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Il papa all'università. Un'analisi oltre le polemiche


Lingua: Italiana
Destinatari: Insegnanti, Alunni scuola media superiore, Formazione post diploma
Tipologia: Documentazione

Abstract:
Il papa all'università.
Un'analisi oltre le polemiche


di Roberta Leone/ 13/09/2006
Clicca qui per ingrandire|
 

  Chi l'avrebbe mai detto, che dall'austera aula magna di un'università tedesca, le parole del papa potessero fantasiosamente essere mescolate in una variopinta "Wunderkammern" sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo?  

  Da uno dei nostri inviati.

REGENSBURG - Chi l'avrebbe mai detto che dall'austera aula magna di un'università tedesca, fra le menti dell'intero collegio accademico ratisbonense, potessero figurarsi e prendere corpo fantasmi di tempi lontani, bagliori di sciabole esotiche e cimieri di prodi guerrieri, e ancora, freddi funzionari che da Washington a Roma progettano il futuro del mondo… Eppure, tant'è: sciabolate, scomuniche, battaglie, intere crociate - o jahad, dipende dal punto di vista - popolano da ieri, fantasiosamente mescolate in una variopinta "Wunderkammern", le prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Fatto singolare - e tuttavia comprensibile se ad esserne il protagonista è il Sommo Pontefice - è che a mettere su un tale teatro delle meraviglie sia riuscito un dotto intervento accademico, che nelle intenzioni di chi lo ha pronunciato doveva "semplicemente" illustrare, insieme ad alcuni diretti corollari, la tesi principale della ragionevolezza dell'interrogativo su Dio.

Intenzioni - che in un'esposizione diventano premesse - e tesi. Il problema è interpretativo e la querelle si gioca tutta sulle misure: di peso - quello dell'argomento islamico, più rilevante nello scenario internazionale rispetto alla dialettica fede-ragione - e di intensità, perché è molto più consistente nella sensibilità comune la paura dell'Islam piuttosto che il sonno della ragione. Vince, dunque, il fantasma della guerra santa, e quindi il mondo dovrà parlare oggi di quell'imperatore Manuele II Paleologo, uomo di vasta cultura, che usava discorrere con un altrettanto erudito persiano del suo tempo riguardo al mutamento dell'Islam dopo le novità introdotte dal Profeta Maometto, una volta rafforzata la posizione di quello come guida indiscussa del popolo musulmano. "Vorrei toccare in questa lezione - premette il papa chiarendo da principio il peso e il valore funzionale dell'esempio legato all'imperatore - solo un argomento - piuttosto marginale nella struttura del dialogo - che, nel contesto del tema "fede e ragione" mi ha affascinato e che mi servirà come punto di partenza per le mie riflessioni su questo tema".

Servono come punto di partenza e non d'arrivo le parole di Manuele II, per alcuni motivi facilmente intuibili. L'imperatore sostiene che il "non agire secondo ragione - con logos - è contrario alla natura di Dio", e che la Guerra santa e le novità che Maometto ha portato nell'Islam rispetto a pochi anni prima, quando unica norma era la ragionevole assenza di costrizione nelle cose di fede, sono cattive e disumane. Lo sono, aggiungiamo noi, perché nella prospettiva di un imperatore formato nella tradizione filosofica greca, Dio, che è logos, cioè forza creatrice e ordinatrice, non può che essere in antitesi con qualsiasi atto che della vita sia una negazione.

A questo punto la strada dell'interpretazione arriva ad un bivio: o con la citazione di Manuele II è funzionale a esprimere una condanna delle istanze più violente dell'Islam - e, in tal caso, la strada incontra una brusca interruzione - o, con premesse completamente opposte, è la condanna della violenza ad essere funzionale a spiegare, paradigmaticamente, la sintesi di ragione (logos) e fede che nasce dall'incontro della cultura greco-ellenistica con la novità cristiana. Il passaggio, è bene sottolinearlo, non è di poco conto, perchè superato il pur sostanzioso spazio riservato all'exemplum, Benedetto XVI passa in rassegna tutti i nodi fondamentali di sviluppo della nuova cultura.

E dice: "L'incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non era un semplice caso. La visione di san Paolo, davanti al quale si erano chiuse le vie dell'Asia, e che, in sogno, vide un Macedone e sentì la sua supplica: "Passa in Macedonia e aiutaci!" - questa visione può essere interpretata come una "condensazione" della necessità intrinseca di un avvicinamento tra la fede biblica e l'interrogarsi greco". E non sarà neppure un caso che Benedetto XVI citi Paolo di Tarso, che da quel momento in poi porterà il novum evangelico nell'intero mondo ellenizzato, permettendo la sintesi culturale, quella prima inculturazione che farà del cristianesimo un fatto totalmente nuovo. Non più una setta di matrice ebraica aperta ai soli circoncisi, ma un "culto spirituale", logiké latreia, sostenuto da una struttura di pensiero già tutta occidentale, in cui la cultura greca è parte fondamentale e necessaria. Disellenizzare il cristianesimo sarebbe, quindi, snaturarlo.

Premessa, questa, della richiesta del riconoscimento delle radici cristiane dell'Europa. Il rimando è immediato, lo si intuisce senza difficolta', e di lì a pochi minuti, infatti, Benedetto XVI sostiene con forza: "Considerato questo incontro, non è sorprendente che il cristianesimo, nonostante la sua origine e qualche suo sviluppo importante nell'Oriente, abbia infine trovato la sua impronta storicamente decisiva in Europa. Possiamo esprimerlo anche inversamente: questo incontro, al quale si aggiunge successivamente ancora il patrimonio di Roma, ha creato l'Europa e rimane il fondamento di ciò che, con ragione, si può chiamare Europa." Qui, nel richiamo all'Europa e all'Occidente a riscoprire nelle basi cristiane del binomio ragione-fede la propria identità, sono il cuore e la dirittura d'arrivo del discorso di Benedetto XVI, in piena e lineare continuità con gli ultimi discorsi e le omelie di questo viaggio apostolico in Baviera.

Infine, corollario di non poca importanza, Benedetto XVI riporta chiaramente l'attenzione alla teologia come parte dell'universitas studiorum: "la teologia, non soltanto come disciplina storica e umano-scientifica," - come è considerata, ad esempio, nelle cattedre statali tedesche - "ma come teologia vera e propria, cioè come interrogativo sulla ragione della fede deve avere il suo posto nell'università e nel dialogo delle scienze". Università statali aperte alla teologia, quindi: il dibattito si era andato animando proprio negli ultimi mesi, mentre già in alcuni dipartimenti degli atenei italiani le voci su nuove prospettive di insegnamento andavano aumentando. Oggi, si è pronti a scommetterlo, una scossa imponente deve aver attraversato i corridoi di molte università, soprattutto italiane. E chissà che le vere sciabolate non comincino adesso.


http://www.korazym.org/news1.asp?Id=19138



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