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Educazione linguistica Italiano
La Londra di Virginia Woolf - di Concita De Gregorio

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore
Tipologia: Materiale di studio

Abstract:
La Londra di Virginia Woolf
 
di Concita De Gregorio

Vengono in mente certe pagine di Cortazar e di Ernesto Sabato, il lavoro recente di Sinisterra per il teatro, Il lettore a ore. Vengono in mente le storie di ciechi che chiedono «leggimi un libro, mostrami il mondo com' è». Virginia Woolf scrive per i ciechi. Per quelli che non vedono, per quelli che guardano senza vedere. Non ci può essere un' altra descrizione della realtà dopo la sua: è definitiva. Spigolosa e rotonda, a fuoco e in dissolvenza, zoom e grandangolo, ironia leggerissima e sobrietà pignola. Passo svelto, sosta, corsa, nuova sosta in ginocchio ad osservare un dettaglio, divagazione, assonanza. Viene voglia di non aver mai visto Londra, di essere portati come ciechi per mano dal suo racconto.

Che piacere dev' essere stato per i lettori americani della rivista "Good housekeeping" aprire le pagine seduti nel salottino di casa, primavera del ' 31 e trovare pubblicati uno dopo l' altro, per sei numeri, i reportages di Virginia da Londra. Che fortuna non esserci mai stati e sapere da lei com' è il porto, Oxford street, la casa di Keats, il profilo di St. Paul, il tinello della signora Crowe. Mondadori pubblica ora i sei articoli negli Oscar, titolo Londra in scena, una bella prefazione di Nadia Fusini, una sintetica biografia dell' autrice che ci fa tornare in mente, per esempio, il giorno in cui Virginia andò a trovare Freud nella sua casa londinese pochi mesi prima che il padre della psicanalisi morisse. Freud sulla porta, congedandosi da lei, le regalò un narciso.

Il viaggio per la metropoli comincia dai Docks, le navi cariche di merci che arrivano «adescate dalla terraferma». Balle di zanne di elefante, i mercanti scartano e mettono da una parte le più scure: seconda scelta dato che non ci si possono fare palle da biliardo, solo manici di ombrello. «Che siano più scure è ovvio, sono zanne di mammut rimasti congelati nei ghiacci siberiani per cinquantamila anni». «Così se acquistate un ombrello o uno specchietto non della migliore qualità è probabile che stiate acquistando la zanna di un animale che vagava per le foreste dell' Asia quando ancora l' Inghilterra non era un' isola». La descrizione si interrompe un istante per dire: «La bellezza è un effetto secondario dell' utilità». Poi riprende dalle balle di lana grezza, i cerchioni di ferro che diventeranno rasoi.

Oxford street è «il letto sassoso di un fiume», un «puzzle che non si compone mai, non importa quanto a lungo si rimanga a guardare». E' una «coltura, la serra delle sensazioni». Le vetrine, gli autobus, le signore, le insegne. «Il fascino della Londra moderna sta proprio nel fatto che non è costruita per durare ma perché passi». «Persino un moralista, che si deve supporre sia un uomo con un credito in banca visto che può passare il pomeriggio a sognare persino un moralista dovrà ammettere che questa strada sgargiante, vivace, volgare ci ricorda che la vita è una lotta: ogni costruzione è caduca, ogni esibizione vanità».

Della casa di Keats, morto a Roma a 26 anni, sappiamo che nel suo salotto «ci sono due sedie, la stanza è vuota perché Keats non possedeva quasi niente, pochi mobili e non più, così si dice, di centocinquanta libri». Così le sue stanze sono arredate «solo di luce e ombra», il «commercio della vita è messo a tacere, la voce della casa è quella delle foglie» in giardino. Le grandi cattedrali e le abbazie, la Camera dei Comuni, infine il «ritratto di una londinese», la signora Crowe. Una «collezionista di relazioni» che invita ogni giorno amici per il tè. «Non voleva intimità, desiderava conversazione. L' intimità tende a generare il silenzio e lei il silenzio lo aborriva». «Se uno diceva qualcosa di brillante lo si sentiva quasi come uno strappo all' etichetta un incidente da ignorare come un attacco di starnuti». Si ascolta il pettegolezzo mondano: «è sorprendente quante persone siano cugine di ventesimo grado, se solo lo sapessero».

(29 lug 2006)


http://www.kataweb.it/libri/recensione.jsp?nameCat=Repubblica&id=1678698



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