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Memorie di un insegnante, ventisei.
Aldo Ettore Quagliozzi
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E’ questa la prosa sconsolatamente amara ma vera di Virgilio Budini nel suo lavoro “La scuola si diverte“, capostipite forse di quella letteratura dissacratoria e di denuncia della scuola e del suo “pazzesco“ mondo, letteratura non certo minore che tanta fortuna ha avuto tra gli addetti ai lavori, ma che non è riuscita in alcun modo a scalfire la granitica struttura della istituzione scuola pubblica che passa indenne attraverso tutti i tempi e gli assalti riformatori tentati, ahimé invano, da studiosi allo scopo interpellati dai ministri di turno.
Le stesse pagine potrebbero essere riscritte ancor oggi, ad un quarantennio abbondante dalla loro stesura, ché nel frattempo nulla è cambiato nel diabolico mondo scolastico italiano, se non gattopardescamente all’apparenza soltanto.
“( … ) … oggi lunedì siamo tornati a scuola dopo quattro giorni di sciopero e abbiamo trovato il signor preside imbestialito per le nostre assenze e Rob diligentissimo e inappuntabile che da quattro giorni attende colleghi ed alunni con il registro sotto il braccio.
Ho voluto fargli leggere qualche pagina di queste cronache, sicuro che la lettura gli avrebbe fatto aumentare la pressione. Quando mi restituì il manoscritto aveva infatti un leggero strato di bava a fior di labbra.
Povero Rob, chiuso negli asfittici schemi, nella grama realtà di un materiale umano in decadenza, raccolto nella categorica inefficienza di una preparazione ad uso concorsi, stanca imitazione di un modello d'uomo prestabilito, civilmente inefficiente culturalmente bolso, socialmente e psicologicamente alienato, povero Rob, tu che non puoi capire né approvare la nostra memoria delle cose, il nostro sguardo sul mondo, la nostra maniera di rappresentarci e restituire la realtà, questo nostro linguaggio, che non esprime fedeltà lessicale né costruzione sintattica né gusto della parola, ma è sangue è umore è stato d'animo è immediatezza barbarica, sbalordimento, ripudio della frase fatta, rifiuto di ogni concessione, è grovigli di nervi e di muscoli, è tristezza.
Povero Rob professore dei tempi lontani, in stridente contrasto con le posizioni innovatrici che vanno facendosi strada, lui ha formato il suo gusto e il suo stile al Liceo, li ha snaturati all'università, li ha deteriorati nell'insegnamento, non ha mai compiuto lo sforzo di liberarsene, uno sforzo che costa tanta fatica ma ch'è pur necessario, tutta una dura disciplina di rinunce e di distacco.
Povero Rob, lui è rimasto carducciano e non ha mosso un passo. Carducciano all'università, carducciano ai concorsi, carducciano anche ora con le bombe all'uranio che gli scoppiano attorno ed uomini soli che girano veloci entro una capsula sopra la sua testa, e quello che atterrisce non è il pericolo cui vanno incontro ma la loro solitudine.
Io credo che diventerà preside. Rob, mi sembra maturo. L'altro giorno l'ho assaggiato, vi dico che è maturo per stilare circolari in pretta lingua italiana con i dovuti riguardi alla sintassi e ai regolamenti. Non so se la scuola italiana potrà progredire con lui, se potrà captare interpretare comprendere ciò che oggi circola nell'aria, gli stati d'animo in sospensione, la malagrazia e la tristezza dei nostri alunni, la nostra spaventosa stanchezza. Ma lui è maturo, la sua volontà è tesa sino alla spasimo. ( … ) Ecco la lettera di Rob, l'attendevo da qualche giorno sapendo che deve venire a Roma per tentare ancora una volta il Concorso a Preside. E' ostinato, tenace, s'è procurato un deputato, riuscirà. Dice se c'incontriamo martedì al palazzo di vetro, ch'è il palazzo dei concorsi a preside, nei cui corridoi lunghe frecce rosse stanno ad indicare lo stanzino del colloquio, lo stanzino del collò.
Il palazzo di vetro è tutto trasparente onde il paese, che sarebbe il popolo italiano, possa seguire l'andamento degli esami. E' un'ottima istituzione democratica onesta rassicurante, qui le cose si fanno a dovere, si fanno a dover.
Soltanto lo stanzino dove interrogati ha le porte a vetri smerigliati, il resto è trasparente come l'acqua di un ruscello, terso come un cristallo, come l'anima di Pozzo Scuro.
Il vecchio Rob mi viene incontro. E' un po' ingrassato e, date le circostanze, ha i lineamenti tesi, ma è sempre il caro collega dei tempi passati.
Com'è dilettevole dar manate sulle spalle all'amico Rob, sollevargli nuvolette di polvere dall'antica giacca bleu che indossava quando entrò in ruolo. Gli altri concorrenti stanno ripassando il "Giannarelli" che è il più qualificato manuale per i concorsi a preside, ma Rob non ne ha bisogno: lo sa a memoria. Tuttavia è anche lui emozionato, si raschia la gola per un vecchio tic che viene riesumando nei momenti delicati.
"Se potessi farcela questa volta…" "Métticela tutta, Rob. Ti sei drogato?" " Solo simpamina." Assieme a una nuvola di fumo denso come un fungo di bomba atomica, esce dalla stanza degli esami un concorrente. Tutti gli saltano addosso.
"Com'è andata?" " Bene bene, si è parlato sempre di me." "Sempre di te?" " Della carriera da me percorsa. Io vengo dalla gavetta, ho insegnato prima all'Avviamento poi alla Scuola media e infine al Liceo. “
È molto eccitato, ansima. "E domande di carattere amministrativo, niente?" "Nulla." "Chi ti ha interrogato?" "Due ispettori, il presidente e un quarto commissario." "Quanti sono in tutto?" "Sette."
Gli altri concorrenti lo guardano con ammirazione. E' lucido e sudato, ansima, sembra un puledro dopo la prima galoppata.
"Dio mio," fa Rob. "Non tremare, métticila tutta." "Fammi coraggio, Richetti." "Coraggio coraggio." "Vammi a prendere qualcosa." "Ora ti prendo un cognac." "Per carità, ho la colite." "Un caffè?" "Con questi nervi..." " Si può sapere che cavolo vuoi ?" "Zucchero."
Gli do due zollette di zucchero, mi sorride nitrendo, sembra proprio un cavallo. In quel momento comincia a tuonare. No, sono i muratori che lavorano nel piano di sopra. Arifanno il pavimento del ministero, son due anni che arifanno il pavimento.
Quindici deboli lampade tentano di illuminare il corridoio lungo 200 metri punteggiato da cicche ammucchiate nei vari angoletti e irrorato qua e là da anemici sputacchi burocratici.
Un candidato dalle gambe esili e lunghe e dall'ampia falcata sta facendo velocemente il giro di tutti e quattro i corridoi. Sono 800 metri al giro, mi han detto che per scaricarsi dovrà percorrere più di sei giri, circa cinque chilometri. E' dimagrito. "Forza forza" gli gridiamo. Qualcuno gli porge dell'acqua, il capo degli uscieri in redingote grigia e un sigaro grosso come un salame lo osserva ironicamente.
I concorrenti si sorridono, si incoraggiano a vicenda, si fanno complimenti e auguri. Sono sinceri, in questo momento sono sinceri e in buona fede. Rob trema. "Fregnone," gli dico. E lui: "Sto pensando alla mia famiglia, ai miei figli."
"Non è vero, pensi al Giannarelli". Rob sorride, trema, infila tra le labbra tremanti una sigaretta, è la prima volta che lo vedo fumare.
Si avvicina al nostro gruppo un concorrente veneto dai capelli candidi e il passo lento un po' strascicato.
"Da dove vieni, nonno?" "Da Venessia." "È la prima volta che tenti il concorso?" "La settima." "Chissà che esperienza."
Tutti i candidati vestono di scuro con candidi colletti semiduri e scarpe nere a punta. Esce un altro dallo stanzino, è semiaffumicato.
"Che ti ha chiesto?" "Com'è composto il Consiglio d'amministrazione della Cassa scolastica." "E poi?" "Mi han chiesto: il 1° aprile lei potrebbe concedere il nulla osta ad un alunno, il quale…" "Hanno detto: il quale?" "Sì." "E perché proprio il 1° aprile?" "Forse è un pesce d'aprile."
Quel loro riso trema in fondo alla gola. Qualcuno ha condotto con sé moglie e bambini. Anche le mendicanti romane affittano bimbi laceri per impietosire i passanti. Ma è presente anche il tipo di moglie à la page, la quale se affrontasse la prova al posto del marito riscuoterebbe un buon successo perché è sicura di sé, sa parlare, ha belle gambe.
"Vedi, Rob, tu non hai condotto tua moglie né i tuoi figli." "Non ci ho pensato." "Del resto tua moglie è linfatica, una faccia che pare un limone. Non potrebbe esserti di giovamento".
"Vedi, il problema è questo: presentarsi con moglie linfatica e bimbi laceri - onde impietosire - o con moglie avvenente per adescare?" "Dipende dalla sensibilità degli esaminatori."
"Altro problema: presentare la tessera del Movimento Sociale o quella di partigiano combattente?"
"Se potessi darti un consiglio, Rob, Dio sa come lo farei volentieri. Ma tu sai che in tutti gli esami si corre un'alea. E del resto chi ti dice che questa commissione non riesca ad essere assolutamente imparziale e comunque superiore a certi meschini apprezzamenti?"
"Non sono apprezzamenti meschini. È essenziale conoscere gli orientamenti ideologici dei futuri Capi d'Istituto." "Piuttosto, hai qualche appoggio?" "Un deputato." "E cardinali niente?"
Si morse le labbra. "Ne avevo uno, ma purtroppo è caduto in disgrazia, non vale più nulla." "Beh, ora devo lasciarti perché ho lezione. Mi dispiace." "Insegni sempre a Chiapuzza?" "Per ora sì. Viemmi a trovare appena puoi." "Ciao, ti saluto."
Mi allontano a passi veloci lungo il corridoio in penombra, passando accanto ad una stanza d'ufficio illuminata e deserta. I muratori hanno trascinato nel corridoio tre scaffali ricolmi di cartelle e registri. Entro nella stanza, mi giro attorno, scorgo una ventina di timbri sopra la scrivania, ne afferro uno a caso e lo intasco. Appena esco, incontro un concorrente che conosco da anni, gli stringo la mano e gliela insudicio di inchiostro viola.
Sorride. "Tu studi sempre eh" "Studio e prendo appunti." "Si vede."
Estrae dalla tasca un fazzoletto e si appresta ad asciugarsi le mani scuotendo il capo. Mi allontano con il timbro in tasca e un'enorme tristezza. ( … )“
maggio 2005
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