IL MONDO IN MEZZO

vincenzo andraous - fabio gandi

Personaggi
detenuto
guardia
volontari
cappellano

luogo. È un luogo qualunque, oggi.
Sul palco dovranno esserci pochi ed essenziali oggetti:
Una gabbia di 2 m. per 2 m. sospesa in aria a 2 m. di altezza, posta sul lato sinistro del palco. Nella gabbia ci sarà solamente una piccola branda e una sedia.
Sul lato destro una sedia e un tavolo.
Il fondale possibilmente nero.


ATTO I
scena I


H. : Guardia! Dove sei guardia?
G. : (voce dalle quinte) Non rompere H., ti ho già detto mille volte che non sono qui solo per te; sto facendo altro. Quando avrò tempo, verrò a vedere se sei ancora vivo.
H. : Come? Non sei qui per me? Sono l'unico detenuto in questo braccio della morte e tu non sei qui per me? Scherzi? Per chi sei qui? Cosa devi controllare? (Con tono ironico) Stai contando gli scarafaggi che attraversano questo schifo di braccio? Entrano o escono? Ah, già, scusa … di qui non esce nessuno. Dove vanno, cosa fanno? Almeno dimmi cosa fanno. E i topi…i topi cosa fanno?
G. : (entra in scena) Marciscono…dietro le sbarre…Anzi, se fosse per me, non marcirebbero. È troppo lungo e costoso per lo Stato tenere dei topi come te a mangiare e a dormire in gabbia. Io adotterei una soluzione più sbrigativa. Mio nonno, buonanima, quando prendeva i topi in trappola, li calava nel fosso dietro casa, con tutta la trappola.
H. : Povera guardia! Sei legato a doppio filo al mio destino. Tutto il giorno, qui attorno alle sbarre che ho intorno. In fondo sei prigioniero con me. Se io affogo nella trappola…affoghi con me.
G. : Ti sbagli. Io sono quello che ha in mano la trappola. La tua gabbia.
H. : (Sarcastico) Peccato non te la lascino allagare.
G. : Peccato per me. Fortuna tua. Ma verrà il giorno… e io ci sarò.
H. : Anch'io…presumo. Non ci sarò il giorno dopo! Tu cosa farai il giorno dopo? E quello dopo ancora? Ti mancherò? Dimmi che ti mancherò…almeno un pochino…
G. : (Chiaramente indispettito) Non rompere, H. Lasciami stare…ho cose più importanti da fare che stare a sentire le tue sceneggiate. (Si allontana, sta uscendo, poi improvvisamente si gira e torna verso la cella) Comunque di topacci come te è pieno il mondo, anche se non tutti sono da fogna come te. Non penso che mi mancherà il lavoro dopo la tua (scandendo bene le lettere) E-S-E-C-U-Z-I-O-N-E.

(Si spengono le luci, tranne quella della cella).

ATTO I
scena II


H. si corica nella branda e inizia a parlare tra sé e sé.

H. : Questa maledetta luce! Sembra la pena del contrappasso: dopo una vita intera dignitosamente (sottolineato ridacchiando) vissuta di notte, quindici anni di luce…sempre accesa. (In tono scherzosamente serio) Prima del grande buio. Ma ora, voilà, luce, artificiale. (Ridendo) Come questo schifo di vita che sto facendo.
(Sembra mettersi a dormire. Nel sonno si agita)

POLVERE - E. Ruggeri

(Si risveglia e continua a parlare fra sé)
Da quando ho saputo che Carlos è stato rilasciato, questo solito incubo ritorna. Sembrava tutto dimenticato, coperto da una coltre di polvere, invece ritorna il maledetto. Il passato.
Carlos ora è libero.
Mi sembra strano. Per la prima volta non condividiamo lo stesso destino. Sembriamo due gocce d'acqua. Siamo nati dalla stessa pancia di quella strada che abbiamo fatto nostra. Quante volte siamo entrati nei negozi a rubare, quante volte siamo stati inseguiti e non ci hanno preso.
Quel giorno ho guardato Carlos con la sua pistola. Era lucente e stava a fatica in una mano, faceva impressione.
I dubbi, le incertezze, erano svaniti, sotto l'effetto di una colossale sniffata. Carlos aveva sempre la roba, perché la vendeva.
La gioielleria era là, con le vetrine splendenti di orologi e pietre preziose. Per giorni le avevamo guardate, immaginando cosa avremmo potuto fare con tutto quel ben di Dio. Avevamo controllato la strada di accesso e di fuga, i clienti che entravano, le persone che stazionavano all'intorno, quante macchine della Polizia incrociavano in quel punto. Per giorni ci siamo illusi di essere noi i padroni del mondo.
…e poi, e poi…quel poliziotto e quel bambino.
(Si rimette a dormire)

POLVERE - E. Ruggeri

ATTO I
scena III


Si riaccendono tutte le luci

G. : (Passando il manganello sulle sbarre) Sveglia!
H. : (Si alza, si aggrappa alle sbarre, ed inizia ad urlare) Guardia! Dove sei, guardia? Allora, guardia, per Dio, vuoi alzare il tuo culo da quella sedia e venire da me? Non è ancora giunto il mio momento per cui, "fai il tuo dovere", muovi quel corpo di lardo e vieni qui…hai capito?…ho sete.
G. : (Dalle quinte) Apri il rubinetto, le hai le mani. Le hai usate quando ti sono servite…per sparare.
H. : (Tutto tirato e in modo sarcastico) Ma bravo, hai dato un giudizio! La guardia parla…e giudica, come i benpensanti. Fai presto a parlare, a dare dei giudizi…guardi…senti dire…scuoti la testa…e ci bollate. Sì, avete capito bene, ci marchiate come tante belle bestie che vanno al macello, col fuoco, il fuoco della pubblica denuncia: "H.C. è un trasgressore!!!"
Ipocrita, sei solo un volgare ipocrita. Ci hai mai pensato un attimo, un attimo solo, a me? Al mio destino? Ti sei mai chiesto per un solo secondo: "è giusto condannare a morte un uomo che ha ucciso per un pugno di soldi? È giusto fare come lui? Che ne sai tu di me, del mio passato!
(chiaramente rivolto al pubblico) E voi? Voi che vivete in comodi appartamenti, che la sera tornate a casa e trovate la cena pronta e tanta allegria! Avete provato mai ad avere per casa il cemento del marciapiede, vi siete mai chiesti chi fosse mio padre?
(cambia tono, di nuovo rivolto a se stesso) Quante volte lui tornava a casa ubriaco e batteva mia madre, e io, per paura, scappavo sulla strada! E lei, mia madre, costretta a sopportare violenza su violenza. Lei è stata brava, fin troppo brava, ha sopportato a lungo…poi, però, non ce l'ha più fatta e così, un bel giorno…frrr…è volata via, come una bianca colomba.
(di nuovo al pubblico) Vigliacchi! Cosa dovevo fare io con un padre sempre "dentro" - in prigione o nel letto di qualche sconosciuta! Come potevo cercarmi un lavoro, chi avrebbe fatto lavorare un "bastardo" figlio di ubriacone, uno che non conosceva le regole…come è stato facile, allora…senza un soldo e con tanta fame…il primo scippo…poi la prima pistola…il primo furto…la prima rapina…poi…il morto…
(cambia tono. Quasi gridando) Ehi, guardia, perché non sei ancora qui...?
G. : Ma sentitelo! Quante belle parole e che bella forma! Se penso che sei arrivato qui che appena sapevi scrivere il tuo nome e parlavi come un troglodita…
Quindici anni a farti una cultura a spese del contribuente…per che cosa? Grand'uomo lo sai che da quindici anni sto pagando le tasse anche per te? Pago per un futuro morto, è incredibile! Per darti da mangiare, per le tue sigarette, le tue telefonate, per farti studiare…è pazzesco. E faccio fatica a tirare la fine del mese, non so se riuscirò a mandare i miei figli all'università.
(sempre più ironico) Però devo pagare le tasse per fare studiare un futuro morto!
H. : Se ti consola, l'unica grande certezza della vita è la morte. Anche per i tuoi figli…tanto vale spendere dei soldi per farli studiare (ride).
(G. accenna una reazione violenta, poi si controlla e si allontana; a questo punto H. intensifica la sua risata che diventa sempre più grassa. G. torna indietro e sferra un colpo fortissimo col manganello contro le sbarre e se ne va. H. continua a ridere sfumando.)


ATTO I
scena IV


G. : Hey H., ecco la posta. Ti scrivono in tanti eh? È incredibile come tante persone gettino via il loro tempo. È sicuramente il fascino del male.
(Si accende una sigaretta) Vuoi? (Fa finta di toglierne una dal pacchetto, poi ci ripensa.) Dopo, quando ne avrò voglia io. (Gli porge le lettere e se ne va).

H. : (Prende la corrispondenza, guarda i mittenti, ne tiene una e posa le altre) Maria!
(Apre la lettera e inizia a leggere passeggiando)
VOCE FEMMINILE FUORI CAMPO:
Roma, 19 luglio
Carissimo H., sono passati tre mesi dalla mia ultima. Come va? Le notizie che riceviamo da lì ci fanno pensare bene. Perché non rispondi? Farebbe molto bene alla tua causa e al nostro lavoro un tuo scritto. Qualunque cosa. Niente di pietoso, è chiaro che non ti chiederei mai di metterti a piagnucolare, so benissimo che non è nel tuo carattere. Però qualche tua riga sarebbe veramente utile. Se non vuoi che la utilizziamo per la raccolta di firme, dillo chiaramente, ma almeno rispondici.
Per amore di verità devo dirti che il morale dei ragazzi non è altissimo; se anche tu non ci aiuti… In ogni caso puoi sempre rispondermi personalmente.
Passiamo alle vere e grandi notizie: la raccolta di firme continua abbastanza bene e in questo momento riusciamo a coprire quattro-cinque città ad ogni fine settimana, con buoni risultati.
Ma la vera notizia è questa: la prossima settimana dovrei incontrare un cardinale, amico di mia sorella, che potrebbe presentare il tuo caso al Papa. Pensa che colpo. Speriamo in bene e preghiamo. Auguri di cuor., Maria.
Post Scrittum: Aggiungo ora, al momento di chiudere la lettera, perché ho avuto solo ora la conferma: ho ottenuto il permesso per una udienza: ci vediamo il 16 del mese prossimo. Ciao.

H. : Maria, Maria. Le firme , la lettera, il cardinale, il Papa: …che casino!
(Va alla branda, posa la lettera di Maria e ne prende un'altra) Derek e Paula: vediamo cosa scrivono…
VOCE FEMMINILE FUORI CAMPO:
Philadelfia, 30 luglio
Caro H., dovresti vedere come sta bene il tuo "faccione" sui nostri cartelloni. Siamo riusciti ad avere da un giornale una foto del processo. Stai proprio bene.
Come va? Noi andiamo, nel senso che siamo sempre in giro. La prossima settimana concludiamo il giro delle capitali, poi inizieremo quello delle città minori.
Dovresti vedere: mattina tutti bardati da uomini sandwich, con decine di cartelloni, sit-in davanti all'ambasciata e al pomeriggio banchetti nelle strade principali per la raccolta di fondi.
Non ti possiamo nascondere che da qualche parte siamo stati insultati, ma la raccolta di fondi prosegue. La speranza di procurarti un ottimo avvocato per l'ultimo appello si sta realizzando.
Ti inviamo le foto dei sit-in di Washington, Madrid e Londra. In mezzo c'è anche la foto dei nostri bambini nel giardino di casa.
Speriamo che tutto ciò ti faccia piacere.
A metà del prossimo mese siamo nei tuoi paraggi e abbiamo ottenuto un incontro con te per il 15. Ci vediamo. In bocca al lupo,
tuoi Derek e Paula.

H. : Ecco qui. Uno non vede nessuno per mesi e poi in due giorni…
(Apre la terza busta e velocemente la scorre con gli occhi)
…appunto. Senti qui: Amministrazione del carcere. "La direzione rende noto che per il 17 p.v. è fissato l'incontro mensile col cappellano etc.etc." Bene, tre giorni, tre udienze…e non ho nulla da dire.


ATTO II
scena I


La scena non cambia, ma tutto si svolge ai piedi della gabbia, dove è stato posizionato un tavolo simbolico percorso al centro per tutta la sua larghezza, da un vetro perpendicolare. Il tavolo è posto a sinistra della gabbia e H. sta seduto dalla parte più vicina alla gabbia, i visitatori saranno invece seduti dalla parte opposta del vetro.
Tutti possono camminare, ma nessuno può superare l'immaginaria linea formata dalla prosecuzione del vetro.


(H. è seduto. Di fronte a lui ci sono Derek e Paula.)
D. : Ciao H., come va?
H. : A me bene, a voi, piuttosto, sembra non vada così bene!.
D. : Cosa vuoi dire?
H. : Ho saputo che vi sgomberano a forza, durante i sit-in. Ne vale la pena? Non sarebbe meglio se ve ne rimaneste un po' di più a casa coi vostri figli? A proposito, come stanno i piccoli?
P. : Bene, ti salutano. Ma non è questo il punto. Il fatto importante…
H. : Il fatto importante è che avete due figli che vi dicono di salutarmi. Due innocenti che vi dicono di salutare un criminale incallito. Cazzo, che storia: uno esce di casa e dice (recitato in falsetto)"vado a trovare H.", "H. chi, papà, il condannato a morte?" Sì, caro, quello che ha sparato a un bambino e a un poliziotto" "Salutamelo mamma!". (Con tono normale) Come se fosse un vecchio zio! Pazzesco! Ma che cazzo di famiglia siete? Che valori insegni ai tuoi figli, Paula? Come fanno a distinguere ciò che è bene da ciò che è male?
P. : Perché ci tratti così? Abbiamo fatto una scelta, ideale, assurda se vuoi, ma civile. Abbiamo deciso di fare opinione sulla pena di morte, di cercare di aprire brecce nelle coscienze. Un giorno i nostri figli capiranno…
D. : Perlomeno che non siamo rimasti immobili a guardare. Che abbiamo combattuto, magari perso. Ma non abbiamo portato il cervello all'ammasso.
H. : Derek, perché proprio io? Non potevi scegliere un altro caso? Uno innocente, magari. Sarebbe stato più semplice.
D. : Certo. Capisci però che se insinuiamo il dubbio sulla validità della pena di morte per un colpevole, il resto diventa, per così dire, automatico.
H. : O.K.! Se tutto va bene che cosa ottieni? Un buon avvocato che, invocando le disgrazie della mia infanzia, riesce a farmi commutare la pena. Per passare il resto dei miei giorni in una gabbia?
P. : Sarebbe già un buon passo.
H. : Sarebbe meglio morire, subito.
P. : Forse è questo il tuo desiderio. Però non posso pensare che tu veramente desideri questo. Dentro di te inconsciamente deve esserci qualcosa che si ribella alla morte.
H. : Mi sono ribellato tutta la vita alla morte. L'ho già provata la sensazione della morte, l'ho sfiorata, l'ho guardata negli occhi. È stato eccitante in alcuni momenti.
L'ho data la morte!
Forse è arrivato il tempo della rassegnazione, o forse il tempo ha deciso di presentarmi il conto da pagare. Sono in debito con la morte.
D. : Non ti seguo più: però non ci puoi proibire di continuare sulla nostra strada. Sarà doloroso, faticoso, continuare senza di te, però non possiamo tornare indietro. Lo capisci?
H. : Andate pure avanti, però, senza rancore, non mi potete chiedere di aiutarvi. Non ci credo in questa cosa. Per me si avvicina l'esecuzione e non ho intenzione di scappare ancora di fronte alla morte. Per poi morire lentamente in gabbia…
P. : Perché non vuoi capire? Se si dovesse vincere la battaglia sulla pena di morte, si potrà iniziare quella sull'ergastolo. In molte parti del mondo già ne parlano.
H. : Prima della prossima battaglia saremo già tutti morti.

Si spengono le luci sulle note di JHONNY 99 di Bruce Springsteen.


ATTO II
scena II


Stessa scena. Al posto di Derek e Paula c'è Maria.

H. : (è in piedi e cammina nervosamente avanti e indietro) Mio dio - scusa - ti rendi conto, Maria, di che casino hai messo in piedi? Un cardinale, il Papa…non riesco a crederci. Per che cosa?
M. : Per te…
H. : Non mi dire così che mi spaventi. Non sai neanche chi sono. Mi hai visto tre volte, ci siamo scritti…se non ti avessi risposto la prima volta…sarebbe stato tutto più semplice! Per lo meno non saremmo a questo punto.
M. : A che punto? Cosa vuoi dire?
H. : A che punto? Al punto che tu vieni qui in carcere, conosci un condannato a morte, ti affascina…che cosa poi? E cosa mi combini? Ti metti in testa anche tu di iniziare la tua battaglia personale.
M. : Non è una battaglia personale, ti rendi conto Ho una fede…
H. : Io no! E questo poi è il "mio" campo di battaglia.
M. : Ma…
H. : So già la solfa: ogni uomo è unico e irripetibile, è figlio di Dio, solo Lui dà la vita e la morte, nessun altro può o deve togliere la vita. Amen. Ma io chi sono?
M. : Un uomo…
H. : No! Una bestia. Un assassino. Un porco. Uno che ha dormito più volte nel letto di prostitute che nel suo. Ma come fa una come te, casa e chiesa - si usa ancora questa espressione?- a innamorarsi di uno così…(momento di silenzio e imbarazzo in entrambi)…scusa, non volevo dirlo.
M. : (A testa china, quasi vergognandosi)…l'hai detto, però.

GEORDIE - F. De Andrè

H. : Ho letto, ho letto tanto in questi anni, Maria. Lo sai: durante il periodo della Riforma, tra voi cattolici nascevano delle Associazioni, mi pare si chiamassero Confraternite. Esisteva un tipo di confraternita che si chiamava "della buona morte"…
M. : …lo so. Aveva il compito di accompagnare i condannati all'esecuzione e confortarli perché non soffrissero troppo, nel corpo e nell'anima.
H. : Ecco, tutto il tuo darti da fare non potrà che portare a questo: accompagnarmi alla morte. Ma la mia anima è gia persa. Per quello che riguarda il corpo, non ti preoccupare. Dicono che sono veloci…e indolori.
M. : Come fai ad essere così fatalista? Potremmo ottenere la grazia…
H. : Vuoi fare l'ultima cosa per me?
M. : Sì, dimmi.
H. : Quando mi hanno fermato, in macchina stavo ascoltando una cassetta di un gruppo irlandese che avevo trovato sull'auto che abbiamo rubato io e Carlos per la fuga. Mi piaceva quel gruppo, non l'avevo mai sentito. Trovami la cassetta, spediscimela.

La scena sfuma su un pezzo dei WATERBOYS.


ATTO II
scena III


H. e il sacerdote sono seduti al tavolo del colloquio

S. : Ho saputo che hai visto Maria ieri.
H. : O.K. ricominciamo da capo. Capitolo chiuso.
S. : Perché? Non ti va di parlarne?
H. : Non lo so, sono stanco. Tutte queste cose: le lettere, le visite, l'avvocato, il ricorso. È Tutto troppo. È arrivato il momento di finire questa corsa.
S. : Quale corsa? La vita?
H. : La vita, la morte, non lo so. Qual è il confine? Quando i poliziotti sono entrati nella gioielleria e Carlos ha gettato l'arma, cosa cercava: la vita o la morte?
E mentre io sparavo scappando? La vita l'avevo in mano. Il dare la morte mi faceva sentire vivo. Quanta gente è caduta? Il poliziotto, un nemico. Il nemico di tutta la vita. E gli altri?
S. : Non sei più quell'uomo.
H. : Non lo so chi sono. Sono stanco oggi.
S. : Ci vediamo un'altra volta?
H. : La settimana prossima.
S. : Va bene. Preparo la richiesta. (Si alza)

(Si chiude il sipario)

ATTO II
scena IV



Al centro del palco, sempre a sipario chiuso, appare un personaggio vestito da giudice, illuminato dall'occhio di bue

G. : Gentili membri della giuria, avete assistito alla storia di H., ora tocca a voi.
Avete tutti gli elementi: il passato, il reato - duplice omicidio -, le vittime, il presente. Non lasciatevi influenzare da altri elementi.
La domanda è: "Ad H., giudicato colpevole di duplice omicidio, un poliziotto e un passante, senza attenuante alcuna, va commutata in ergastolo la pena di morte inflittagli dal tribunale che lo ha giudicato, oppure no?"
All'ingresso avete ricevuto i biglietti. SI o NO. Non c'è astensione. Prendete una decisione e durante l'intervallo depositate il vostro biglietto nell'urna.
Giudicate con libertà. Tra tutti i voti verranno estratti a caso nove biglietti e il giudice, io, pronuncerò la sentenza.
Giudicate con libertà, liberi da condizionamenti, secondo quanto pensate. Il vostro voto potrà essere determinante, come potrà non esserlo.
SI o No. NO o SI.
Cortesi giurati, grazie per la collaborazione.

ATTO III
scena I


H. è nella gabbia, ai suoi piedi sta il sacerdote.

H. : Ciao, prete. Oggi stavo pensando una cosa.
S. : Va meglio, se ricominci a pensare. La settimana scorsa non ti riconoscevo. Non sembravi più tu. Sembravi tornato quello di una volta, quello di dieci anni fa, quando ti ho incontrato per la prima volta.
H. : Stavo giusto pensando a quella prima volta. Ricordi i libri che avevo sul tavolo quando entrasti nella cella?
S. : Certo, mi vien da ridere ancora adesso: Oscar Wilde, il ritratto di Dorian Gray, il Galileo di Brecht, qualcosa di Nietsche e, dulcis in fundo, delle riviste pornografiche.
H. : Ti aspettavo quella volta, volevo vedere come reagivi. Sai, non avevo letto niente di quei libri, avevo raccolto in biblioteca tutto quello che pensavo potesse dare fastidio a un prete.
S. : E io ti dissi che avevo letto tutto, tranne le riviste pornografiche, naturalmente.
H. : Sai, poi ho letto. E oggi sono andato a cercare una frase di Wilde che mi ero appuntato. Senti: La società abbandona l'uomo a se stesso dopo che egli ha subito il castigo, lo abbandona proprio nel momento in cui incomincia il suo più alto dovere verso di lui…
Profetico! È quello che mi sta succedendo.
S. : Qualcuno ti stava aiutando. Perché hai cacciato tutti?
H. : Non mi andava di vedere altre persone sconfitte, basta la mia.
Oggi, mentre noi stiamo parlando, nove persone stanno decidendo il mio castigo. Ti rendi conto? Nove persone che non mi conoscono, che hanno letto la mia storia sul giornale. Qualcuno dirà sì, qualcuno dirà no.
Ma c'è un mondo in mezzo a quei sì e quei no. C'è la loro storia, la loro formazione personale, i loro odi e le loro simpatie. In mezzo c'è anche, forse, la mia storia, il nostro incontro, questi quindici anni di galera e i gli ultimi dieci. Conterà tutto questo?
S. : Spero di sì!
H. : Ti credo, ti ho rispettato in questi lunghi anni e penso che sei stato uno dei pochi amici che ho incontrato. Non mi hai giudicato, hai saputo accogliermi, sei entrato dentro di me in silenzio, lentamente. Se ho cercato un riscatto, se ho cercato di dare risposte agli interrogativi del mio passato che bruciavano dentro, se ho cercato di riscattare, per il poco che qui mi è stato concesso, il male che ho fatto, lo devo a te.
Ma oggi non riesco ad avere la tua speranza. Io non so neppure se credo in Dio. Non so se ho il diritto di credere e di cercare Dio. Gli parlo, lo prendo per un gomito, mi lamento e …rimango in silenzio dalla vergogna.
S. : Non mi cercheresti, se non mi avessi già trovato.
H. : Blaise Pascal. L'ho letto.
Però io ho ancora un peso enorme dentro. Mi trovo solo, più solo che mai, al cospetto delle colpe che non arretrano, delle condanne che non mutano col tempo che passa. Tante volte mi ritrovo senza più la forza di vergognarmi, svuotato di me stesso, come se stessi osservando un uomo nudo che da lontano mi si avvicina con tutta la sua nudità.
Reietto rimango, per le mie colpe, per l'irrisolto dolore di chi non ha più parola.
S. : Questo è il tuo mondo in mezzo. Quello che sta tra la tua gabbia e il mondo. Se hai saputo riempirlo del tuo dolore, della tua ricerca di perdono, della tua volontà di diventare uomo, allora sei già fuori da quella gabbia.
Quanti di noi, che non abbiamo ucciso, vivono in un mondo in mezzo, in cui le coscienze e la vita di tutti di giorni non si incontrano?
Se hai fatto questa strada, non temere il giudizio. Questo mio figlio era morto e l'ho ritrovato, ricordi?
H. : Per questo hai perso tutto questo tempo con me.
S. : Per questo ho vissuto il mio tempo con te.


ATTO III
scena II


Il palco è completamente buio, l'occhio di bue inquadra il lato sinistro dove su uno scranno sta seduto il giudice.

(Il giudice si alza e inizia a leggere)
G.: In nome del popolo, e del gentile pubblico, vista la votazione della giuria, questo tribunale decide di…

IPOTESI FINALE n. 1
…NON ACCOGLIERE la richiesta…
Sulle parole "NON ACCOGLIERE" parte il Dies irae di Mozart e l'occhio di bue inquadra la gabbia su cui è seduto un fantoccio che dà la schiena al pubblico. Il fondo della gabbia si apre e il fantoccio penzola.
Il sipario si chiude subito sulle note del Dies Irae.


IPOTESI FINALE n. 2
…ACCOGLIERE la richiesta…
La gabbia è stata rimossa e tutto finisce con la proiezione sul fondale del Colosseo illuminato sulle note dell'ADAGIO di Pachelbell.


la responsabilità del pollice verso, in una società sempre più protesa ad un darwinismo di comodo, che cancella la possibilità di riscatto, di riparazione e di rinascita in ogni persona che tende a ritrovarsi e ricostruirsi attraverso gli altri.

Vincenzo Andraous, tutor Comunità "Casa del Giovane" di Don Franco Tassone a Pavia via Lomonaco 43
Fabio Gandi, educatore Comunità "Casa del Giovane" di Don Franco Tassone a Pavia via Lo monaco 43
e-mail:vincenzo.andraous@cdg.it

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