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Riletture
“Non spegnete l’utopia“
Aldo Ettore Quagliozzi
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“( … ) … come le mie finestre: ognuna mi dà un pezzo di prato, ma io il prato non lo vedo mai.
Poveri giovani. Non possono pre-vedere, pro-grammare, pro-gettare. E così non sanno più cosa fare da grandi.
Gli si aprono davanti decine di finestre, e in ognuna vedono un pezzo di qualcosa, ma quel qualcosa non lo vedranno mai per intero.
Stanno lì a guardarle tutte insieme quelle finestre, le tengono tutte aperte, in fila, orizzontali, e non sano.
Non sanno se preferiscono occuparsi di astronomia o di chirurgia plastica, informatica o odontotecnica.
Non lo sanno. Perché non mettono più le virgole, perché noi non glielo insegniamo abbastanza.
( … )“
Credo di aver tratto dal bellissimo volume di Paola Mastrocola “La gallina volante“ tante altre deliziose citazioni inserite nei miei post, deliziose per l’appunto come questa appena trascritta, che ho voluto precedesse il sempre erudito e profondo scrivere di Umberto Galimberti dell’ultima sua interessante nota, pubblicata col titolo preso a prestito per la rilettura proposta, su di un supplemento del quotidiano “la Repubblica“ del 26 di marzo.
Insisto nel ritenere la lettura del volume della professoressa Mastrocola molto più interessante e gratificante rispetto a pubblicazioni più titolate e paludate ma che risentono, queste ultime, di una insopportabile pedanteria pedagogica, nel gran discutere che si va facendo sulle problematiche esistenziali delle giovani generazioni.
Una risposta, non di certo la risposta, su tali problematiche ce la offre la nota di seguito riportata.
“( … ) Della disillusione siamo responsabili noi adulti, che, aderendo incondizionatamente al "sano realismo" del pensiero unico incapace di volare una spanna oltre il business, il profitto e l'interesse individuale, abbiamo abbandonato ogni vincolo di solidarietà, ogni pietà per chi sta peggio di noi, ogni legame affettivo che fuoriesca dallo stretto ambito familiare.
Inoltre abbiamo inaugurato una visione del mondo che guarda alla terra e ai suoi abitanti solo nell'ottica del mercato, anche se poi andiamo ipocritamente predicando i diritti dell'uomo con un'enfasi che trascura di intervenire concretamente sulla fame e la sete dei diseredati, sulle loro malattie che generano inosservati stermini per mancanza di medicine, sulla sorte dell'infanzia che sopravvive alla fame e alla sete, per essere poi, in dimensioni non marginali, impiegata in lavori minorili, in aberrazioni sessuali, quando non in prelievi d'organo.
Il comportamento di noi adulti e l'indifferenza, contrabbandata per impotenza, con cui assistiamo alle condizioni dell'umanità nell'epoca della globalizzazione, minacciano di fare apparire come "naturali" quelle stratificazioni massicce di sofferenza, che invece sono l'effetto del nostro egoismo collettivo, che ci tiene lontani dalla giustizia e quindi dalla buona coscienza.
Tutto ciò inevitabilmente lo trasmettiamo ai nostri ragazzi, che non leggono in noi alcuna tensione ideale, alcuno sguardo utopico che sappia guardare il futuro al di là della pura e semplice sistemazione dei figli, a cui ci rapportiamo, come vuole lo spirito del tempo, in termini esclusivamente contrattuali, con premi, ricompense, regali a ogni tappa della loro crescita, quasi non fosse loro interesse diventare adulti e, invece di "inserirsi", dare un nuovo volto alla società.
La disillusione dei giovani si sposa anche con la loro pigrizia, perché il disfattismo e il fatalismo non mancano di un certo fascino che induce a farsi sedurre dal canto delle sirene della disperazione, dispone all'attesa del peggio, fino a farsi avvolgere da una sorta di notte apocalittica che, come un cielo buio, sembra precludere loro il futuro e assaporare fino alla nausea l'insignificanza della loro esistenza.
Per non provare l'amarezza della delusione meglio non illudersi, per non assaporare l'angoscia della disperazione, meglio non sperare. E senza illusioni e senza speranze, che sono le prerogative dell'età giovanile, si prende dimora in quel presente disincantato che non guarda né avanti né indietro, ma semplicemente si contiene in quella prudenza, che spesso i genitori scambiano per saggezza, quando invece è semplicemente paura, neppure riconosciuta come tale, perché, come si affaccia, è subito ricacciata nel sottosuolo delle loro anime afasiche e prudentemente anaffettive.
( … ) … le fregature peggiori non sono le mancate realizzazioni delle utopie, ma la rinuncia anticipata a immaginare utopie, che poi per i giovani vuol dire immaginare quel futuro che li riguarda, da cui non possono assentarsi.“
aprile 2005
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