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Paura e desiderio di essere nel Villaggio globale
Nadia Citarella
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Il processo evolutivo-sociale di ogni uomo si attua attraverso la relazionalità e la reciprocità comunicativa che promuovono l’affermazione personale, oppure la limitano, dalla totale dipendenza infantile della relazione filiale alla relativa indipendenza delle relazioni adulte.
Il bambino è orientato verso gli altri fin dalla nascita, la sua ricerca di relazioni ha finalità adattive e di sopravvivenza, e la patologia diviene il riflesso di disturbi e interferenze nei rapporti con gli altri; ma anche il ruolo dell’ambiente, per dirla con Winnicott, ha un suo notevole peso nello sviluppo psicologico in base a frustrazioni e condizionamenti che provengono da esso.
La crisi del tradizionale modello pedagogico, che si risolveva nel rapporto educativo intergenerazionale, ossia in trasmissione di conoscenze e valori sociali da una generazione adulta e matura ad un’altra non adulta e non matura, trova la sua naturale soluzione in una forma di educazione permanente, che consente di vivere cambiamenti continui e veloci nell’epoca della complessità, ponendosi come obiettivo non un’educazione completa, progredita e compiuta una volta e per sempre, ma, piuttosto vuole formare uomini educabili che sappiano gestire un apprendimento costante e in continuo fieri.
Nel 1970, anno internazionale dell’educazione, il testo pubblicato dall’UNESCO si esprime in tal senso, proponendo come funzione essenziale dell’educazione iniziale non la trasmissione di competenze e conoscenze, ma la capacità di . Lengrand precisa che “gli schemi tradizionali di spiegazione del mondo e dei comportamenti individuali e sociali risultano ormai inadeguati a causa del ritmo accelerato con cui si realizzano le innovazioni”.
M. Lichtner lancia l’idea di “una straordinaria avventura”, il soggetto esprime un progetto di umanità, nella società che cambia globalmente e continuamente a livello planetario, e fa suo il divenire perché educato ad utilizzare le risorse intellettuali e spirituali. La formazione e l’educazione non sono più, e penso che forse non lo siano mai state, almeno completamente, finalità solo della scuola e dei maestri. L’intera comunità è coinvolta in questo progetto educativo che si dilata nel tempo e nelle dimensioni, e si interessa della persona nella sua interezza e nei suoi rapporti e relazioni con gli altri.
“Ogni problema della vita per essere risolto richiede la capacità di cooperare, e ogni compito deve essere risolto nel quadro della nostra società umana e in un modo che serva al progresso del nostro umano benessere. Solo l’individuo il quale comprende che vivere significa contribuire sarà in grado di affrontare le proprie difficoltà con coraggio e con buone possibilità di successo”. Così sostiene Adler, lo psicologo di un modello di intervento psico-sociale, che si può definire psicologia di comunità, un settore particolarmente giovane della psicologia che si è sviluppato a partire dagli anni Sessanta e che tenta di dimostrare che il sentimento sociale è innato ed è il nucleo fondamentale degli impulsi umani .
Nel Villaggio globale del terzo millennio si sta costruendo inconsapevolmente, o forse con la consapevolezza mirata di qualcuno, uno squilibrio sempre più profondo fra l’area opulenta del mondo tecno-industriale e l’area misera e affamata del terzo mondo. Questo esacerbarsi di situazioni paradossali provoca crisi esistenziali individuali e collettive nelle quali si riflettono le rinascenti intolleranze razziali, l’obsolescenza dei valori forti, le violenze sui più deboli. Adler e la sua riflessione ed esperienza sul sentimento sociale può indicarci la via per risollevare le sorti dell’umanità alla deriva, in questi “mala tempora”; può aiutarci a progettare e a realizzare una terza via fra un capitalismo asfissiante (del vinca il più forte) ed un socialismo esasperato (statalista ed autoritario), tra l’altro già spentosi senza grossi lutti.
Adler scrive in una sua opera del 1933 che “il sentimento sociale tende verso una forma di collettività da intendersi come eterna e da immaginarsi come il culmine dello scopo di perfezione dell’umanità.”
Il fine, dunque, dell’umanità è quello di costruire una società ideale prodotta dal sentimento sociale. Una società a misura d’uomo, dove ognuno si senta partecipe del Noi, dia il meglio di sé con responsabile libertà e appassionato impegno, e riceva ciò che gli occorre, secondo le sue esigenze: fisiche, psichiche e spirituali, in un clima disteso, democratico, pacifico, di apprendimento continuo e di emancipazione.
Per cambiare direzione si devono individuare i contesti situazionali e conflittuali che influenzano a livello emotivo e cognitivo le persone, analizzando bisogni, percezioni e rappresentazioni sociali degli individui inseriti in un dato sistema sociale e si devono delineare i percorsi di cambiamento negli atteggiamenti e nei comportamenti. Fare questo significa già essere sulla buona strada verso la Verità ultima, che, seppure non conoscibile nell’interezza della sua complessità, è in definitiva l’orientamento di senso e di significato della nostra vita.
E’ possibile cambiare il concetto di sé ed indirizzare la propria vita verso cammini di libertà e di bene collettivo facendo dono di sé. Il far dono di sé, secondo i principi cristiani e non cristiani, è l’atto più liberatorio che possa esistere e che solo può dare luce alle ombre dei nostri dubbi, delle nostre incertezze, dei nostri vuoti e del nostro senso di inutilità e di inferiorità.
In una società complessa come quella del terzo millennio fondata sull’interesse egoistico e sulla costrizione pubblica, sul mercato e sullo stato, il dono della reciprocità gratuita nasce dall’insofferenza verso il sistema e si manifesta come una rinascita, un ricongiungimento con la fonte della vita e dell’energia universale. “Soltanto chi possiede lo spirito del dono può vederlo all’opera nell’osservare i comportamenti umani.” (J.T. Godbout)
La nascita è il dono per eccellenza. Dando la vita si muore un poco per far posto al nuovo essere, perché colui che nasce è infinitamente debole e potrebbe essere schiacciato all’istante da coloro che danno la vita. In molte società primitive il dio della morte è anche il dio della nascita. Nel momento in cui si decide di dare la vita ci si impegna per tutta la propria vita ad assolvere l’arduo compito di educare a vivere secondo i paradigmi della cultura a cui si appartiene. Il bambino attraverso l’educazione emerge dall’angoscia della sua impotenza e diventa uomo, soggetto che si relaziona con altri soggetti in un determinato spazio e in un certo tempo. Al dono si sostituisce il diritto di essere e di avere, di esistere e di appartenere, di fare e di pensare, di cambiare e di ricordare, di sentirsi felicemente diverso dagli altri e di condividere con gli altri il cammino dell’umanità.
Nella modernità, i legami sociali si sono trasformati in rapporti fra estranei retti dal mercato e si è avuta una catastrofica frattura con l’universo del passato e con la trascendenza. Tutto ciò che non si ricollega ad un fine utilitaristico è oggetto di derisione o/e d’indifferenza. I morti, gli antenati, la coscienza, la morale, i valori, Dio sono considerati un’illusione, qualcosa di irrazionale, non in tendenza con i ritmi moderni. Ed ecco la fine del sentimento, la negazione degli ideali, l’intolleranza, l’egoismo, la solitudine, l’angoscia del quotidiano e il buco nero del perché esistiamo.
Secondo aggiornate statistiche risultano essere in aumento, nell’opulento mondo occidentale, i suicidi individuali e quelli collettivi. Sono cresciuti i tristi fenomeni di delinquenza minorile, soprattutto sottoforma di gruppo; il branco che agisce in forza della numerosità dei suoi adepti è una realtà che rivela la profondità del vuoto formativo, che in questi ultimi anni si è creato e che bisogna colmare con strategie particolari, filtrate dai vari saperi legati alle scienze umane.
A chi affidare le sorti degli uomini del terzo millennio? La famiglia e la scuola nella società condividono la responsabilità formativa e nello specifico dei loro contesti spazio-temporali rappresentano le agenzie educative privilegiate per attivare interventi di promozione del benessere sociale e di prevenzione del disagio e dei fenomeni delinquenziali. In particolare, si dovrebbero analizzare le relazioni genitori-figli e docenti-alunni per avviare progetti sperimentali di prevenzione e di recupero, finalizzati a realizzare uomini migliori per una società più giusta. A loro volta educatori quali genitori e docenti necessitano di un supporto formativo e di un sostegno tecnico-scientifico che li guidi nel loro operato.
Cosimo Variale nei suoi recenti lavori ha più volte sostenuto quanto sia importante per un docente acquisire metodi e tecniche che gli consentano di conoscere e di comprendere in profondità gli stili di vita degli allievi per gestire le loro complesse dinamiche emotive e cognitive. Questo permetterebbe al docente di caratterizzarsi come punto di riferimento empatico per uno sviluppo socio-emotivo più equilibrato dell’allievo. Infatti, la relazione maestro-alunno si definisce tipicamente in una dinamica in cui vengono coinvolti emozioni, sentimenti, conflitti, proiezioni, intese.
Non a caso nella società complessa della globalizzazione e della secolarizzazione cresce a vista d’occhio il numero degli adolescenti con problemi di anoressia, bulimia, ansia, depressione, disagio scolastico, ed inoltre sono aumentati i casi di abbandono scolastico con il pericolo incombente dell’analfabetismo di ritorno, che negli Stati Uniti d’America è già una realtà. Non si può restare indifferenti ad una situazione problematica che coinvolge tutti i segmenti della società, senza distinzione di sesso, di reddito e di localizzazioni geografiche. La salute psicofisica è, quindi, una variabile dipendente dal valore delle relazioni, che per poter essere accettabili devono nutrirsi di una comunicazione efficace e di negoziazione equilibrata tra le generazioni.
Secondo Maslow lo sviluppo psichico dipende dalla soddisfazione dei bisogni fondamentali, tra cui pone l’autostima e la sicurezza. La persona per autodeterminarsi deve trovare in sé stessa e nell’ambiente le occasioni di crescita necessarie per sviluppare il potenziale positivo che ogni individuo ha in sé.
Dal punto di vista educativo ciò significa che gli educatori devono realizzare percorsi metodologici di ascolto delle esigenze degli educandi, soprattutto di quelli “più difficili”, e comunicare in maniera corretta messaggi di approvazione o correttivi dei comportamenti inadeguati. L’uso delle tecniche del problem-solving, del brainstorming, del circle-time o del role-playng possono contribuire a creare nella classe un clima sereno di benessere collettivo, dove, in ogni caso, il maestro, autorevolmente ed amorevolmente, si fa orientatore e mediatore per gestire in modo equilibrato anche le situazioni più particolari.
È evidente che i rapporti interpersonali possono essere sia fonte di aiuto che di stress, ma è anche risaputo che gli effetti negativi di una relazione possono essere recuperati dagli effetti positivi di un’altra relazione. Sentirsi integrato nella rete sociale della cultura di appartenenza permette di costruire la propria autoconsapevolezza, l’identità, l’autostima, l’equilibrio. Far parte di una rete sociale significa avere un ruolo definito, socialmente riconosciuto e gratificante. L’autostima, l’equilibrio psico-fisico, l’identità, la gratificazione rendono la persona soddisfatta della propria esistenza, le permettono di alzare gli occhi al cielo, volendo non più avere, ma essere.
Il benessere psicosociale del singolo consente il benessere della famiglia e della società. L’obiettivo è, quindi, l’educazione delle nuove generazioni, secondo una strategia che porti all’equilibrio nella relazionalità interna alla famiglia ed esterna ad essa. Il quadro della paideia contemporanea è reso certamente più complesso dalla comunicazione invasiva multimediale, che ha una forte incidenza formativa senza progettualità. La pianificazione di un progetto che riguardi l’educazione permanente va a collocarsi tra le possibili soluzioni alla crisi contemporanea, superando i confini tra scuola ed extrascuola e diventando coestensiva all’intera comunità e per tutta la vita di ogni uomo.
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