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Dell’educare. 96
“… nessuno dovrebbe fare l’insegnante…”
Aldo Ettore Quagliozzi
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Ho avuto una infinità di esitazioni nel proporre la riflessione da me raccolta tanti anni or sono, e che di seguito trascrivo, citazione tratta dall’inesauribile volume “Ai piedi del maestro [1910]” di J. Krishnamurti [1895-1986]. Perplessità che derivano dalla mia convinzione, forse errata, che i tempi correnti non siano i più sensibili alle proposizioni della citazione stessa. Mi ero convinto, errando forse, che la stessa fosse anacronistica, fuori dal tempo, velleitaria, con un sentore stantio, come di cose vecchie, inutili e perciò superate nel tempo. Fuori dalla scuola da tanto tempo oramai ci si sente come dei sopravvissuti che continuano a pensare, o a sognare, un mondo educativo impossibile nell’era della tecnologia estrema e della comunicazione divenuta globale. Ho dovuto farmi forza per riprendere la citazione e per scriverne qualcosa.
Alla fine mi ha dato forza e convinzione una riflessione del professor Umberto Galimberti che ho utilizzato, a suo tempo, per chiudere il mio lavoro editoriale “I professori” – AndreaOppureditore (2006) - che, in parte, trascrivo:
“(…)…non c'è riforma della scuola che possa cambiare davvero qualcosa se i professori non si lasciano sedurre, corrompere e commuovere da quei ragazzi, più o meno dissestati, che incontrano ogni mattina quando entrano in classe. I professori sono soliti interrogare gli studenti per verificare la loro preparazione, ma già una grande rivoluzione sarebbe se, segretamente, i professori si facessero interrogare dagli studenti, a partire da quella semplice domanda (…): - Che ci faccio io qui? -. Una domanda inquietante che interroga la propria idoneità a occupare la cattedra, la propria disponibilità a prendersi cura degli altri, la propria capacità a seguire, oltre ai percorsi intellettuali dei propri studenti, anche quelli più tortuosi e nascosti delle loro emozioni, fino a toccare la loro passione, primo motore dell'interesse e della voglia di vivere e crescere. (…)”
Ecco il punto. Cambiano i tempi, cambiano velocemente e si sviluppano prepotentemente le tecnologie, ma il mondo a volte imperscrutabile della psiche degli esseri umani, il mondo delle loro emozioni, delle loro relazioni, quel mondo resiste, ancorato com’è ad una realtà anche biologica che non demorde, che non lascia spazio, e che di continuo richiama ansie, sentimenti e paure antiche, a dispetto di tutte le invenzioni, di tutte le scoperte e/o di quant’altro ancora saremo fortunatamente, o fortunosamente, chiamati a vedere nel nostro mondo sensibile.
Forte, fuori dal tempo la riflessione di J. Krishnamurti? Sarebbe buona cosa che gli educatori ci riflettessero sopra e ne parlassero.
“(…)… nessuno dovrebbe fare l’insegnante – a nessuno dovrebbe essere permesso di esserlo – a meno che non abbia dimostrato, nella sua vita quotidiana, che l’amore è la più forte qualità della sua natura. Si potrà forse domandare:come possiamo noi accertarci se una persona possiede un sufficiente grado d’amore da renderla degna di fare l’insegnante? Allo stesso modo che un fanciullo, fin dai primi anni, manifesta la sua naturale attitudine per una professione o per l’altra, così una natura spiccatamente affettuosa dovrebbe indicare che il fanciullo è particolarmente adatto a diventare istruttore. Tali ragazzi dovrebbero venire deliberatamente allenati per la carriera d’insegnante, allo stesso modo che si allenano dei giovani per altre professioni. (…)”.
agosto 2011
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