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Dell’educare. 54
“… la provocazione è essenziale per un adolescente“
Aldo Ettore Quagliozzi
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Penso che la paginetta trascritta dal volumetto “Voi, noi“ di Paolo Crepet tratteggi al meglio la forte crisi di identità delle giovani generazioni del terzo millennio. Ed il più delle volte, dalle parti più varie, è un continuo interrogarsi su cosa non giri nel verso giusto, tanto all’interno delle disattente famiglie quanto in un ambito pubblico più vasto quale è la scuola. Orbene, è il non essere –da parte degli adulti- sempre all’altezza delle aspettative proprie dell’adolescenza, il non essere nelle condizioni di essere riconosciuti portatori di uno “spessore“ che è sempre stato richiesto a chiunque si sia proposto come educatore nel senso più ampio possibile. Penso proprio che i fatti dell’oggi, con la tristissima cronaca che li accompagna, possano trovare una spiegazione in questa mancanza di “polso“ che le generazioni dei sedicenti adulti offrono in ogni controversa occasione a coloro che si affacciano ansiosi sul palcoscenico della vita. E non sono mancati nella mia lunghissima esperienza di educatore esempi -“al negativo“- di maestri del nulla; maestri verso i quali il passaggio dell'dei giovani da una condizione di sospettosa convivenza a quella del fidarsi e dell’affidarsi -come condizione essenziale per una crescita equilibrata e gratificante– non si è mai potuta realizzare.
“( … ) … la provocazione è essenziale ( … ) per un adolescente: è l’unico modo che conosce – un modo molto efficace e privo di grossi rischi, del resto – per verificare se il padre o la madre o il professore abbia uno spessore o sia invece una facciata piatta: se ci faccia o ci sia.
Per i bambini e per gli adolescenti, il concludere con certezza che l’adulto di riferimento c’è, per e con loro, in modo autentico e consapevole costituisce la condizione minima per fidarsi.
Affidarsi, ovvero non stare sempre e solo in guardia: una dimensione psichica che è essenziale imparare presto per non sentirsi isolati, determinante per costruire futuri rapporti.
Soprattutto, il vedere che l’adulto di riferimento è capace di attraversare il caos senza perdervisi, vuol dire sapere con certezza che anche loro, bambini o adolescenti, riusciranno a governare il proprio battello nella tempesta, attraversare le proprie età di crisi senza esserne sommersi, imparare a fidarsi di sé.
Ma quando, al contrario, gli adulti reagiscono alle provocazioni con incertezza, mancanza di polso, spaventati da estenuanti patteggiamenti, quei bambini e quegli adolescenti si sentiranno sperduti, senza punti di riferimento: avranno paura e quindi attaccheranno – piccoli naufraghi che non riescono ad afferrare appigli sicuri – gli altri e loro stessi. ( … )“
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