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ATTACCO ALLA TERRA - Virus dei polli, Europa impreparata

Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore
Tipologia: Documentazione

Abstract: ATTACCO ALLA TERRA
Virus dei polli, Europa impreparata
«Una minaccia mondiale» L'Ue smorza gli allarmismi ma ammette le difficoltà: più della metà degli stati membri non sono pronti a far fronte all'influenza, c'è bisogno di un coordinamento con i paesi del sud-est asiatico e del Maghreb. Nuovi casi in Romania, allarme in Grecia
ALBERTO D'ARGENZIO
BRUXELLES
L'Unione europea non è proprio preparatissima a una pandemia, dice il Commissario alla sanità Markos Kyprianou, ma pure così le istituzioni comunitarie inviano messaggi di calma, dopo aver seminato il panico non più tardi di una settimana fa. «La scoperta di nuovi casi di influenza aviaria in Europa - dice Kyprianou - non ha effetto sulla possibilità di pandemia influenzale. Essa potrebbe venire da questo virus come anche dalla mutazione di altri». In sostanza prepariamoci a qualcosa che arriverà, anche se non si sa bene quando e con che faccia, anche se per ora va quella del pollo. Per contrastare questa eventuale emergenza, spiega il Commissario, esistono dei piani nazionali mentre si va ampliando il coordinamento tra i 25 come tra loro e gli altri paesi, quelli già colpiti, in particolar modo del sud-est Asia, o quelli che verranno colpiti, come gli stati dell'Africa orientale e del Maghreb. Intanto si scopre che «più della metà degli stati membri non hanno raggiunto il livello di preparazione necessaria», soprattutto per quel che riguarda le scorte di antivirali e di vaccini contro la normale influenza (secondo l'Oms da somministrare alle fasce più deboli, anziani, diabetici e malati di cuore: il 25% della popolazione). Frasi contrastanti che, tra allarmi e tranquillanti, lasciano in bocca un lieve sapore di schizofrenia comunitaria. Dietro al commissario campeggia il simbolo della Presidenza inglese, uno stormo di uccelli migratori, quasi un oscuro presagio dell'ultimo, recentissimo, incubo europeo.

E l'incubo è ormai dentro i confini dell'Unione, con il ritrovamento di un focolaio del virus nell'isola greca di Inousses, a due passi da Chios e dalle coste turche. In attesa che venga confermata, in Grecia come nel laboratorio comunitario di Waybridge, la quasi sicura presenza del temuto virus H5N1, le autorità di Atene hanno già deciso di bloccare il commercio di pennuti vivi, carni e piume della regione di Chios verso il resto del paese e del continente. Altri pennuti sono invece risultati positivi in Romania, nel delta del Danubio: un cigno nel villaggio di C.A. Rossetti, un altro a Maliuc e un'anatra a Camurlia de Jos. Il bollettino europeo indica anche morti sospette di volatili in Macedonia. Di fronte a questo panorama, i ministri degli esteri si ritrovano per una riunione lampo buona più che altro per «tranquillizzare i cittadini», parole del presidente di turno, il britannico Jack Straw (il cui nonno morì nel 1918 per la spagnola), e per fare il punto della situazione, tra misure prese e prossimi appuntamenti.

Tra questi ultimi spicca il vertice di inizio novembre a New York a cui parteciperanno Oms, la Fao e la Banca mondiale, una prima occasione per valutare la situazione e le necessità dei paesi del sud-est asiatico come dell'Africa. Quindi ad inizio 2006 dovrebbe essere organizzata una nuova conferenza buona per decidere le misure di assistenza tecnica ed economica da fornire ai paesi meno sviluppati.

Prima ancora, ossia domani e dopodomani, i ministri della sanità dei 25 si ritrovano a Londra per un consiglio incaricato di affrontare aspetti più tecnici, come le relazioni con l'industria del settore. L'Ue chiederà alle imprese di aumentare la capacità di produzione di antivirali e di tenersi al tempo stesso pronti in vista della scoperta e produzione di un vaccino, nel caso l'H5N1 dovesse mutare e divenire trasmissibile tra gli uomini.

E qui si apre il fronte farmaceutico. Ieri la svizzera Roche, produttrice del Tamiflu, il più efficace tra gli antivirali, ha parlato di una possibile concessione della licenza ad altra impresa in modo da aumentare la produzione del farmaco, come richiesto a gran voce dai governi del sud-est asiatico (e sottovoce da quelli europei). Forse la multinazionale è diventata più malleabile per via della notizia che vuole il Tamiflu inefficace contro una nuova mutazione del virus. Intanto sulla Roche piovono ordinativi da 40 paesi.



http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/19-Ottobre-2005/art33.html



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