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sulla querelle papa/università
nel marasma generale, stralciamo dalle liste del didaweb queste considerazioni di Anna Pizzuti, tanto concise quanto equilibrate
Anna Pizzuti
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Ho letto il discorso che il papa avrebbe tenuto
alla Sapienza. L'ho letto usando quel poco di
ragione che ho. Dal punto di vista retorico è
costruito in maniera perfetta:due fili che si
dicono separati, ma che si fa del tutto per far
incrociare (fede e ragione, sempre loro) ed è
questo, credo, il vero problema, anche a partire
da Ratisbona. Perchè dire che la fede si fonda o
deve fondarsi sulla ragione a me sembra un grande
passo indietro, non un passo avanti. Una sorta di
quadratura del cerchio, un'attribuzione totalizzante alla fede.
Ritrovo questa impostazione sull'uso e sul valore
dato, in questo discorso, come in tutti gli altri
discorsi, al concetto di verità.
Mentre leggevo mi ripetevo quello che sempre mi
dico in occasioni di polemiche con il papa o con
le varie eminenze: è ovvio, logico e giusto che
pensino e propongano quello che pensano e
propongono, ma poi aggiungo quello che a loro manca: per loro cattolici.
In questo discorso, se ci fate caso il "per noi
cattolici" viene detto, ma la chiusura, che
riporto, dimostra che alla fine verità e fede
diventa obbligatorio o comunque scontato che
siano "tutti" a sovrapporle, a farle diventare
sinonimi. Ed è questo atteggiamento che - a mio
avviso - rendeva improponibile l'invito al Papa.
Perchè se così stanno le cose, non vedo cosa sia cambiato dal Medioevo.
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