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Quali priorità e quali obiettivi
Paola Capozzi
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Costruire le premesse per un'altra scuola, progettare una scuola migliore, implica una chiarezza di priorità e obiettivi che a mio parere
non c'è. Ecco spiegato l'inspiegabile, ovvero perché il diffuso rifiuto della riforma Moratti non riesce a trasformarsi in una critica reale
alle sue premesse e finalità, a muovere una protesta unitaria di tutte le componenti coinvolte nel mondo della scuola intorno a obiettivi
ampiamente condivisi e condivisibili.
E qui vedo alcuni spunti per una riflessione di più ampio respiro, in grado di andare alle radici stesse dei problemi piuttosto che alle loro conseguenze nel vano tentativo di raddrizzare ciò che è nato storto e tale è destinato a rimanere.
Il primo punto di questa riflessione riguarda pertanto la stessa funzione sociale del sistema scolastico nazionale e la sua reale capacità
di garantire a tutti pari opportunità di accesso ad una istruzione di qualità. Bisogna riconoscere che una riforma della scuola pubblica
ha senso solo se finalizzata alla tutela e all'estensione di un diritto, quello all'istruzione, gravemente compromesso da decenni di tagli
alla spesa pubblica associati alle politiche di privatizzazione che proprio il centro-sinistra, varando a suo tempo la legge sulla parità, si è impegnato ad accelerare.
Eccolo qui il problema, il vero nodo che dissolve la potenzialità di incidere realmente "dal basso" sui cambiamenti imposti dalla riforma
Moratti. E, a tale proposito, mi piacerebbe veramente sapere quale sia l'alternativa tra una morte rapida e una lunga agonia, mi piacerebbe
sapere quanto realmente il centro-sinistra sia intenzionato a investire risorse in un progetto di riforma della scuola pubblica
alternativo ad una sua progressiva privatizzazione. Che peraltro non è nemmeno una peculiarità italiana, se non nei termini e nelle modalità con le
quali si sta attuando qui, ma un progetto di portata molto vasta, voluto e imposto dalle classi padronali europee e sostenuto
dalla Commissione di cui, non a caso, è presidente il nostro Romano Prodi.
La riforma Moratti ha semplicemente il merito di scontentare tutti, aggregando un dissenso talmente ampio da far scendere in piazza insieme insegnanti e genitori. D'altra parte questo governo ci ha portati ad un grado di esasperazione tale da farci considerare relativo, a fronte dell'urgenza di fermarlo in qualche modo, perfino il tentativo di un'alternativa programmatica vera e propria, che in effetti, a guardar bene, forse non c'è.
La lotta degli insegnanti, fondamentale ai fini della resistenza della scuola pubblica nel nostro paese, per diventare uno "sciopero della scuola", per non rimanere una iniziativa isolata volta a contrastare le prospettive di flessibilizzazione e i tagli all'organico, deve tentare di includere e coinvolgere nelle proprie ragioni anche le altre componenti del mondo della scuola; deve trasformarsi in un terreno di battaglia comune ai lavoratori e alla società civile. Io credo che unendo le forze non solo si possa ancora difendere "questa" scuola, ma anche gettare quelle premesse di cui parli: per una scuola migliore, strutturalmente inclusiva e democratica in quanto generata da un'esperienza largamente partecipata e partecipativa e dallo sforzo congiunto di tutte le sue componenti.
19 gennaio 2004
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