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Reclutamento e valutazione
Alberto Biuso
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La diagnosi di De Luca, le varie tipologie di docenti che individua in relazione al tema della valutazione, le proposte operative che formula mi sembrano di grande interesse.
Ho apprezzato, in particolare, le seguenti affermazioni:
Le osservazioni in proposito sono sicuramente giuste, ma mi pare grave che nella valutazione di un docente - di storia, ad esempio - non si tenga conto del fatto che ha scritto un libro importante su Giolitti o sulla Rivoluzione francese, oppure che ha svolto attività di docenza in contesti non scolastici (università, istituti culturali e simili), oppure che ha svolto attività professionali comunque rilevanti per il suo settore (nel caso di un insegnante di musica, ad esempio, che svolga attività concertistica)
Quanto all'oggettività, poi, mi spaventano ancor più i pedagogisti-docimologi, questi 'esperti' che ne sanno in genere meno di un buon docente di scuola e che rappresentano una delle corporazioni più nefaste che si aggiri intorno alla scuola
La seconda è che per passare al livello più alto della docenza bisogna definire bene i criteri, perché un rischio esiste. Mi spiego: da qualche anno mi sembra di assistere alla nascita di una nuova categoria, che io chiamo i 'professionisti del progetto'. Questi insegnanti, anche se a volte non sono particolarmente brillanti ed efficaci come insegnanti, sono efficacissimi nel buttare giù 'progetti' sui più svariati argomenti, in modo particolare su quelli che il Ministero è poi pronto a finanziare.
Talora (non voglio dire spesso) si tratta di aria fritta, ma magari è ben pagata, e tutti i colleghi sono contenti che a scuola arrivino dei soldi; ma, culturalmente e dal punto di vista della formazione, siamo vicini allo zero
Vengo, molto brevemente, alle proposte concrete. Anch'io sono stato di recente invitato a formularne qualcuna durante un incontro pubblico. Qui riporto una sintesi del mio intervento, partendo da quanto ho già scritto in lista a proposito del reclutamento dei docenti. Reclutamento la cui articolazione ritengo assolutamente propedeutica e condizionante ogni ulteriore proposta di riqualificazione della scuola e di valutazione dell'attività docente.
I docenti di ogni ordine e grado per poter accedere all'insegnamento dovranno possedere una laurea di secondo livello (3 anni + 2 di specializzazione disciplinare; cfr. decreto quadro 509 del 4 gennaio 2000 che istituisce le lauree triennali e quelle specialistiche) la quale garantisca il possesso di solide competenze disciplinari e non soltanto di generiche conoscenze metodologiche. I laureati che intendano dedicarsi all' insegnamento dovranno, inoltre, aver frequentato con buoni risultati un anno di ulteriore specializzazione, comprensiva di tirocinio didattico, in appositi corsi a numero programmato. A tali corsi si potrà accedere in base a un esame per titoli. Alla fine di questo iter di sei anni, e sulla base del numero programmato calcolato anno per anno con l'ausilio degli indicatori economici e delle esigenze di reclutamento, viene garantita l'immissione in ruolo.
Passando alla valutazione degli insegnanti già di ruolo, ecco una sintesi della mia proposta:
La carriera economica degli insegnanti viene determinata dai seguenti criteri, in ordine decrescente di importanza:
a. titoli scientifici e pubblicazioni
b. la verifica -su richiesta del docente- del gradimento degli studenti e delle famiglie, sia degli studenti ancora a scuola che di coloro che si sono inseriti nell'università e nel mondo del lavoro
c. l'insieme dei documenti didattici, metodologici, disciplinari elaborati dal docente e destinati alla pratica scolastica quotidiana e quale contributo personale alle scelte educative dell'Istituto
d. anzianità di servizio
Tali elementi saranno valutati -sulla base di criteri predisposti dall' Amministrazione centrale- da una commissione apposita eletta dal Collegio Docenti a scrutinio segreto e sul fondamento di candidature formalizzate in precedenza.
Sono solo degli spunti e rispetto alle proposte di De Luca mi sembra che venga ridimensionato soprattutto il ruolo del Dirigente Scolastico. Questo forse dipende in gran parte dalle mie personali esperienze. In sedici anni di insegnamento credo, infatti, di aver conosciuto sette presidi e solo due di essi mi sono sembrate persone umanamente equilibrate e culturalmente provvedute. Il resto -rispecchiando forse le caratteristiche di non pochi docenti- è stato composto da analfabeti, traffichini tesi all'arricchimento personale o da frustrati in cerca di riscatto sociale (delirio di potere).
Ammetto la parzialità delle mie ragioni ma non mi si può chiedere di affidare a persone siffatte la valutazione del lavoro dei docenti... In barba a qualunque autonomia, alle norme giuridiche, all'impostazione aziendalistica e a tante belle parole, infatti, un dirigente incapace o peggio non risponde mai in proprio e viene sistematicamente coperto
dall'amministrazione, anche in casi di incompetenza o di abuso clamorosi.
Chiedo ai colleghi -e alla loro esperienza concreta- se le cose stiano così o meno. E qui si potrebbe aprire la questione del reclutamento dei dirigenti scolastici: fino a ora come è stato attuato? Per merito? Attraverso un lento e tenace inserimento nei gangli dell'amministrazione scolastica (e con il contestuale abbandono dell'aggiornamento culturale)? Per appartenenza sindacale (ne conosco decine con la rispettiva tessera...)?
Al di là dei presidi, comunque, credo che una valutazione possa e debba esserci ma sia da organizzare con garanzie molto precise e sulla base delle competenze disciplinari (titoli), del modo quotidiano con cui vengono trasmesse (materiale didattico elaborato e concretamente utilizzato), dei risultati conseguiti (giudizio di studenti e famiglie).
16 novembre 2000
in dall'interno della "riforma": |
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