciplinare opzionale ma inserite come elementi modulari nell'area comune, nella quale potrebbe trovare posto anche qualche considerazione linguistica sui rapporti fra latino e lingue romanze, ma anche fra latino e lingua inglese. Nella seconda prospettiva (propedeuticità al triennio superiore) occorre invece decidere per quali indirizzi si ritenga necessario lo studio della cultura classica anche nei suoi aspetti linguistici (latino e greco o solo latino). Nell'ipotesi, ad esempio, che all'interno della grande area umanistica esistessero indirizzi denominati linguistico-letterario classico, linguistico-letterario moderno, storico- giuridico, sarebbe facile sostenere l'ipotesi di una presenza necessaria del latino e greco nel primo e del solo latino negli altri. Non è però priva di fondamento l'osservazione che una conoscenza della lingua greca e latina potrebbe essere di qualche interesse anche per l'area tecnologica e per quella artistica e musicale, anche se naturalmente non si può ragionevolmente sostenere che qui essa costituisca un elemento caratterizzante l'indirizzo. Analoga considerazione si può avanzare per l'area scientifica. A proposito della quale è però il caso di sgomberare preliminarmente il campo da un luogo comune troppo spesso ripetuto: che, cioè, lo studio del latino serva alla costruzione di un habitus mentale scientifico. Ciò non è né vero né falso. Se si insegnano con metodo scientifico, tutte le discipline contribuiscono alla costruzione di quell'habitus; insegnata ascientificamente, nessuna disciplina ha, in sé, tale capacità. Se può essere talvolta vero che negli attuali licei scientifici, la versione di latino è l'unica attività veramente scientifica (in quanto effettivamente orientata ad attività di problem solving), ciò significa soltanto che le discipline cosiddette scientifiche non vi sono insegnate con metodo scientifico, non sono cioè impostate nell'ottica del problem solving. In realtà, l'esigenza fondamentale per formare valenti scienziati, non è che essi studino il latino o il greco: è che conoscano, teoricamente e operativamente, la metodologia della scienza e non ne ignorino la problematica epistemologica. Il che naturalmente non esclude che, anche per lo studio delle scienze, il latino possa presentare qualche interesse, soprattutto di natura storica, visto che molte opere fondanti della scienza moderna sono state scritte in latino. Ma, ponendosi in un'ottica di questo tipo, si potrebbe sostenere con ragioni ancora più forti, che per la scienza è fondamentale anche lo studio del greco, dato il ricorso amplissimo al patrimonio lessicale greco nella nomenclatura e nell'apparato epistemologico di qualsiasi scienza contemporanea. Si potrebbero quindi prevedere anche percorsi diversificati: latino e greco (o latino soltanto) come discipline di indirizzo per i diversi indirizzi dell'area umanistica; "elementi di latino" e "elementi di greco" come moduli opzionali o crediti formativi per studenti di qualsiasi altra area della scuola superiore. 3.4 La cultura classica nel triennio della scuola superiore (età: 15-18 anni) Questa è ovviamente la fascia in cui l'insegnamento disciplinare può esplicitarsi in una prospettiva propriamente specifica e tecnica. Diviene perciò importante che, ovunque venga inserito come specifico dell'indirizzo prescelto, l'insegnamento delle lingue e lettere classiche, come del resto quello di tutte le altre discipline, si basi su una consapevole ricerca metodologico-disciplinare. Solo così diverrà possibile selezionare contenuti e costruire percorsi in modo da porre in rilievo i "nuclei fondanti" delle discipline. Infatti la lunga tradizione grammaticale, filologica e didattica cui si appoggia la prassi didattica (e la produzione editoriale) delle lettere classiche deve essere profondamente ripensata alla luce di quelle che, nei due documenti sui saperi fondamentali, sono definite "ottiche, teorie, linguaggi" del Novecento. Per convincersi di quanto sia imprescindibile questa necessità di ricerca metodologico-disciplinare, basta pensare che praticamente nulla della linguistica del Novecento, da Saussure a Chomsky, è stato trasferito nella didattica del latino e del greco; e che, parimenti, ben poco le teorie letterarie del nostro secolo hanno influenzato il modo di presentare le letterature classiche, che resta ancorato ad uno storicismo spesso banalmente confuso con l'esposizione lineare e tendenzialmente esaustiva dei fatti letterari di Grecia e Roma. Nella scuola italiana sono in realtà presenti gruppi di docenti di lettere classiche che già hanno intrapreso una riflessione metodologico-disciplinare orientata alla ricerca dei nuclei fondanti e alla costruzione di moduli relativi a tematiche significative delle culture classiche. Le linee di tendenza di questa riflessione sono schematizzabili come segue. - Per l'aspetto linguistico: un'impostazione mirante all'acquisizione di una competenza esclusivamente ricettiva; l'utilizzazione di concetti portanti della linguistica moderna, quali quello della verbodipendenza, capaci di sostituire vantaggiosamente l'analisi cosiddetta "logica" tradizionale; l'imprescindibile necessità di un'acquisizione sicura del lessico fondamentale. - Per l'aspetto letterario: il mantenimento di uno sfondo storico-cronologico quale time line portante sulla quale inserire, come attività preminente, lo sviluppo di una serie di moduli relativi a temi, generi e topoi letterari, strutture antropologiche dell'immaginario; soluzione, questa, che, riununciando al mito dell'esaustività, consentirebbe il superamento della dicotomia, ormai del tutto insostenibile, fra testi e storia letteraria e permetterebbe anche lo sfondamento della barriera cronologica rappresentata dalla fine del mondo antico, in direzione di un recupero, attraverso il comparativismo letterario, della latinità medievale e moderna. Come si vede sono tendenze che sembrano ben compatibili con le linee generali dei documenti sui saperi, in particolare con il riferimento alla necessità di "alleggerimento dei contenuti disciplinari" di cui si parlava al punto 2.3 della Sintesi del maggio '97. Forse non è inutile ribadire che "alleggerimento dei contenuti" non significa dequalificazione della serietà degli studi. È molto più serio studiare in maniera approfondita alcuni argomenti significativi, sapendo che ve ne sono molti altri egualmente importanti di cui, per i limiti intrinseci alla conoscenza umana individuale, non ci si è potuti occupare, che far finta di conoscerne, per sentito dire, molti. A proposito di cultura classica: non era questo il modo di pensare di Socrate? Luciano Stupazzini già docente di latino e greco nei licei classici consulente dell'I.R.R.S.A.E. Emilia Romagna e-mail: stps30k1@bo.nettuno.it