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Non erano nemmeno le otto di mattina
Giulia Maria Raffa
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Non erano nemmeno le otto di mattina, seduto sul sedile della metropolitana, stropicciandomi gli occhi e lottando contro il sonno ho visto un uomo italiano che divorava una pizza grande come un ombrello, davvero una scena … strana per me che sono senza tetto da quando ho perso tutto a causa della mia passione per il gioco d’azzardo. Mi sono messo a pensare che c’è chi ha tutto e non si sazia mai e dall’altra parte c’è chi non ha nulla e purtroppo vede solo problemi, abbandonato al suo destino difficile. Alla stazione vedo gente disgustata dalla mia situazione, mi vergogno di definire nazione un paese privo di umanità, dove per prendere una semplice metro ogni giorno ti trovi a discutere con persone che sai che non sarebbero capaci nemmeno per un secondo di mettersi nei tuoi sporchi panni. Quando perdi una casa perdi tutto. L’affetto di chi ti era accanto, perché si sente deluso da te e dai tuoi comportamenti sbagliati. La reputazione di chi hai frequentato sin dai tempi delle elementari. Ti ritrovi senza niente, così … puf! Solo perché non hai pensato o non ne hai avuto il tempo necessario affinché non ti crollasse il mondo addosso. Ti ritrovi ladro, malfattore e spesso incivile solo per cercare in qualche modo di sopravvivere. Quando passo davanti ai ristoranti mi trovo a guardare gente, aspettando gli scarti della loro sazietà, perché a me anche solo pochi avanzi danno un sorriso, ad altri invece fanno solo ribrezzo. Vedo gente come me che si scalda le mani col fiato, e a questo proposito una volta, quando avevo ancora la possibilità di stare in contatto con il mondo, lessi il testo di una canzone che diceva:” chi si scalda le mani col proprio fiato, chi invece dal caldo è soffocato, dal termosifone dell’avidità, chiude porte in faccia senza pietà. Ninna nanna per i senza tetto, solo freddo e un giornale, chi legge il quotidiano e chi lo usa per dormire, tanta fame e poca compagnia, ignorato dalla società”. E pensare che una realtà del genere mi era così lontana. Mi era sempre stato dato tutto nella vita con molta facilità, la stessa con cui sono riuscito a perdere ogni avere. Erano ormai quasi due mesi che mi trovavo in questo stato e già mi sembra un’eternità. La gente non mi guarda più in faccia ed io ne soffro molto dato che sono una di quelle persone così socievoli che non vede l’ora di fare nuove amicizie e conoscenze. E’ come se dentro me ci fosse il vuoto più assoluto. Provo a pensare a dei modi per riprendermi ciò che mi è stato tolto ma non ci riesco. E’ assurdo come ogni minima cosa mi faccia pensare a questa vita senza prospettive e sentimenti. Ad esempio oggi mi trovo qui, a inizio giornata seduto in una metro a vedere questo mio concittadino italiano mangiare un’enorme pizza, mentre io sono qua a piangere su me stesso e sui miei errori.
novembre 2010
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