|
Dell’educare. 52
“La padronanza di sé per quanto riguarda la mente …“
Aldo Ettore Quagliozzi
|
Tratta, come tante altre paginette, dallo scritto “Ai piedi del maestro [1910]“ di J. Krishnamurti [1895-1986], come non concordare con essa alla luce di un vissuto scolastico più che trentennale? E dai ricordi di vita scolastica riaffiora l’istante di un mattino, di quelli speciali, in cui avverti che i ragazzi hanno altro da dirti e che altro vogliono da te sentire, ché al momento la loro mente è altrove; allora ti fai coraggio, senti che hanno bisogno del tuo ascolto attento e riponi la lezione bella e pronta per dialogare con essi. E fu il miracolo: l’aula si trasformò come per incanto in un palcoscenico dove a recitare erano loro, i ragazzi per l’appunto, con un copione già scritto in verità straordinario, sul quale palcoscenico era uno sfilare di figure vere, vive, quelle dei loro insegnanti, con le loro debolezze, i loro tic, la loro maniacale ripetitività e soprattutto, per molti di essi, con la loro irrefrenabile impazienza, a volte collera vera, incontrollabile, distruttiva, da annichilire qualsiasi ricerca di un pieno umano rapporto. E la paginetta si rivela, come sempre, di una universalità incontestabile, seppur lontani sono gli ambienti ed i periodi storici cui essa fa riferimento. Ma è l’universalità degli esseri umani e dei loro comportamenti; esseri umani, che sono chiamati ad essere educatori e nel contempo altri che sono chiamati ad essere educati. Il confronto di sempre, dal quale non può non sortire che la lunga pagina dell’umana storia.
“(…) La padronanza di sé per quanto riguarda la mente è un requisito molto importante per l’istruttore, poiché è principalmente per mezzo della mente ch’egli guida ed influenza gli alunni. In primo luogo significa, (…), <>.
E’ ovvio che nuocerà molto ai ragazzi se l’insegnante sarà spesso in collera ed impaziente. E’ vero che questa collera e questa impazienza sono sovente causate dalle condizioni esterne della vita dell’insegnante; ma ciò non impedisce il loro cattivo effetto sui ragazzi.
Tali sentimenti, dovuti per lo più a cause di poco conto, reagiscono sulla mente degli scolari e, se l’insegnante è abitualmente impaziente e molto spesso in collera, alimenterà in essi i germi dell’impazienza e della collera che più tardi potrebbero distruggere la loro stessa felicità ( … ).
Dobbiamo pure tener presente che i ragazzi stessi, sovente, vanno a scuola scontenti e crucciati a causa di noie in famiglia; e così, maestri ed alunni portano con sé pensieri di collera e d’impazienza che si diffonderanno nella scuola, e renderanno difficili e sgradevoli le lezioni che dovrebbero invece essere facili e dilettevoli.
( … ) Tanto gli insegnanti quanto gli allievi, dovrebbero quindi dedicare tutte le loro energie per creare “una scuola felice“ verso la quale, al mattino, tutti rivolgerebbero con piacere il loro pensiero e dalla quale tutti si separerebbero con dispiacere alla fine della giornata.
Bisogna tener presente che l’assenza di dominio su se stesso, sovente conduce all’ingiustizia da parte dell’insegnante, e perciò alla ritrosia ed alla mancanza di fiducia da parte dell’ allievo; e nessun ragazzo può fare alcun reale progresso od essere, nel vero senso, felice a meno che non abbia completa fiducia nella giustizia dei suoi superiori.
Gran parte della tensione della vita scolastica moderna è dovuta a questa mancanza di fiducia, e molto tempo dev’essere sprecato per abbattere barriere che mai sarebbero state erette se l’insegnante fosse stato paziente. La collera e l’impazienza provengono dall’irritabilità.
E’ altrettanto necessario al ragazzo di comprendere l’insegnante, quanto a questi di comprendere l’allievo; ed un carattere irascibile è un ostacolo quasi insormontabile sulla via di una simile mutua comprensione. (…)“
in dell'educare: |
|
dello stesso autore: |
|