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Scuola: per carità, la verità!
Aldo Ettore Quagliozzi
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Titola Marina Boscaino in prima pagina su “l’Unità“ del 28 febbraio 2004 “Famiglie anti-Moratti“. Ed è già un titolo a dir poco sorprendente e preoccupante, in quanto parcellizza la realtà della scuola ad una sola delle sue componenti. E per il resto? E di coloro che poi, di tutte le riforme pensate e studiate da qualsivoglia schieramento politico, dovranno realizzarne la sostanza? Ben poco a quanto se ne sa.
Ma anche e solo pensando a quella componente, le famiglie ovvero la società civile, non è forse il caso di rendersi cauti alla luce di una esperienza già fatta nel mondo della scuola?
Poiché è certo che dietro l’analisi sta sempre in agguato l’enfasi, e che di passo in passo si corre il rischio di scivolare inevitabilmente nella più inutile retorica; e dovendo parlare della scuola e della sua realtà è cosa buona sempre astenersene.
Queste famiglie, ovvero per nobilitarne l’immagine, questa società civile nella scuola come ci sta? Da una personalissima esperienza, e dopo avere frequentato per più di un trentennio gli ambienti scolastici come insegnante e in pari tempo come genitore, devo ammettere che di questa società civile ben poca sostanza ho potuto riscontrare, che anzi è stato tutto un gran darsi da fare per sottrarsi a quell’impegno all’interno della scuola che i pur timidi spiragli aperti dai decreti delegati avevano lasciato intravedere.
Ed allora, è dovuto ricadere il più delle volte sulle persone di già all’interno della scuola l’onere di far funzionare e rendere credibili quegli organismi introdotti per consentire la partecipazione delle famiglie, ovvero della cosiddetta società civile, alla vita della scuola ed alle decisioni che ne avrebbero regolato la sua funzionalità.
E così, mi è personalmente capitato di fare parte della componente insegnanti in tutti quegli organismi ma al contempo, per via di una felicissima doppia paternità, di essere un rappresentante della cosiddetta società civile sin dai consigli di interclasse, e poi nei consigli di classe, e poi ancora nel Consiglio di Circolo, e poi ancora nel Consiglio di istituto, e non certo per pura bramosia di scranni o poltrone da occupare, ma per il semplice ed incontrovertibile fatto che solo la mia presenza, come quella di tanti altri colleghi in veste di genitori, ha consentito la costituzione, la sopravvivenza e la funzionalità di quegli organismi di partecipazione democratica all’interno della scuola.
Per il resto nulla, che la cosiddetta società civile aveva ben altri scranni o poltrone da occupare, ed altro tempo da dedicare a ben altre e più remunerate e ben visibili partecipazioni.
Ed allora, occorrerebbe una straordinaria e doverosa accortezza nel rintracciare le ragioni profonde della partecipazione in queste giornate di mobilitazione da parte delle famiglie, le quali certamente sono interessate soprattutto alla funzione assistenziale che la scuola dovrebbe rendere e non tanto alla validità alla validità didattica e pedagogica della riforma Brichetto in Moratti.
Ma ora che la scuola italiana ha imboccato la via della autonomia, superando di slancio, si fa per dire, la fase della scuola della partecipazione sancita con i decreti delegati, ben altri scenari avrebbero dovuto aprirsi per essa sia sul piano della organizzazione che della assunzione di responsabilità da parte di tutti i suoi protagonisti che, all’interno della scuola, recitano sempre a soggetto, nel quotidiano, le parti loro assegnate.
Ben se ne rende conto la stessa Marina Boscaino allorché, nel suo pezzo, scrive:
“( … ) E’ proprio all’autonomia scolastica e ai margini di intervento che essa consente agli organi collegiali della scuola che guardano tutti per contrastare le iniziative del Governo in materia di istruzione; imposte – come è noto – eludendo il confronto e il dibattito democratico.
La partecipazione degli insegnanti alla mobilitazione di questi mesi è stata però piuttosto eterogenea e nel complesso insoddisfacente.
Senza dubbio esistono molti insegnanti che si sforzano e si impegnano in classe in un’educazione quotidiana alla democrazia, alla partecipazione ( attraverso le discipline insegnate e la riflessione sulla realtà )
Sono gli stessi che hanno compreso l’importanza di un’informazione puntuale su ciò che il Governo sta tentando di realizzare; e decidono di impiegare parte del proprio tempo per la difesa dei principi democratici.
Ma ce ne sono molti altri che continuano ad interpretare il loro lavoro come pura routine. Scettici di professione, disillusi dai fatti, demoralizzati dallo scarso riconoscimento sociale ed economico – qualunque siano i motivi del loro atteggiamento – si ostinano a non comprendere come il nostro non sia un lavoro come gli altri e non possa concretizzarsi esclusivamente in un’impeccabilità formale.
Occorre passione, bisogna crederci profondamente.
E se i collegi docenti – un organo insostituibile nella gestione degli istituti – hanno funzionato non sempre bene, lo dobbiamo a chi li interpreta come una noiosa perdita di tempo, come un momento inutile. ( … )“
Un momento inutile. E’ l’amaro riconoscimento di atteggiamenti di una non isolata realtà che ha attraversato tutte le stagioni della vita della scuola pubblica italiana.
Scrive e definisce Marina Boscaino tanti insegnanti italiani scettici, disillusi, demoralizzati. Ma quanti sono questi scettici, quanti sono questi disillusi, quanti sono questi demoralizzati? Consiglio e rimando per le risposte del caso allo splendido lavoro svolto dallo I.A.R.D. negli anni trascorsi sullo “stato motivazionale“ degli insegnanti della scuola pubblica italiana.
E per far cosa in cattedra ancora? E se non hanno passione alcuna, se proprio “non ci credono“ o non hanno mai creduto tanto nella scuola dei decreti delegati ed oggi nella scuola della autonomia, che speranza si ha di costruire una scuola che non sia solo pura essenza di formalità?
Una vasta letteratura ed una vasta cinematografia ci hanno proposto negli anni passati tanti spaccati amarissimi e spassosissimi della scuola italiana e della sua magra esistenza; ma anche, in verità, grandi ritratti di veri maestri del vivere, e tanto per ricordarne uno, il Paolo Villaggio maestro di infanzie emarginate e disadattate.
Ma sono solo rappresentazioni di una letteratura e di una cinematografia minori? E i cosiddetti “addetti ai lavori“ cosa ne pensano, come si vedono in quelle vesti? Mi piace, con grande mestizia, riportare un pezzo del non dimenticato e troppo compianto Sandro Onofri, tratto da quel suo meraviglioso lavoro che è stato “Registro di classe“.
Il titolo? “Quelli che…“. Leggere, tanto per ritrovarsi un po’!
“Quelli che… di questi tempi, con gli scrutini, non fanno che interrogare e interrogare.
Quelli che… tanto non serve a niente.
Quelli che… lo sciopero è solo una perdita di tempo.
Quelli che… chi sciopera crea disagio solo ai colleghi.
Quelli che… fate come volete basta che non mi fate tornare di pomeriggio un’altra volta.
Quelli che… per quello che ci danno.
Quelli che… io, con questi studenti qua, posso concedere al massimo un cinque.
Quelli che… io dò tutti sei, mica voglio tornare a fare il recupero.
Quelli che… ma questi sono bestie, cosa gli vuoi dare?
Quelli che… la scuola sarebbe così bella se solo non ci fossero i ragazzi.
Quelli che… noi, che facciamo i professori, lo facciamo per una vocazione.
Quelli che… nessuno lo capisce.
Quelli che… è così bello stare in mezzo ai giovani.
Quelle che…, ehi, sbrighiamoci, a me alle cinque se ne va via la baby-sitter.
Quelli che… senta, Preside, lei deve prendere provvedimenti con questa classe qui.
Quelli che…, con questi giovani, che si presentano col cappellino in testa, e il chwinggum in bocca.
Quelli che… io fra dieci giorni sarò in settimana bianca.
Quelli che… a me mi mancano solo due anni per la pensione.
Quelli che… a me ne mancavano tre, ma mi hanno fregato.
Quelli che… lasciano la macchina alla stazione, sennò lo stipendio se ne va via per la benzina.
Quelli che… io sono un professore serio, i miei voti vanno dal due al cinque.
Quelli che… ma com’è, com’è che le colleghe so’ diventate tutte racchie?
Quelli che… in questa cazzo di scuola non c’è manco una saponetta.
Quelli che… ma dopo, c’è qualcuno che mi dà un passaggio?
Quelli che… ma in gita chi ci va quest’anno?
Quelli che… abbiamo studiato tanto, e guarda come ci ritroviamo.
Quelli che… tanto puoi insegnargli quello che ti pare, questi quando escono da qui che ti credi che gli resta?
Quelli che… l’hai vista la supplente di ginnastica quanto è bòna?
Quelli che… ma quanto ci danno per la maturità?
Quelli che… basta , basta fare gli psicologi, qui chi non fa non merita.
Quelli che… tanto lo so, vi lamentate e poi a fine anno promuovete tutti.
Quelli che… io non ero così.
Quelli che… invece no, questo ragazzo è proprio educato, buono, non disturba mai, sta zitto zitto: sette!
Quelli che… è tutta fatica sprecata.
Quelle che… ma dove l’hai comprato ‘sto cappottino?
Quelle che… se rinasco voglio fa’ la bidella.
Quelli che… queste giovani generazioni, senza valori, senza più padri.
Quelli che… a noi ci dovrebbero dare l’indennità per i rischi che ci accolliamo.
Quelli che… la loro materia la sanno così, non c’è mica bisogno di studiare.
Quelli che… ma tu non sei un po’ troppo largo di maniche?
Quelli che… io il verbale non lo scrivo.
Quelli che… i genitori sono peggio dei figli.
Quelli che… per questi qui, quello che so basta e avanza.
Quelli che… guardano quelli che…, e pensano: questi, beati loro, questi non hanno ancora capito.”
2 marzo 2004
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