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Modelli di Cooperative Learning
Calogero Bontempo
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L’apprendimento Cooperativo (Cooperative Learning) è un vasto movimento educativo che si pone l’obiettivo di migliorare l'apprendimento e il rendimento scolastico insegnando agli studenti a lavorare in modo cooperativo.
In tutti i modelli di Cooperative Learning si ottiene il coinvolgimento degli studenti nel processo di apprendimento, i diversi modelli aiutano a sviluppare le abilità relazionali, a migliorare il clima di classe e riconoscere il gruppo come strumento di crescita. Il Cooperative Learning rappresenta quindi una risposta ai nuovi bisogni educativi e di formazione. Comoglio e Cardoso lo definiscono come “un insieme di tecniche di conduzione della classe, grazie alle quali gli studenti lavorano in piccoli gruppi per attività di apprendimento e ricevono valutazioni in base ai risultati acquisiti”[1].
E’ "un metodo di conduzione della classe che mette in gioco, nell'apprendimento, le risorse degli studenti. Così inteso, si distingue dai metodi tradizionali che puntano invece sulla qualità e sull'estensione delle conoscenze didattiche e di contenuto dell'insegnante. Infatti, diversamente da questi ultimi, che sa gestire e organizzare esperienze di apprendimento condotte dagli stessi studenti e, insieme, sviluppare obiettivi educativi di collaborazione, solidarietà, responsabilità e relazione, riconosciuti efficaci anche per una migliore qualità dell'apprendimento"[2].
Tutti i teorici del Cooperative Learning partono dal presupposto che la complessità della nostra società non può essere affrontata utilizzando esclusivamente competenze individualistiche o competenze competitive.
I modelli più conosciuti sono:
a) Learning Together.
b) Structural Approach.
c) Group Investigation.
d) Student Team Learning.
e) Complex Instructions.
f) Communities of Learners.
g) Apprendistato cognitivo.
Il Learning Together di D.W.Johnson e R.T.Johnson è certamente la modalità più diffusa e che è stata oggetto del maggior numero di ricerche sperimentali. L'idea di base del modello Learning Together (Imparare Insieme), ideato da Johnson & Johnson nel 1975, è quella di far lavorare gli studenti in gruppi di 4 o 5, su fogli di lavoro, dove ciascun gruppo lavora su un singolo foglio che rappresenta il contributo del gruppo. Gli studenti riceveranno lodi e riconoscimenti per il lavoro da loro fatto in modo soddisfacente. Il modello è stato poi rifinito come “Circles of Learning" (Cerchi di Apprendimento), da Johnson e colleghi, i quali suggeriscono di usare gruppi eterogenei da 2 a 6 componenti, che condividono le risorse e si aiutano reciprocamente. La forma dell'interazione del gruppo è decisa dall'insegnante.
Ecco i 18 passi indicati per la strutturazione del lavoro di gruppo cooperativo:
1. Specificare gli obiettivi educativi (abilità accademiche e di collaborazione).
2. Decidere la dimensione del gruppo.
3. Assegnare gli studenti ai gruppi.
4. Sistemare l'aula.
5. Programmare i materiali didattici per promuovere l'interdipendenza.
6. Assegnare i ruoli per assicurare l'interdipendenza.
7. Spiegare il compito accademico da svolgere.
8. Strutturare la positiva interdipendenza di obiettivi.
9. Strutturare le responsabilità individuali.
10. Strutturare la cooperazione fra i gruppi.
11. Spiegare i criteri per il successo.
12. Specificare i comportamenti desiderati.
13. Monitorare il comportamento degli studenti.
14. Fornire l'assistenza al compito.
15. Insegnare le abilità di collaborazione.
16. Predisporre la chiusura della lezione.
17. Valutare la qualità e la quantità dell'apprendimento degli studenti.
18. Accertare come ha funzionato il gruppo. [3]
Il modello “Structural Approach” di Kagan è orientato a fornire le condizioni in cui possano emergere ed esprimersi le doti naturali degli studenti, come la curiosità, l'intelligenza, l'espressività.
Il modello di Kagan si propone, quindi, come una struttura che mira all'organizzazione sociale della classe. "L'approccio strutturale all'apprendimento cooperativo è basato sulla definizione e l'uso di molti e distinti modi, chiamati strutture, di organizzare l'interazione degli indivisui in classe. La definizione e l'analisi delle strutture permettono una progettazione sistematica di lezioni di apprendimento cooperativo. Le strutture ottengono risultati prevedibili nell'area scolastica, linguistica, cognitiva e sociale. Le strutture sono unità di costruzione per una lezione: esse sono combinate per formare lezioni multi-strutturali con risultati prevedibili. Molte persone hanno creato delle strutture; nuove strutture continuano ad essere sviluppate e vecchie strutture continuano ad evolversi". [4]
Il modello di Kagan è strutturato attorno a una serie di esercizi di costruzione dei gruppi che richiedono agli studenti di interagire fra loro.
Le fasi sono le seguenti:
1. Selezionare un argomento principale di studio.
2. Suddividere tale argomento in mini-argomenti.
3. Ogni studente seleziona un mini-argomento a scelta.
4. Ogni singolo studente compie una mini-ricerca sul mini-argomento scelto e condivide poi le informazioni con il gruppo.
5. Dopo una discussione, l'informazione viene stilata in una presentazione di gruppo e fornita alla classe intera.
6. La valutazione riguarda il lavoro dello studente nel gruppo più un elaborato individuale. [5]
Il modello Group Investigation (Indagine di gruppo/Insegnare a piccoli gruppi ), è "un metodo per l'istruzione in cui gli studenti lavorano in modo collaborativo in piccoli gruppi per esaminare, fare esperienza e capire il loro argomento di studio".[6]
Mentre per Hertz- Lazarowitz, l'insegnante assegna un'area di studio e gli studenti, in gruppi da 2 a 6 elementi, scelgono un argomento relativo all'area di loro interesse. Attraverso una programmazione fatta in cooperazione (cooperative planning), l'insegnante e gli studenti decidono come indagare l'argomento e vengono poi assegnati i compiti di gruppo. L'insegnante organizza dei 'laboratori' (workstations) nell'aula dove viene condotta la ricerca. Ogni membro del gruppo svolge una ricerca individuale, poi il gruppo riassume i risultati e prepara un'interessante presentazione da fare alla classe intera. Nell'ascoltare tutte le relazioni, gli studenti acquistano un'ampia prospettiva dell'argomento.
Il modello Student Team Learning è stato ideato da Robert Slavin nel 1978 e descrive diversi metodi di apprendimento cooperativo che prevedono la competizione fra gruppi omo-genei di abilità. L'enfasi è sul conseguimento degli obiettivi del gruppo, ma è anche importante la responsabilità individuale in termini di miglioramento del proprio rendimento, alla quale sono preparati tutti i componenti del gruppo. Anche gli studenti meno bravi vengono sfidati a migliorare le loro prestazioni. L'insegnante organizza i gruppi in modo eterogeneo, presenta delle ricompense stimolanti, compila ed approva le classifiche di gruppo.
Ci sono cinque tecniche dello "Student Team Learning" :
1) STAD: Gli insegnanti che usano lo STAD (Student Team Achievement Divisions: Squadre di apprendimento di gruppo) presentano un nuovo argomento, poi dividono la classe in gruppi eterogenei di quattro membri. L'insegnante presenta una lezione; i membri del gruppo approfondiscono da soli le informazioni e quindi assistono gli altri compagni del gruppo. Vengono assegnati quiz settimanali e annotati i punteggi individuali. Gli insegnanti annotano anche i miglioramenti dai vecchi ai nuovi punteggi nei quiz. Gli studenti che raggiungono un certo livello base o ottengono forti miglioramenti ricevono un riconoscimento. [7]
2) TGT:nel modello TGT (Teams-Games-Tournaments: Gruppi- Giochi-Tornei) L'insegnante presenta una lezione su un argomento o un periodo di lezione-discussione. Poi, gli studenti si assistono reciprocamente nello studiare i fogli di lavoro basati sulle informazioni della lezione. Quindi, gli studenti hanno dei tornei settimanali in cui gruppi di abilità equivalente gareggiano per vedere chi sa rispondere al maggior numero di domande preparate dall'insegnante. Ogni risposta corretta dà diritto a dei punti. I gruppi con il punteggio più alto ottengono pubblico riconoscimento. [8]
3) JIGSAW II: Il modello JIGSAW II (Puzzle II) (Slavin, 1986) risulta più efficace quando l'obiettivo didattico è quello di imparare concetti piuttosto che abilità. Tutti gli studenti leggono un brano, una storia breve. Ogni studente, nel gruppo di quattro/cinque membri, riceve un foglio di informazioni su un argomento diverso. Dopo aver letto i loro fogli, alcuni studenti (uno per ciascun gruppo) si incontrano in un 'gruppo di esperti' temporaneo, composto da studenti che hanno studiato lo stesso argomento. Dopo un periodo di discussione, questi studenti ritornano nei rispettivi gruppi originali per insegnare agli altri membri tutto quello che sanno su quell'argomento. Alla fine di questo processo, viene dato un quiz individuale comprensivo di tutti gli argomenti. Quindi, l'insegnante consegna dei certificati di gruppo sulla base dei miglioramenti nei punteggi ottenuti al quiz. [9]
4) TAI (Team Assisted Individualization). Il modello TAI (Individualizzazione Assistita dal Gruppo) è un programma di matematica che combina l'apprendimento cooperativo con l'istruzione individualizzata. Le fasi di lavoro sono le seguenti:
1. Innanzitutto, gli studenti vengono testati e posti in un punto appropriato in un programma individualizzato.
2. Gli studenti lavorano in modo indipendente, ciascuno al proprio livello e svolgono i loro compiti.
3. Poi gli studenti si incontrano in gruppi, in cui scambiano documenti, relazioni, controllano le reciproche competenze matematiche, si aiutano a vicenda.
4. Poi compilano un quiz di verifica.
5. Al completamento dell'unità didattica, gli studenti compilano un test finale. I gruppi ricevono un riconoscimento basato sul numero medio di unità completate dai membri del gruppo.
L'uso di questo approccio ha migliorato sia l'autostima degli studenti che il loro rendimento di matematica. [10]
5) Il CIRC (Gruppo Cooperativo Integrato di Lettura e Composizione) è un modello di apprendimento cooperativo specifico per l'insegnamento della lettura e della scrittura.
Le componenti principali del CIRC sono tre:
a) la componente della lettura: fa uso di lettori 'basali' e di gruppi di lettura; ma, anziché del libro di testo, si fa uso di attività di gruppo. Per esempio, gli studenti possono aiutarsi a identificare gli elementi letterari di un brano: la trama, la caratterizzazione, lo scenario; a predire come va a finire la storia; a raccontarla di nuovo.
b) La componente dell'arte della scrittura/ linguaggio: implica che gli studenti si aiutino nel redigere scritti o storie originali. L'insegnamento degli aspetti tecnici della scrittura è integrato con compiti scritti che usano un testo di linguaggio.
c) La componente cooperativa: implica il lavoro di due studenti provenienti da diversi gruppi di lettura che lavorano in team. Essi leggono a turno, controllano la comprensione, praticano l'ortografia (spelling), redigono testi scritti e divulgano libri o saggi (samples) di scrittura.
Per la valutazione, gli studenti compilano delle prove (quiz) quando i compagni del team si sentono pronti. Gli studenti ricevono certificati di riconoscimento basati sul risultato medio di tutti i membri del gruppo. [11] Il modello Complex Instruction è stato elaborato da Elisabeth Cohen, è una modalità di cooperative learning che avendo l’obiettivo di controllare l’effetto di status dei membri del gruppo, organizza l’interdipendenza positiva come una interdipendenza di abilità tra i membri. “E' una modalità che muove dal riconoscimento della pluralità delle intelligenze (una conquista di grandi pedagogisti come Gardner, ancora da acquisire nelle scuole italiane), da attivare attraverso un lavoro di ristrutturazione dei rapporti nelle classi. Dà molta rilevanza ai processi sociologici, all'uguaglianza delle opportunità educative, alle dinamiche d'appartenenza di status e alle conseguenze che ne derivano, quando esse influenzano sia la vita scolastica dei singoli alunni sia quella del gruppo classe".
La Complex instruction parte dalla constatazione che la formazione dei piccoli gruppi favorisce i migliori, anche se esiste l'intenzione da parte dei membri di aiutare i più deboli, poichè i soggetti con elevato status d'appartenenza tendono ad emergere e ad avere una forte influenza sul gruppo, anche se realmente non posseggono quelle competenze che i compagni e l'insegnante attribuiscono loro. L'eterogeneità non costituisce uno svantaggio, ma diventa occasione di crescita sia a livello cognitivo sia sociale.
La Complex instruction indica le strategie da seguire affinchè sia data a tutti i membri di un gruppo la stessa opportunità di esprimersi e di apprendere e lo fa suggerendo cinque fasi:
• correggere i pregiudizi sulle abilità sia degli studenti sia dell'insegnante
• educare gli studenti all'interazione e alle specifiche competenze secondo il compito richiesto
• l'insegnante ha l'incarico d'individuare compiti complessi che implichino l'applicazione di una svariata serie di atti.
• organizzare compiti complessi
• valutare il lavoro di gruppo per poterlo migliorare” [12].
Nel modello pedagogico delle Communities of Learners (Brown, Campione, Ligorio) “la classe è immaginata come una vera e propria comunità, dove tutti possono giocare i diversi ruoli, scambiandosi compiti e responsabilità. Tutti sono apprendisti: imparano nuove cose, mettendo in discussione le proprie conoscenze, accedono a nuove informazioni, utilizzano canali e strumenti di comunicazione originali, discutono con gli altri sia conoscenze già acquisite sia dubbie, idee, problemi e quesiti. Non esiste più la figura dell'insegnante come depositario unico della conoscenza e trasmettitore ufficiale del sapere, anche se continua a fungere da utile modello del "come fare a sapere", a cercare informazioni e a valutarle. Gli studenti non sono più solo ricevitori, più o meno passivi, delle informazioni a loro trasmesse, sono considerati costruttori attivi della propria conoscenza piuttosto che recipiente passivo di esperienze e competenze altrui.
L'obiettivo didattico più importante perseguito è quello di permettere agli studenti di padroneggiare strategie di apprendimento attivo. Ogni membro è al tempo stesso apprendista ed insegnante, condividendo con tutti gli altri le proprie conoscenze. Ciascun membro della comunità è considerato come fonte consultabile per ottenere informazioni, risposte a quesiti, stimoli per riflettere e ognuno condivide con tutti gli altri le proprie conoscenze. Particolare attenzione è rivolta alle abilità di auto-controllo, auto-direzione e auto-valutazione dell'apprendimento. Allo studente si riconosce un grande potere introspettivo e questo riconoscimento incide e determina sia l'organizzazione dei curricula, sia la rielaborazione dell'approccio teorico” [13]. Il modello dell'apprendistato cognitivo è una metodologia didattica sviluppata da Allan Collins, John Seely Brown e Susan Newman. Si tratta di una proposta di organizzazione delle attività didattiche che si rifà ai principi dell'apprendistato tradizionale, alla didattica basata sulle competenze e alla "concettualizzazione della pratica" (Bruner).
L'apprendistato è una pratica formativa che consiste nella partecipazione alle attività proprie di contesti lavorativi. Un novizio che si avvia ad imparare un mestiere, una professione, una pratica è in una posizione di "partecipazione periferica legittimata" (Lave, Wenger) ma la sua posizione diviene sempre più centrale quanto più l'esperienza e la partecipazione gli consentono di sviluppare abilità e conoscenze, cioè competenza (Pellerey, Lévy). Collins, Brown e Newman rivalutano i processi di modelling/scaffolding/fading, propri di un percorso di apprendistato, ai quali associano una intensa attività di riflessione e concettualizzazione su quanto si fa e si impara. [14]
L'apprendistato cognitivo si rifà, per alcuni aspetti, al concetto espresso da Lev Semënovič Vygotskij sull'interiorizzazione. Lo sviluppo delle funzioni cognitive più complesse in un individuo emergono, secondo l'apprendistato cognitivo, con la collaborazione di individui "esperti", che fungono per il soggetto come modelli: l'esperto esibisce la propria prestazione e l'apprendista cerca di imitarlo. Il modellamento permette all'apprendista di appropriarsi di saperi e procedure utili a situazioni specifiche o più largamente a contesti sociali, tutto ciò può essere racchiuso in due parole: partecipazione guidata. [15]
Il funzionamento cognitivo si modifica giorno per giorno grazie ai rapporti di apprendistato, che consistono in allenamenti e assistenza da parte dell'esperto; successivamente verrà eliminata gradualmente l'assistenza man mano che l'apprendista si farà più competente ad articolare ciò che sta svolgendo; a riflettere sulle sue performance, su quelle dei pari o degli esperti e infine, esplorare e risolvere problema autonomamente.[16]
In conclusione l’apprendimento cooperativo può essere applicato a ogni compito, ad ogni materia ed ad ogni curricolo, l'insegnante dovrà scegliere il modello di apprendimento cooperativo più appropriato ai suoi obiettivi, all'argomento e alle risorse disponibili.
L’efficacia dei modelli di apprendimento cooperativo è stata ampiamente dimostrata dalla ricerca.
NOTE
[1] Comoglio M., Cardoso M. A., Insegnare e apprendere in gruppo. Il Cooperative Learning, LAS, Roma, 1996, p.24.
[2] Comoglio M., Verso una definizione del cooperative learning, Animazione Sociale n. 4,1996.
[3]. http://www4.soc.unitn.it:8080/dsrs/circle/content/e1243/e1266/index_ita.html e in Johnson D.W. Johnson R.T.(1975,1987), Learning Together and Alone: Cooperation, Competition, and Individualization. Englewood Cliffs, NJ: Prentice Hall.
[4] Cfr. S. Kagan, Apprendimento cooperativo. L'approccio strutturale Edizioni Lavoro, Roma, 2000.
[5] Cfr. S. Kagan, Apprendimento cooperativo. L'approccio strutturale Edizioni Lavoro, Roma, 2000.
[6] Cfr. Y. Sharan e S. Sharan, Gli alunni fanno ricerca. L'apprendimento in gruppi cooperativi Erickson ,Trento, 1998.
[7] http://www4.soc.unitn.it:8080/dsrs/circle/content/e1243/e1266/index_ita.html e in Slavin R.E. (1990, 1996), Cooperative Learning: Theory, Research, and Practice London, Allyn and Bacon.
[8] http://www4.soc.unitn.it:8080/dsrs/circle/content/e1243/e1266/index_ita.html e in Slavin R.E. (1990, 1996), Cooperative Learning: Theory, Research, and Practice London, Allyn and Bacon.
[9] http://www4.soc.unitn.it:8080/dsrs/circle/content/e1243/e1266/index_ita.html e in Slavin R.E. (1990, 1996), Cooperative Learning: Theory, Research, and Practice London, Allyn and Bacon.
[10] http://www4.soc.unitn.it:8080/dsrs/circle/content/e1243/e1266/index_ita.html e in Slavin R.E. (1990, 1996), Cooperative Learning: Theory, Research, and Practice London, Allyn and Bacon.
[11] http://www4.soc.unitn.it:8080/dsrs/circle/content/e1243/e1266/index_ita.html e in Slavin R.E. (1990, 1996) Cooperative Learning: Theory, Research, and Practice London, Allyn and Bacon.
[12] http://www.apprendimentocooperativo.it/Complex_Instruction/a.html
[13] http://www.apprendimentocooperativo.it/Communities_of_Learners/a.html
[14] Cfr. Collins A., Brown J. S., Newman S. E., Cognitive apprenticeship: Teaching the craft of reading, writing and mathematics (Technical Report No. 403) BBN Laboratories, Cambridge, MA. Centre for the Study of Reading, University of Illinois. Gennaio 1987.
[15] Cfr. Collins A., Brown J. S., Newman S. E., L'apprendistato cognitivo, per insegnare a leggere, scrivere e a far di conto in C. Pontecorvo et al., 1995, pp. 181-231.
[16] Cfr. Aziz Ghefaili, Cognitive Apprenticeship, Technology, and the Contextualization of Learning Environments. Journal of Educational Computing, Design & Online Learning, Vol. 4, autunno 2003.
30 gennaio 2009
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