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Scuola, devolution e politica
Antonio Limonciello
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Ho provato a dare un'occhiata a dei dati del MIUR su alunni-classi-insegnanti.
Calcolando il rapporto alunni/docenti, ne esce fuori che il Nord ha il rapporto più basso in assoluto, come dire: la scuola del Nord già adesso assorbe più risorse del centro e del sud.
Scuola dell'infanzia + elementari+ medie
Numero di alunni per insegnante:
Italia: 9,8
Nord: 9,6
Centro: 9,9
Sud: 10,08
Scuola dell'infanzia
Numero di alunni per insegnante:
Italia: 12,22
Nord: 12,56
Centro: 12,01
Sud: 11,99
alunni per sezione
Italia: 23
Nord: 24
Centro: 23
Sud: 22
Scuola elementare
Numero di alunni per insegnante:
Italia: 9,78
Nord: 9,20
Centro: 9,70
Sud: 10,39
alunni per classe
Italia: 18
Nord: 18
Centro: 18
Sud: 19
Scuola media
Numero di alunni per insegnante:
Italia: 8,47
Nord: 8,19
Centro: 8,80
Sud: 8,57
alunni per classe
Italia: 21
Nord: 21
Centro: 21
Sud: 21
Ma allora scuola regionale perché?
- Perché attualmente il Nord assorbe risorse che sono di troppo poco superiori alle altre parti del paese? Facendo i conti sui redditi delle varie regioni è vero. Le regioni ricche potrebbero avere a disposizione delle scuole molti fondi in più rispetto alle ultime.
- Un problema davvero di cultura locale, di "libertà culturale"? Pensate davvero che la scuola regionale possa essere più libera di quella nazionale? Cioè basta spostare da Roma a Milano le decisioni e Bormio avrà più libertà? E libertà per quale cultura, a quale gamma di opzioni culturali pensano i promotori di questo decentramento?
Mi pare di capire che si parla di dialetti e storia locale.
Scusate, esperti linguistici, ma oggi il dialetto è veicolo di cultura autonoma, strumento espressivo di soggettività non rappresentabile attraverso altre lingue? Il dialetto oggi costituisce ancora elaborazione linguistica, possibilità di arricchimento espressivo, o piuttosto esso è solo lo scimmiottamento di quanto veicolato a livello globale baipassando le lingue nazionali?
Ad ogni modo, da dilettante credo che il rapporto globale/locale non abbia qui il centro nevralgico.
La storia poi, passeremo dalla necessità di superare l'eurocentrismo alla visione padana degli accadimenti?
Ma cosa vuol dire?
Al di là dei soliti schieramenti mi piacerebbe sapere se c'è qualcuno, oggi e non nell'Italia del dopo guerra, che possa presentare qui una prospettiva credibile e profonda delle motivazioni che hanno accompagnato la legge sulla devolution.
Sul piano del sentire poi mi fa venire tristezza, un senso di isolamento, di povertà di opportunità culturali.
Continuo a pensare che le soluzioni che si stanno adottando in Italia siano dettate dalla paura anziché dal coraggio. Il celodurismo è solo una delle tante forme espressive dell'impotenza.
7 dicembre 2002
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