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Maggio 2001 -Operazione Gerione - Violenze e pestaggi: presa banda di pedofili, aveva schedato 30 mila bambini, mappe di Roma per l’adescamento.

Lingua: Italiana
Destinatari: Insegnanti, Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma
Tipologia: Documentazione

Abstract: da Il Corriere della Sera
Martedì 22 Maggio 2001

Violenze e pestaggi, presa banda di pedofili

Avevano schedato 30 mila bambini, mappe di Roma per l’adescamento.

Tra loro un bidello

ROMA - «Tallonavamo questi pericolosi pedofili da mesi, ora ne abbiamo neutralizzati 6, ma l’inchiesta continua...» Poi però, mentre illustrava l’«operazione Gerione», il clamoroso blitz antipedofilia tuttora in corso nella capitale, la voce del colonnello dei carabinieri Baldassarre Favara si è leggermente incrinata. Stava ricordando le «scene agghiaccianti» viste dagli investigatori del Nucleo Operativo, una «violenza cruda e dura», immagini che un padre di famiglia non vorrebbe aver visto. «Ora però, grazie alla denuncia di una madre - ha proseguito l’ufficiale - si è rotto un muro di omertà».

IL BLITZ - Li hanno prelevati all’alba, nelle loro case, su mandato del Pm Maria Monteleone. Cinque pedofili, di età tra i 20 e i 59 anni, sono andati a raggiungere a Regina Coeli il loro ideologo e organizzatore, un ex poliziotto di 37 anni arrestato per violenza sessuale e pedofilia nello scorso ottobre. Fanno parte dell’associazione segreta «Fronte di liberazione dei pedofili», corredata di un «braccio armato» sul quale sono in corso ulteriori accertamenti, la «Brigata Pretoriana». Si prefiggevano, stando almeno ai documenti scoperti, iniziative di propaganda compresi atti di terrorismo. Pesante il bilancio della loro attività: sono 37 i bambini, tra i 9 e i 14 anni, che hanno subito violenza (pestaggi compresi) da questo gruppo di affiliati. E l’identità di altre 91 piccole vittime deve ancora essere verificata. Sono quasi 30 mila i ragazzi romani che erano stati schedati e «monitorati» dall’organizzazione che attraverso due membri aveva accesso alle banche dati del Provveditorato agli studi e si serviva perfino dei locali di una scuola elementare dell’Appio-Tuscolano per gli incontri proibiti. Scoperte 89 mila foto, 128 videofilmati, cinquemila files crittografati, 20 hard disk e 500 cd rom pieni di documentazione. Scoperti in un garage materiali chimici in grado di poter essere utilizzati per attentati, gli stessi di cui si farnetica nei «files» del movimento ai danni di nemici come magistrati, carabinieri e sacerdoti. Il gruppo, infine, faceva uso di cocaina.

GLI ARRESTI - A Regina Coeli c’era già R.M, 37 anni, ex poliziotto impiegato dal ’97 al Provveditorato degli studi di Roma con mansioni informatiche. Da ieri ci sono anche F.S. di 59 anni, «il maestro», bidello della scuola elementare del Tuscolano con 800 bambini, che spesso veniva usata nelle ore serali per gli incontri ripresi con telecamere: una foto lo ritrae con bimbi nei locali della segreteria. G.B. di 34, ex carabiniere attualmente buttafuori in una discoteca del centro città. È accusato di aver violentato parecchi minori in un’unica volta. «Dopo aver detto di essere un carabiniere - ha scritto il giudice - minacciava i minori e quando li trovava con la droga li costringeva a subire le sue morbose attenzioni in cambio dell’impunità». A.S. di 49, è invece il braccio destro di un medico proprietario di numerose cliniche all’Eur. A.L.V. di 19, è l’organizzatore d’incontri e l’«accompagnatore» di ragazzini adescati nei luoghi prescelti. Infine un uomo di 40 anni, pensionato, faceva «prostituire» i suoi due figli fin dall’età di 11 e 14 anni. Ora devono rispondere di violenza sessuale, pedofilia e pedopornografia. Ma l’inchiesta non è ancora conclusa: la rosa degli indagati si è già allargata ad altri quattro nomi eccellenti e sono 40 le perquisizioni già effettuate.

LA PRIMA TRACCIA - L’indagine ha preso le mosse otto mesi fa dall’arresto dell’ex agente di ps, in congedo dal reparto mobile di Padova e attualmente collaboratore informatico del ministero della pubblica istruzione. Nella sua casa di via Poporio Lenate al Tuscolano, proprio sopra una frequentatissima sala giochi, i carabinieri sono incappati in un computer che celava la banca dati dell’organizzazione pedofila. Tutto era annotato con cura in questi lunghi elenchi che l’uomo aveva carpito all’amministrazione scolastica di Roma e provincia, mostrando particolare interesse per i figli di famiglie divorziate o con problemi economici. Gli ultimi elenchi, neutralizzati dai carabinieri, riguardavano i ragazzi nati nell’84 e nell’85.

LE MAPPE - Non c’erano solo bambini pedinati, sorvegliati, fotografati e a volte adescati. Una delle scoperte più sconcertanti è stata quella della mappatura dell’intera città. Roma era stata suddivisa in aree definite «canoniche» per l’adescamento, come la valle dei cani a Villa Borghese, Monte Caprino, il parcheggio dell’Eur. Tutta la città era però considerata un’immensa «area di caccia di giovani prede» di esclusiva pertinenza di ciascun pedofilo. In cambio però vigeva la regola di mettere a disposizione degli altri ogni minore circuito. Le operazione avevano un nome in codice: Harem Project, Handle with care, Enfant Harem, Young Contact.

Paolo Brogi


Padri e madri ai cancelli dell’istituto diventato la base dei criminali. Il provveditorato: non hanno rubato i nostri dati

I genitori assediano la scuola dell’orrore: «C’è anche il mio bimbo?»

ROMA - Una mamma ha portato la foto del figlio e cerca poliziotti, investigatori, inquirenti, qualcuno che sappia, che conosca la verità. Per mostrare l’istantanea e chiedere: «C’è anche il mio bambino, tra quelli...?». Il termine che segue è violentati , ma è una parola che fa troppa paura, adesso, di fronte alla scuola violata. Così i genitori, tanti, si sono ritrovati in un’assemblea spontanea, nel pomeriggio, per confrontare timori e scegliere cosa fare, adesso, dopo aver scoperto che per i figli gli orchi potrebbero non esistere solo nelle fiabe. Dopo aver capito che uno degli orchi di mestiere faceva il bidello. E che un altro era riuscito a entrare nella banca dati del Provveditorato agli studi. «I genitori sono molto preoccupati», ha scritto la preside della scuola, Rita Caruso, nella relazione giunta sul tavolo del provveditore agli studi di Roma, Roberto Fedele, poco dopo le 14. Ma quella frase non racconta bene il terrore e l’angoscia delle centinaia di papà e mamme che, da ieri mattina, hanno raggiunto la scuola elementare nel quartiere Appio Tuscolano. Una processione nervosa e impaurita di uomini e donne, che stamani si ripeterà negli uffici dei carabinieri di via In Selci: ognuno, tra le mani, avrà la foto del figlio. E, ognuno, chiederà una sola cosa, agli inquirenti: «C’è anche il mio bambino, tra quelli?». Gli inquirenti sono certi che non ci siano gli alunni di quest’istituto, tra le vittime e il provveditore agli studi ha provato a tranquillizzare i genitori degli altri bambini romani: «Escludo in materia più assoluta che il nostro impiegato avesse accesso all’anagrafe studentesca». Una banca dati che contiene l’intero universo scolastico romano: cinquecentomila indirizzi, numeri di telefono, milioni di informazioni. «Ma tutti i bambini della città potrebbero essere a rischio - dice la presidente dell’Unione Italiana Genitori, Donatella Poselli - ed è inutile negarlo. L’impiegato del provveditorato lavorava proprio al terzo piano, lo conoscevo di vista. Ma che non avesse accesso alle informazioni sui ragazzi è poco credibile». Infatti: aveva informazioni precise su trentamila bambini, catalogati per difficoltà economiche e familiari. «Ma l’archivio degli orrori - ipotizza Poselli - potrebbe essere più esteso, magari completo». L’eventualità è esclusa dagli inquirenti, ma non è facile tranquillizzare i genitori. Che su un aspetto della vicenda, ieri pomeriggio, avevano idee chiare: «Il bidello è innocente». E la preside: «Affiderei i miei figli, a quell’uomo». I dubbi, però, erano rivolti altrove: «Come si può essere certi che l’hacker non avesse accesso a tutto?». Spiegare loro che i carabinieri sono certi che non sia così, serviva a poco, ieri. «La rabbia è incontenibile - per Poselli - anche perché è difficile credere che tra le persone della zona nessuno abbia visto i bambini entrare nella scuola fuori dal normale orario. Chi sa deve parlare, adesso. Noi abbiamo un avvocato, per proteggere chi vuole collaborare». Al provveditorato, invece, alcuni impiegati, in cambio della garanzia dell’anonimato, hanno raccontato la loro idea dell’hacker della pedofilia: «Era stimato, qui dentro, nonostante avesse delle difficoltà evidenti, sul lavoro. Ecco: proprio non sembrava un esperto di informatica, uno in grado di volare sulla rete». Invece sì, volava, ma non come un angelo.

Alessandro Capponi



http://board.edscuola.it/archivio/stampa



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