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Ipotesi su scuola, cultura e potere oggi
Interroghiamoci sui presupposti morali e pedagogici della sopravvivenza della democrazia in Italia
Federico Repetto
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Ho elaborato alcune ipotesi sui compiti degli educatori nella congiuntura storica italiana attuale, e li sottopongo al vostro giudizio. Nulla di quanto dico è dogma neppure per me, che sono alla ricerca di una strada e non so nemmeno se ce ne sia una praticabile.
Non appartengo ad alcun partito né sindacato, non sono legato a nessun interesse organizzato, e il mio punto di vista è quello della tutela dei diritti civili, politici e sociali, che penso possano essere tutelati solo insieme. Per esempio: parlando dei "meno avvantaggiati", penso che la libertà di lavoro serva ben poco a chi non ha possibilità di scelta e sta morendo di fame, che la libertà di stampa serva ben poco ad un analfabeta, e, parlando anche dei più avvantaggiati, che la libertà di espressione sia una pura formalità in una discoteca in cui c'è un solo disc jokey che può mettere la musica che vuole a tutto volume. L'Italia è ora in queste condizioni, con il consenso di moltissimi italiani a cui piace la musica hard. Le ipotesi che seguono saranno dunque, in senso letterale, impopolari.
1) La composizione, il programma e la tradizione dell'insieme del nuovo governo pongono un problema di moralità pubblica e questo ci riguarda sia come funzionari sia come educatori.
Attenzione. Non c'è alcun dubbio che tale governo sia legittimo e magari anche molto popolare tra gli italiani, ma il compito di un educatore veramente liberale e democratico non è - a mio avviso - quello di seguire l'opinione della maggioranza e di adattarsi alle circostanze, ma di difendere quei valori costituzionali a cui alcuni di noi (più vecchi) hanno giurato fedeltà e che (è mia ferma convinzione) sono universalmente, umanamente, validi. Il "tradimento degli intellettuali" (la "trahison des clercs" di Julien Benda) ha due facce. Può consistere nel confondere l'educazione, la cultura e la scienza con la propaganda e con l'impegno politico diretto, mentre esse sono qualcosa di distaccato, indiretto (questo errore senza dubbio è stato fatto a lungo da molti dal 68 in poi). Ma può consistere anche nell'appiattirsi nel conformismo e nella funzione di mediatore culturale ("data una cultura normale - o, peggio ancora, ufficiale - io sono il tecnico che la media").
L'impegno dell'intellettuale (che per me è sempre anche un educatore) è un impegno indiretto: non consiste nel suggerire azioni precise, ma nel difendere col suo lavoro specifico il valore di verità nella ricerca e quindi la libertà di pensiero (questo riguarda anche gli scienziati più astratti). Quindi l'attività scientifica e culturale non è neutrale, ma implica il "prender partito per la ragione" e quindi in generale a favore dei diritti civili, politici e sociali degli esseri capaci di pensiero (per esercitare la ragione bisogna aver avuto la possibilità di procurarsi da mangiare, di imparare a leggere, ecc.).
Tutte le attività normali di un insegnante devono contribuire - indirettamente e genericamente - all'educazione alla libertà, ma nell'attuale momento storico c'è stato un salto di qualità nella minaccia alle libertà, per cui il tema va affrontato in modo specifico.
1.1 Partiamo dalla verità come valore. Chi legge i giornali, sa che gli avvocati di Berlusconi hanno fatto di tutto per far slittare i suoi processi e lui, anzichè insistere per essere giudicato e ottenere un verdetto chiaro, finora è riuscito ad ottenere la cancellazione per decorrenza dei termini. Sa anche che accusa indiscriminatamente i giudici di essere comunisti e di perseguirlo per motivi politici, mentre le inchieste su di lui (e su Marcello Dell'Utri, implicato nel fallimento della Venchi Unica di Torino già decenni fa) sono cominciate prima che "scendesse in campo". Del resto l'unico giudice che si è dato alla politica, Di Pietro, è in sostanza un uomo di destra (nel senso dignitoso del termine).
Ribadisco: il primo problema odierno degli insegnanti non è un problema politico di scelta tra destra o sinistra, o di difesa delle ipotetiche conquiste della sinistra, ma un problema di valori morali, quei valori però che sono la base minima per lo svolgimento di una vita politica e sociale decente.
1.2 Più ampio ancora è il problema delle attuali leggi sul falso in bilancio, sulla patrimoniale, sullo <> dei controlli sulle grandi opere, sulla sospensione delle ordinanze di demolizione degli abusi, sulle rogatorie internazionali, rese più difficili, ecc. Se tali leggi (per lo più formalmente costituzionali, credo) sono di fatto una spudorata difesa di interessi particolari, come fa lo Stato a chiedere a noi funzionari di essere imparziali nei voti (e all'esame di Stato…) e come facciamo noi a chiedere agli studenti di non copiare e ai genitori di non fare ricorsi pretestuosi?
Beninteso, il malcostume non è un'invenzione di Forza Italia. F.I. semmai si presenta come il legittimo erede della DC (anche se il potere, al suo interno, è monocratico e plutocratico). Egualmente essa non ha inventato la mafia, l'ha solo ereditata. Ma se l'educazione alla legalità sotto i governi precedenti era un'urgenza, oggi è un'emergenza sempre più difficile da fronteggiare, nella quale gli uomini di buona volontà sono soli e magari impopolari.
1.3 Non possiamo dimenticare che il polo vincente ha minacciato di "fare piazza pulita" alla RAI (e non alludevano al TG2, che il centro sinistra benignamente ha concesso loro per cinque anni!) e anche altrove, e che AN ha addirittura costituito dei siti per segnalare gli "insegnanti di storia cattivi", mentre Storace pensa che sia lecito per via amministrativa correggere interpretazioni storiche che sono scaturite dal mercato librario e dalla libera scelta degli insegnanti.
Tutto questo, dopo che Fini ha affermato che Mussolini (che ha voluto due - dicesi due- guerre mondiali), è stato il miglior statista italiano del secolo. Invece, per Berlusconi Mussolini ha fatto delle cose buone "all'inizio" (il delitto Matteotti? le leggi fascistissime?) e poi però a partire da un certo punto ne ha fatto anche di cattive (la costituzione dell'IRI e dell'ENI?). Offese così palesi alla verità fatte sui giornali da chi ha in mano l'autorità legittima pongono dei gravi problemi morali agli educatori. Del resto, a conoscere un po' la cronaca, la storia personale di Berlusconi è tutta intessuta di bugie e di smentite (anche qui non si tratta di crimini, ma in molti paesi le bugie, anche piccole, spesso costano la carriera).
2) Diciamo quindi che ci troviamo in una situazione non di tipo cileno, ma di tipo brasiliano. La parola fascismo per adesso è fuori luogo, quella populismo no. Veniamo ai fatti di Genova e al terrorismo. Terrorismo nero, rosso o blu, per la tv è tutto lo stesso, e in fondo lo è anche per me, sul piano morale, con la differenza che il terrorismo nero fu direttamente incoraggiato anche dai nostri servizi deviati; e se quello rosso fu a volte tollerato, o forse stimolato da essi, ciò, per quanto ne so io, avvenne per sabotare il compromesso storico. Perciò l'affermazione di Bossi sul terrorismo favorito dai servizi segreti di "sinistra" dà la misura della volgarità, dell'ignoranza e della pericolosità democratica di molti uomini dell'attuale governo e della loro audience.
La seconda ipotesi è dunque: se oggi, con in mano tutti i media più potenti, il governo rilancia la vecchia "strategia della tensione", questo avrà effetti dirompenti sulla vita democratica, sindacale, civile, ecc., e fornirà magari il destro alla maggioranza di adottare leggi sull'ordine pubblico ben più dure della vecchia legge Reale (su questo trovo utili gli interventi di Ezio Mauro, Repubblica 11-08 e di Cofferati, corsera 12-08).
Il quadro naturalmente non è semplice. A Genova per esempio è difficile capire quali sono le responsabilità del governo e quali sono le iniziative autonome di certi settori delle forze dell'ordine che il centro sinistra aveva pavidamente tollerato, se non peggio (vedi ministro Bianco…).
Noi queste cose dobbiamo dirle ai nostri studenti o no? Dobbiamo collegare il nostro lavoro specificamente didattico con quello morale - politico - legalitario o dobbiamo sperare che i partiti dell'opposizione parlamentare facciano il loro mestiere (magari meglio di come nella precedente legislatura hanno svolto i compiti della maggioranza…)?
3) Se c'è stato effettivamente un salto di qualità, sono nostri compiti urgenti l'educazione alla legalità (vedi www.libera.it), alla pace e alla moralità, nonché il ristabilimento (in classe) di verità elementari su fatti di portata civile e costituzionale, deformati dai media prevalenti. Questi sono compiti urgenti (e rischiosi) di chi prende sul serio la missione di educatore e di intellettuale. Se si vuol lavorare in questo senso bisogna individuare delle linee comuni di resistenza (a proposito, tra gli studiosi legati a Norberto Bobbio, esiste un centro di Resistenza Morale, che può dare solide basi di filosofia politica a questo discorso), e collegarsi con altre iniziative, in rete o no.
4) Per poter essere saldi e intransigenti su ciò che è importante, è opportuno, oltre che doveroso, demarcarsi da posizioni estremistiche di qualsiasi tipo. Personalmente, ho forti perplessità sulle tute bianche (e sulla disobbedienza civile al G8) nonché sulla stessa opportunità della manifestazione del 20 luglio (senza negare le responsabilità e la fiacchezza dell'opposizione di centro sinistra: i parlamentari del centro sinistra avrebbero dovuto essere presenti alla manifestazione come garanti della legalità e dei diritti dei nonviolenti).
Il sabotaggio e la disobbedienza civile di cui parlano le tute bianche possono avere una loro legittimità morale in caso d'urgenza (Greenpeace a Muroroa), ma normalmente nelle situazioni che noi viviamo oggi in Italia tale urgenza non sussiste, ed è assolutamente necessario porsi interamente sul terreno della legalità proprio perché la legalità è oggi un valore a rischio, sia per quanto riguarda gli appalti delle opere grandi e piccole, sia per quanto riguarda l'operato della polizia.
C'è solo da augurarsi che l'attuale maggioranza non continui a modificare i confini della legalità in modo tale da rendere ancora più difficile l'espressione e la resistenza. Noi per primi non dobbiamo dargliene in nessun modo il pretesto. Ma chi sottovaluta i problemi e non si rende conto che andiamo incontro a tempi duri, si fa, mi sembra, delle grosse illusioni.
In conclusione, spero solo che qualcuno riesca a convincermi che mi sbaglio: "se sbalio, voi mi corigerete" (Giovanni Paolo II).
settembre 2001
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