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La tecnè della L.I.M.
Eliana Flores
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1 - l’agorà della classe
Passare da un paradigma tecnologico ad un altro vuol dire inserire una dimensione diversa da quella corrente: così un paradigma tecnologico potrebbe sostituire il precedente affrontando la stessa classe di problemi utilizzando principi diversi.
Non soltanto: il cambio di paradigma tecnologico muta l’orizzonte di riferimento di un “testo” e muta il circuito della comunicazione; la tecnologia L.I.M., in aggiunta, modifica il campo visivo della classe e crea condizioni molto favorevoli per esternalizzare l’attività cognitiva rendendola libera “dal suo carattere implicito, rendendola più pubblica, negoziabile e solidale. Al tempo stesso la rende più accessibile alla successiva riflessione e meta cognizione; …esternalizzare il lavoro mentale in un’oeuvres più palpabile…produce una testimonianza dei nostri sforzi mentali….è un po’ come produrre una bozza, una brutta copia, un modello dimostrativo” (J. Bruner- “La cultura dell’educazione” – Feltrinelli, 2000). Difatti, prosegue: “…probabilmente la più grande pietra miliare nella storia dell’esternalizzazione è stata l’invenzione della scrittura, il fatto di mettere pensiero e memoria lì fuori…”, ma avverte, nel contempo, che: “…esistono certamente miriadi di modi in cui un pensiero che è frutto negoziazione può essere esternalizzato sotto forma di oeuvres comuni – e molti modi in cui queste opere possono essere utilizzate nelle scuole”.
La tecnologia L.I.M. è un concentrato d’aula, ma anche un sistema per l’apprendimento: presenta quindi un certo valore aggiunto, quello di essere un ibrido:
a) un mega (come la lavagna tradizionale di ardesia) schermo di tutta la classe
b) dotato di memoria (come il pc),
c) con repository (come libri e quaderni):
La presenza di una L.I.M. in classe arricchendo, con la versatilità del suo utilizzo, il ventaglio metodologico nel processo di insegnamento/apprendimento, presuppone necessariamente scelte didattiche preliminari, tra le quali, la più evidente è la seguente: con la tecnologia L.I.M. soltanto il docente predispone l’unità di apprendimento o anche gli studenti prendono parte attivamente alla “costruzione” della lezione? Ed inoltre: può relegarsi alla L.I.M. esclusivamente il ruolo di “luogo di verifica” come avveniva con la lavagna di ardesia? Come entrano a far parte della valutazione complessiva dell’allievo le competenze tecnologiche sulla L.I.M.?
2 - progettazione di una lezione, unita’ di apprendimento, modulo didattico con la L.I.M. e disabilita’
Progettare una lezione per uno studente con l’ausilio della L.I.M. non può voler dire necessariamente che quella stessa opera editoriale (perché tale è) possa essere “usabile” anche per studenti con disabilità.
Quanto alla necessità di porre questo genere di questioni – l’accessibilità – anche per la organizzazione di unità di apprendimento con la L.I.M. non possono esserci dubbi, visto l’innalzamento di attenzione e risorse pubbliche evidenti, onde rendere giustizia al costituzionale principio di uguaglianza sostanziale (http://www.accessibile.gov.it/).
Una finalità da tener costantemente presente potrebbe esser quella di rispettare i contenuti didattici della programmazione con l’adozione di un nuovo idoneo linguaggio.
Tradizionalmente la disabilità è basata sul modello medico, pertanto presenta i seguenti caratteri:
1. causalità lineare da menomazione ad handicap
2. assenza della dimensione ambientale
3. descrizione dello status in termini negativi.
L’ingresso della L.I.M. nella didattica tradizionale può essere la giusta occasione per valutare un nuovo modello di disabilità, quella sociale ovvero di contesto, come il Modello I.C.F. International Classification of Functioning, Disability and Healt (http://www.who.int/classifications/icf/en/), che è un modello:
1. universale: un continuum tra salute e disabilità – interessa tutti
2. integrativo: comprende fattori biologici, psicologici e sociali
3. interattivo: modello complesso, comprendente interazioni multiple tra le persone, la loro salute ed il loro habitat.
La considerazione del modello dell’I.C.F. presuppone un mutamento “culturale”:
Per disabilità si intendono diversi ambiti; ed in ogni ambito si possono enucleare dei punti da tenere in considerazione quando si utilizza la L.I.M.:
attivita’ e partecipazione
1. apprendimento ed applicazione delle conoscenze
2. compiti generali, richieste, verifiche, consegne
3. comunicazione
4. movimento
5. interazioni personali
fattori ambientali
1. prodotti e tecnologie esistenti
2. relazioni e sostegno del gruppo e degli operatori
3. atteggiamenti, valori, convinzioni
fattori personali
1. genere
2. età
3. altre condizioni di salute
4. background sociale
5. educazione
6. esperienze passate
7. stile del carattere.
La L.I.M. diviene una “tecnologia assistiva” a portata di mano e sempre disponibile per la conversione equivalente dell’informazione da un organo di senso compromesso ad un altro:
1. dalla vista (schermo) all’udito (sintesi vocale, voce narrante, etc…)
2. dall’udito (documenti audio) alla vista (la lezione viene facilmente e quotidianamente proiettata su un grande schermo interattivo).
Inoltre la L.I.M. può essere considerata un dispositivo “in modalità differente”, pertanto:
1. un mouse speciale (per disabili motori e altre disabilità)
2. una tastiera speciale (per disabili motori e altre disabilità)
3. un ingranditore di testo (per ipovedenti)
4. un dispositivo di personalizzazione della modalità di visualizzazione dei contenuti con scelta di colori, dimensioni carattere, etc…
5. un supporto di spiegazioni testuali dei contenuti visualizzati ossia alternative testuali equivalenti sempre possibili con minimo impegno.
Un’attenzione particolare va rivolta ai ragazzi affetti da epilessie fotosensibili (frequenza di funzionamento posizionate all’interno di un determinato range: tra 2 Hz e 55 Hz).
Nella progettazione didattica cosa andrebbe considerato?
1. le necessità concrete dello studente, più che quelle immaginate dal docente, magari intento a predisporre la migliore lezione possibile, pertanto tener conto delle diverse esigenze: modalità di lettura, tecniche di navigazione della lezione….
2. chiedersi sempre se la modalità di fruizione dell’unità di apprendimento sulla L.I.M. debba essere a colpo d’occhio (i contenuti visivamente prospettati danno la percezione immediata dell’argomento); oppure lettura a scansione del testo (il testo non viene letto parola per parola, ma cadenzato, cercando di ricavare il significato dell’intera frase da alcune parole o parole-chiave in essa contenute), tenendo presente che la lettura a schermo “viaggia con il 25% di ritardo” di quella su carta.
Se si progetta a colpo d’occhio pagine, schermate, contenuti andrebbero organizzati in isole caratteristiche secondo il tipo di informazione in esse incluse e l’architettura informativa andrebbe approntata con intitolazioni ordinate gerarchicamente dal generale al particolare;
3. gli elementi grafici vanno gestiti in modo da non creare rumore visivo o lezioni carnevalesche;
4. l’informazione visiva (ovvero l’informazione auditiva) deve essere chiara e coerente, evitando di attribuire lo stesso significato a simboli grafici diversi e tenendo presente che la rappresentazione tipografica di elementi strutturali è bene che sia sempre la stessa;
5. va prestata molta attenzione alla struttura del testo, alla sua scansione, utilizzando, ad esempio, le intestazioni come micro-contenuti, suddividendo il testo in zone, in topos (luogo, in senso letterale), separando tipograficamente un paragrafo dall’altro, riducendo il numero di parole di una zona rispetto al numero di parole che si sarebbe utilizzato su carta o nell’esposizione orale della stessa unità di apprendimento, scrivendo per “liste”, aumentando la leggibilità “fisica” del testo dimensionando adeguatamente interlinea e caratteri, caratterizzando tipograficamente il testo di elementi strutturali, come intestazioni e links diversamente da altri tipi di testo;
6. le parole significanti andrebbero opportunamente dosate perché tante parole significanti equivalgono a nessuna;
7. l’orientamento nella fruizione dell’unità di apprendimento con la L.I.M. non deve essere un ostacolo;
8. dovrebbe riflettersi circa la scelta più opportuna di strutturazione classica del testo (introduzione, esposizione, argomentazione, conclusione, riflessione) e, se del caso, utilizzare il metodo della piramide invertita, cominciando dalla conclusione;
9. nella predisposizione di un contenuto sotto forma di “lista” verificare che sia rispettato il principio della concordanza: a – del contenuto (le voci devono essere omogenee, riferirsi cioè alla stessa classe di informazioni o di dati); b – grammaticale (o tutti sostantivi o tutti verbi, o tutti con l’articolo o tutti senza); c – visivo (tutte le voci della lista devono essere introdotte dallo stesso simbolo grafico e di lunghezza/larghezza/aspetto/format simile);
10. deve esserci coerenza anche nell’informazione sonora, pertanto scegliere se attribuire ad essa la parte di un “primo livello” di lettura del testo ovvero un concentrato di contenuto ovvero addirittura completa corrispondenza con il testo sullo schermo interattivo ovvero attribuire all’informazione sonora un’”informazione equivalente” di immagini, testi, altro;
11. scegliere tra paginazione e scrolling;
12. scegliere tra un’organizzazione di topics associativa ovvero gerarchica ovvero ipertestuale (Bolter, op. cit.: “..imponendo dei collegamenti predeterminati, l’autore defrauda il lettore della possibilità di seguire le proprie associazioni di idee…”);
13. scegliere adeguatamente i topoi (le etichette utili) ed i simboli-parola;
14. scegliere un sufficiente contrasto testo-sfondo secondo le esigenze dello studente, anche se è dimostrato essere un vantaggio per tutti perché un sufficiente contrasto testo-sfondo diminuisce la resistenza nella lettura;
15. evitare caratteristiche tipografiche che non restituiscono bene un testo ingrandito (è di più difficile lettura il carattere corsivo; il giustificato pone problemi a causa della diversa spaziatura che è solita generarsi; anche il testo a mano libera e la sovrascrittura, possibili con la L.I.M., possono creare complicazioni); il corsivo ed il giustificato in genere caricano la lettura ed hanno poco valore informativo e stilistico utilizzati a schermo;
16. progettare per disabili può dover significare non dare valore alla caratteristica “colore” per veicolare informazioni, contenuti (esempi per “prove colore” nel daltonismo in: Adobe, problema che sarebbe auspicabile si rendessero conto i produttori di sw per L.I.M.);
17. prestare attenzione al “carico cognitivo” (diminuire il numero di proposizioni incidentali, eliminare le nominalizzazioni dei verbi e le “catene di nomi”);
18. verificare la possibilità di predisposizione di testi a diversi livelli di complessità per il raggiungimento degli obiettivi;
19. verificare l’inserimento di “glossari controllati” (sottoinsieme di lemmi, ad es. una lista di sinonimi) come facilitatori del processo di apprendimento;
20. verificare l’eventuale inserimento di “thumbnail image” (immagine in formato ridotto che, cliccata, si ingrandisce);
21. verificare l’eventuale inserimento di un selettore di lingua.
La tècne della L.I.M. deve ampliare l’agorà per l’alunno con disabilità.
3 - l.i.m. e “ambiente” didattico sostenibile
Le spinte tecnologiche hanno generato la convinzione che si potesse sic et simpliciter migrare senza traumi da un regime live ad un altro misto con l’on line, senza una progressione matura frutto di comparazioni, riflessioni, analisi, addestrando solo la tecnologia.
Università, aziende i.c.t., pubbliche amministrazioni, e persino scuole hanno aperto le porte alle nuove tecnologie viste più come nuova occasione di business, marketing, etc…, nell’ottica che i problemi fossero solo di natura tecnologica, incapaci poi di gestire nel medio e lungo termine il processo complessivo e valutare le effettive ricadute didattiche.
Come osservano T. Winograd e F. Flores in “Calcolatori e conoscenza” – EST – Mondadori, 1987, “La creazione di un nuovo dispositivo….può avere un significato ad ampio raggio, cioè essa crea nuovi modi di essere che non esistevano in precedenza….Per esempio, le tecniche sistematiche di contabilità non facilitano soltanto l’aggiornamento dei dettagli finanziari dello svolgimento di un affare. Sono diventati possibili nuovi modi di fare affari – in realtà nuovi commerci che si occupano di transazioni finanziarie – e l’intera attività finanziaria della società si è evoluta in accordo con la struttura del nuovo dominio”.
E così è errato credere che le competenze sulla L.I.M. siano competenze meramente tecnologiche.
Parlare di L.I.M., di tecnologie applicate all’istruzione non deve essere come parlare di trasporto o di alimentazione, con la possibilità di ripercorrere, secondo ordini diversi di lettura in tempi e luoghi diversi scelti dall’utente.
Il docente in aula rappresenta la conoscenza; con l’ingresso della L.I.M. un ulteriore medium rappresenta “altre” rappresentazioni. E’ una iper-rappresentazione.
E’ come parlare di trasporto ovvero di alimentazione. Unità di apprendimento riposte nella L.I.M. possono comodamente richiamare alla mente quelle vaschette multi-porzione di matrice statunitense, che consentono di mangiare sul divano una pietanza di fagioli messicani, una di sushi ed un cannolo siciliano senza percorrere la circonferenza del pianeta. Non che queste vaschette di learning objects vadano criminalizzate dagli utenti (già non lo sono per il mercato), ma credo che il segmento che stanno per occupare debba essere equilibratamente gestito.
Con la L.I.M. e la tecnologia di cui è portatrice dovrebbe edificarsi un “polivalente e pluridisciplinare modulo del serbatoio delle idee” così come scritto da Armand
Mattelart in “Storia della società dell’informazione” – Eianudi, 2002 che può rivelarsi “sempre più un luogo strategico nella produzione di un sapere orientato verso la pianificazione della società del futuro”, da condividere con gli strumenti che il web 2.0 ci offre sempre più generosamente piuttosto che un altro dispositivo che ingenuamente costringe Dante a strip cartoons (osservazioni, al riguardo, pungenti ed estese di Clifford Stoll nel suo magistrale “Confessioni di un eretico high-tech”, Garzanti, 1999).
Va anche sottolineato l'aspetto economico della tecnologia L.I.M. che può essere realizzata efficacemente in un’organizzazione formativa solo dopo un'accurata analisi costi/benefici.
In particolare, poiché la traduzione di una produzione orale in una scritta esige un lavoro aggiuntivo, consistente nella ri-strutturazione dell'intero ciclo di elaborazione, comporta alcuni risultati e non altri, dei quali una parte irreversibili, ed incide sulle strutture organizzative, bisogna valutare attentamente se il processo innovativo può essere definito in un tempo e con un impiego di risorse convenienti rispetto alla soluzione della didattica tradizionale.
La nuova tècne deve pur conseguire, almeno nel medio periodo, un’ottimizzazione di risorse e di tempo.
Purtroppo non sempre si può valutare la convenienza solo in termini monetari. Nel caso di specie occorre tenere conto anche di altri fattori, a volte comunque prevalenti perché riconducibili all'interesse pubblico, come la tutela della salute, l’inclusione, la promozione della cultura e della scuola, ecc.
Come magistralmente espone J. D. Bolter nel suo: “Lo spazio dello scrivere”, V&P UNIVERSITA’, 2001 “…le tecniche di scrittura non agiscono sulla cultura come forze esterne, ma rientrano pienamente nella dinamica culturale. Le tecniche di scrittura influenzano le forze sociali e culturali e a loro volta ne subiscono l’influsso”.
La tècne della L.I.M. attua una deregulation della lezione, una forma federativo-formativa, pertanto bisogna progettare un “sistema di apprendimento” che, per linee generali può articolarsi a tre livelli, con l’aggiunta che, risalendo la piramide invertita, parallelamente si attualizza un crescente decentramento:
- decentramento di capacità
- decentramento di specialità
- decentramento di innovazione
TERZO LIVELLO
costruzione della lezione
a) de-territorializzazione della lezione
b) c.d. scuola senza-zaino
SECONDO LIVELLO
lezione collaborativa
a) ingloba il primo livello, ma prevede la partecipazione degli alunni in veste di co-autori
b) laboratorio
PRIMO LIVELLO
lezione frontale
a) presentare la lezione
b) assistere alla lezione
c) condividere assets
d) comunicare
e) rappresentare
Il secondo e terzo livello di utilizzo della L.I.M. possono confrontarsi con i seguenti:
PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA
a. uso per gli studenti assenti 1. impegno iniziale consistente
b. uso per lo studio individuale 2. vulnerabilità della tecnologia
c. riuso successivo 3. obsolescenza della tecnologia
d. flessibilità del lavoro prodotto 4. tabloidizzazione dei learning objects
e. estendibilità della lezione 5. omologazione dei learning objects
f. semplice fungibilità dei ruoli (autore, fruitore, editore……) 6. pensare alla L.I.M. come alla soluzione finale rispetto ai deficit di attenzione, interesse, partecipazione
g. semplice creazione di un portfolio della classe 7. gestione degli assets dal punto di vista giuridico
h. modificazione dell’”ambiente di prossimità” (spazio dell’esperienza)
i. ciclo di vita della lezione pressoché illimitato
j. possibilità di lettura e scrittura stratificata
Nei pregressi quattro anni di formazione condotta sull’utilizzo della L.I.M. nella didattica tradizionalmente intesa (in primis: Digiscuola, Digiscuola-coaching, Tech2, Piano nazionale L.I.M. – A.N.S.A.S.) sono stati molti i quesiti sorti (mi sono posta delle domande, ma non mi sono data delle risposte, per chiudere come una nota trasmissione televisiva), forse perché ho visto agitarsi temi quali esclusivamente centrati sul fine, il “prodotto L.I.M.”, con annessi sw proprietari, piuttosto che sulla prospettazione di problemi ed accrescimento della capacità critica degli operatori scolastici.
Non trascurando la lesione del diritto del docente alla libertà metodologica – aspetto su cui c’è silenzio tombale - qualora si imponesse, anche per delibera collegiale, l’utilizzo delle nuove tecnologie (quindi anche la L.I.M.), perplessità già in modo asciutto esposta in: http://knol.google.com/k/eliana-flores/l-innovazione-metodologica-della-l-i-m/2bvychx1vziqe/13?pli=1#view.
Al termine, quindi, l’increspatura estiva di quesiti ed una considerazione non mia di cui mi approprio:
a) quale la quantità di anestetico la L.I.M. possa iniettare mediante il suo abuso ovvero l’uso ingenuo;
b) quale il processo, il metodo, la tècne per la miglior naturalizzazione della L.I.M. nel processo di insegnamento-apprendimento;
c) qual parte di oralità, esistente nel momento dell’esternalizzazione della lezione frontale è bene che sopravviva nel momento in cui quest’ultima diviene realtà fisica sulla L.I.M.;
d) come gestire il “serbatoio collettivo” di assets per non ridurre l’utilizzo della L.I.M. ad una visita in un congestionato bazar informativo;
e) quale la programmazione della gestione (collegiale?) delle valutazioni effettuate con la L.I.M., potendo essa gestire un repository di verifiche rappresentate “informaticamaente” degli studenti. Il documento informatico è la rappresentazione con strumenti o supporti informatici di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti: il “dato” come fatto giuridico rilevante (unità informativa o informazione complessa) può essere la verifica dello studente. (Fonti: art. 15 della legge n. 59/1997; art. 1 CAD; art. 1 d.P.R. n. 123/2001; art. 1 d.P.R. n. 445/2000).
Non trovo parole migliori di quelle semplici e vecchie (sarà così?) del prof. Lucio Russo, che introducono il celeberrimo “Segmenti e bastoncini”: “La scuola sta subendo un processo di trasformazione profondo e di lunga durata, in gran parte comune a tutto il mondo occidentale. Tale trasformazione non può essere salutata con entusiasmo, come molti sembrano fare, sulla base del solo tautologico argomento che si tratta del processo di modernizzazione che porterà la scuola nel futuro…Un tale argomento appare a molti ragionevole solo perché qualifica ipso facto come progressivo qualsiasi mutamento abbastanza forte da imporsi”.
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