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Transdisciplinare
L’attualità di don Milani per la scuola di oggi di Letizia De Torre, Sottosegretario al Ministero della Pubblica Istruzione.

Lingua: Italiana
Destinatari: Insegnanti, Formazione post diploma
Tipologia: Materiale per autoaggiornamento

Abstract:

L’attualità di don Milani per la scuola di oggi
di Letizia De Torre*
 
Il quarantennio della scomparsa di don Lorenzo Milani e della pubblicazione della
‘sua’ Lettera a una professoressa non offre certo il senso di una occasionale
opportunità per riflettere sulla sua straordinaria figura di educatore, viva in
tutti noi grazie all’opera realizzata nella scuola di Barbiana, luogo simbolo di
tutto un messaggio. Sono note e ricorrenti le diatribe sulla ‘appropriazione’
culturale di don Milani, le radiografie al suo pensiero con l’intento malcelato di
collocarlo di qua o di là delle sponde delle ideologie, con il risultato però di
isterilirne il profilo.

Di certo, a ripensare al percorso biografico di Lorenzo Milani, che nasce in una
colta e benestante famiglia fiorentina, culla di illustrissimi cattedratici, per poi
trascorrere la più parte della sua breve vita in ben altro contesto umano e
ambientale, e per sua scelta, è fatale cedere alla domanda su come sia stato
possibile un tale esito paradossale, quale sia stata l’ideologia di riferimento.
Vorrei qui provare a rispondere ripensando alla vicenda umana di don Milani dando
centralità al suo cuore, prima che al suo pensiero, perché credo evidentissima in
lui questa priorità. In lui più che in altri, il pensiero scaturiva dalle sue
profonde motivazioni umane, le stesse che hanno determinato le sue non conformiste
scelte di vita e che, chissà, affondano magari in quegli ideali di semplificazione,
essenzialità e unità che il suo maestro di pittura Hans Joachim Staude gli aveva
fatto, giovanissimo, intravedere.


La scelta degli ultimi

Il cuore di don Milani è stato così capace di empatia da farsi ultimo, cogliere le
necessità più vere degli altri esseri umani (quelle che fanno l’umanità) e dare
tutto ciò che aveva e tutto ciò che era per rispondere a queste necessità. La stessa
individuazione dell’ambito pedagogico come luogo cruciale della realizzazione umana
mostra la sua visione profondamente altruistica: la scelta di convertire ‘l’esilio’
di Barbiana in una missione educativa rimane l’apice, la misura della sua grandezza.
Ogni volta che si manifesta la capacità di dare un senso alla propria vita e alla
propria opera per degli esseri umani in quanto tali, piccoli, poveri,
insignificanti, allora si manifesta qualcosa di grandioso, si svela un’anima che
aveva capito. Conquistare la capacità di conoscere l’uomo e apprezzarlo per quello
che è, è un percorso non usuale, riservato a coloro che non riescono a saziarsi
realizzando la propria umanità se la vedono rispecchiata in altri uomini cui quella
realizzazione è negata.

Don Milani questo percorso l’ha compiuto da cristiano, ma è stato al contempo capace
di dire l’universalità di questa chiamata aprendosi a chicchessia. Se ha scelto, ha
scelto non in base al credo ma in base alle possibilità, prediligendo i poveri e i
deboli.

L’opzione per gli ultimi in don Milani è, nel profondo, una opzione per l’umanità,
per ciò che essa è in ogni suo figlio, e non rischia il classismo ideologico che
porta alla contrapposizione frontale perché per lui l’uomo è fatto per la relazione
e la donazione, anzi per quella relazione compiuta che è l’amore. La sua pedagogia è
infatti scolpita ne “Il fine ultimo è dedicarsi al prossimo”, che inculcava nei suoi
ragazzi e che riassumeva il suo stesso cammino pedagogico ed esistenziale, oltre che
la sua antropologia.

La ricchezza dell’uomo nella capacità di comunicare

Non stupisce allora che abbia dedicato la sua vita a tirare su uomini capaci di
vivere con consapevolezza il loro tempo e la loro società, da protagonisti,
attrezzati a farlo. Giustamente Geno Pampaloni ha individuato e sintetizzato il
messaggio di don Milani in questa frase: “La ricchezza degli uomini sta nella loro
capacità di comunicare”: fornire a ogni uomo questa capacità, fornirlo della parola,
vuol dire realizzarlo nella sua più intima e qualificante potenzialità, la relazione
con gli altri uomini, l’‘esserci’ con gli altri. Privarlo della parola vuol dire
invece, al contrario, privarlo della espressione della sua umanità. Non è
un’arrampicata sociale, la cultura, è una sfida alla realizzazione umana e una
scuola intesa come ‘ascensore sociale’ non rende completamente l’idea di questo
profondo riscatto, che risiede nella conquista dell’essere uomo (“ciò che vada bene
per credenti e atei”).

Don Milani quindi offre ancora oggi una chiave d’ingresso ai problemi che si
presentano in una forma e in una dimensione inaspettati, aiutando a ritrovare il
senso stesso di una scuola che deve servire a umanizzare, deve contribuire alla
costruzione di una società comunitaria, fatta cioè di uomini capaci di relazione,
per ritrovare quella cifra comune oltre ogni barriera. E l’odierno richiamo alla
grammatica e alle tabelline è giustificato esattamente dall’esigenza di dotare i
ragazzi del linguaggio, cioè dello stesso strumento che don Milani riteneva
indispensabile per una vita autenticamente umana e sociale.

Un messaggio sempre attuale

Una sfida non facile, in un contesto sociale in cui, dopo quarant’anni, i Pierini
sono sempre più tali e i Gianni sempre più numerosi, magari con la pelle colorata, e
in cui il riconoscimento della dignità di ogni singolo uomo deve trovare una
realizzazione concreta, che dia sostanza alle dichiarazioni di principio. Dal priore
di Barbiana giunge il messaggio profetico e non retorico che solo la parità
culturale dà dignità all'uomo; un messaggio sempre attuale perché educa al rifiuto
di una vita ripetitiva e condotta senza entusiasmi, teso ad andare oltre la ricerca
del benessere economico e a promuovere invece, in ognuno dei suoi allievi, “il
piacere di sapere per non essere subalterni”.

E ci appare in tutta la sua moderna provocatorietà, la sua scuola aperta, il
programma condiviso dagli allievi, il metodo cooperativo, il fondamento sul rapporto
educativo maestro-alunno ma anche sul legame tra compagni, i più grandi dei quali
insegnano ai più piccoli, tutto per conferire all’opera dell’apprendere coerenza e
forza espressiva. Così l’educatore Milani riusciva a sviluppare negli allievi
l’autonomia, la riflessione critica, la comunicazione, la conoscenza e le abilità.
Un modo di intendere la scuola, e un pensiero nuovo, che nascevano in una società in
cui il diritto all’istruzione non aveva ancora ricevuto tutta la sua
attualizzazione, ma che, proprio per la sua capacità di testimoniare un bisogno
primario dell’uomo, trova oggi ampi e convinti consensi, tanto da apparire come una
straordinaria anticipazione di quanto espresso nelle Raccomandazioni del Parlamento
e del Consiglio Europeo nel dicembre dello scorso anno. In esse si legge che
l’istruzione e la formazione iniziali “devono saper offrire a tutti i giovani gli
strumenti per sviluppare le competenze chiave a un livello che li prepari alla vita
adulta e costituisca la base per ulteriori occasioni di apprendimento, come pure la
vita lavorativa”.

E ancora, due punti in grande sintonia con la scuola di Barbiana: “…si tenga
debitamente conto di quei giovani che a causa di svantaggi educativi determinati da
circostanze personali, sociali, culturali ed economiche hanno bisogno di un sostegno
particolare per realizzare le loro potenzialità” e: “gli adulti siano in grado di
aggiornare e sviluppare le loro competenze chiave in tutto il corso della vita”.
Dunque, da quella Lettera a una professoressa in cui i ragazzi di Barbiana, assieme
al loro Priore, denunciavano un metodo didattico che, al di là delle buone
intenzioni, diventava ostativo alla realizzazione, anche sociale, dei ragazzi delle
classi più povere, arriva ancora oggi quell’I care che dovrebbe costituire lo slogan
riassuntivo di uno stile di fare scuola con il cuore, orientato alla presa di
coscienza civile e sociale, improntato al valore dell’accoglienza, in una società
complessa e in costante cambiamento, per insegnare a ogni alunno ad apprendere e a
vivere con gli altri.

*Sottosegretario al Ministero della Pubblica Istruzione.



http://www.treccani.it/site/Scuola/Zoom/donmilani/1.htm



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