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Dell’educare. 92
… se voglio cercare qualche punto di contatto con gli alunni …
Aldo Ettore Quagliozzi
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Ma lo si vuole veramente cercare un “ qualche punto di contatto con gli alunni “?
Sarebbe lodevole e necessaria impresa, sol che si volesse incontrare la reale umanità dei giovani e non tanto l’artefatta presentazione che essi, stante la loro giovane età, e con fatica immane, cercano di dare di se stessi. La migliore immagine di se stessi, così come del resto anche i cosiddetti “adulti“ si ingegnano a fare nelle relazioni umane e per scopi pratici più immediati.
Mi trovo a frequentare, spessissime volte, una giovanissima coppia di genitori. Ad ogni manifestazione che sia “fuori dalle righe“ di una loro giovanissima creatura, non trovano di meglio che ascrivere quelle sue devianze ai cosiddetti “vizi“ dei bambini. Vizi. Mi sono tante volte speso in raccomandazioni affinché quelle manifestazioni non venissero da loro semplicisticamente liquidate sotto quel generico “titolo“, ma intese semmai come segnali insopprimibili e spesso allarmanti lanciati agli adulti al fine di manifestare "esigenze o bisogni emozionali“ proprie di quell’età.
"Esigenze o bisogni emozionali“ che variano nel tempo nella vita degli umanizzati e che configurano fortemente quelle loro diverse stagioni.
“… per non sfigurare agli occhi dei miei insegnanti…“ quante volte abbiamo mentito a noi stessi? E per non sfigurare con il capoufficio, con il proprio datore di lavoro, o comunque con qualsivoglia persona che si ritenga possa influire sul corso della nostra vita, o altre volte per non tradire le aspettative loro, quante volte abbiamo mentito e messo a tacere di prepotenza le nostre “esigenze o bisogni emozionali“?
Pensare a questo, soprattutto nel campo delicato dell’educare, sarebbe una pratica sana e di grande spessore morale.
Traggo la breve riflessione di seguito trascritta da quello straordinario lavoro pedagogico che è stato per me il volume “Solo se interrogato“ dell’illustre collega Domenico Starnone.
“( … ) … mi convinco che, se voglio cercare qualche punto di contatto con gli alunni a cui insegno quest’anno, devo riesumare non l’allievo che mi sono sforzato di essere parecchio tempo fa – un allievo tutto sommato lodevole – ma l’allievo che tenevo ben nascosto, dietro le apparenze, per non sfigurare agli occhi dei miei insegnanti. Faccio un po’ di sospetta fatica, però, nel compiere questa operazione. Scopro che mi dà fastidio pensarmi così, doppio. Poi però piano piano ci riesco. ( … )”
marzo 2011
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