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Biologia

Non solo Referendum - Maria Luisa Boccia, Grazia Zuffa



Lingua: Italiana
Destinatari: Alunni scuola media superiore, Insegnanti
Tipologia: Documentazione

Abstract:

Non solo Referendum

Ci interessa ragionare, in una sede di donne, delle "pratiche e dei discorsi che possiamo mettere in comune" , scrivevamo su il manifesto, al momento della raccolta delle firme per i referendum. Oggi, per noi prendere posizione richiede un senso di responsabilita' individuale e sociale che non può esaurirsi nel barrare un Sì sulla scheda. Chiede parola oltre la logica proibizionista della legge 40 che vede il divieto come unico limite a (presunte) volontà senza limiti, di medici e scienziati a sperimentare nei laboratori, di donne e uomini a fare figli, come fosse un "diritto " . Oltre l’appello a valori astratti e inconciliabili : da un lato la libertà della ricerca scientifica, ed il progresso dello sviluppo tecnologico, dall’altro la sacralità del concepito e del legame biologico a fondamento della famiglia. Una contrapposizione che rischia di radicalizzarsi nel corso della campagna referendaria, tacitando ancor più la voce di donne ed uomini, direttamente coinvolti a pronunciarsi con il voto. Mentre per uscire dalla strettoia di questa pessima legge, c’è bisogno di pratiche e attitudini riflessive, a partire dall’esperienza, e non dell’agitazione di spettri ideologici, di opposto segno. C’è bisogno per parlare con donne e uomini di un linguaggio meno distante dalle loro domande, dalle ragioni che possono motivare un sì o un no. C’è bisogno di un discorso netto e chiaro sulla legge, quanto critico sullo scenario tecnologico.

Lo scenario tecnologico inquieta molte di noi, come tanti uomini e tante donne. Ed avvertiamo il bisogno di ritrovare un ordine del discorso che ricomponga la frantumazione dei processi riproduttivi indotta dalle tecnologie, che dia un senso al materiale biologico separato dai corpi viventi. Uova, spermatozoi, zigoti, embrioni, corredi cromosomici e genetici popolano ormai l’immaginario collettivo come fossero dotati di autonomia, una volta separati dai corpi. E danno sostanza al biologismo, come nocciolo essenziale del discorso: di quello sull’etica della vita e dei diritti del concepito come di quello sulla fiducia nel progresso scientifico e tecnologico . Si spiega così il paradosso di una legge ostile alle tecnologie, la quale tuttavia ne assume, legittimandolo ed amplificando, l’impianto scientifico-ideologico.

Colpisce nelle dispute ontologiche sull’embrione l’ostinato silenzio sulla madre. Senza la quale non vi è "vita", neppure biologica, che possa svilupparsi; tanto meno vi è essere umano, o un soggetto che possa rivendicare alcun diritto, a cominciare da quello a nascere. Se è’ vero che la tecnica fa scomparire i corpi nell’atto del concepimento, tuttavia non può fare a meno dell’opera della madre perché da quel concepimento si arrivi alla nascita di un essere umano. Questo silenzio ci impedisce di interrogarci sul silenzio nostro e di altre, sul desiderio femminile di divenire madre, se e come muta con il ricorso alle tecniche o al rapporto sessuale , per le diverse pratiche di corpi e menti. Vorremmo ripensare alla differenza di essere donna ed essere madre che per tante di noi ha costituito il sapere più fecondo acquisito sull’aborto.

Non vi è modo di fare ordine nella procreazione, medicalmente assistita e non, se non si mette al centro delle relazioni e delle regole, la donna, quale soggetto libero e responsabile. Discendono da qui per noi le valutazioni di merito sui punti più gravi, diremmo "perversi", della legge, quelli oggetto dei referendum.

Non ci sono però estranee le preoccupazioni di chi teme derive incontrollate della ricerca e nella sperimentazione. C’è il problema di che cosa fare o non fare degli embrioni prodotti in provetta, e in generale di una loro tutela. La fecondazione lascia spazio per interventi di cui e'necessario definire modi e limiti: sulla selezione degli embrioni prima del trasferimento in utero, sul tempo massimo consentito alla crescita in vitro, sugli indirizzi della ricerca, sulle forme di finanziamento e di controllo pubblico. E su questi problemi la comunità scientifica non è un blocco monolitico, vi sono donne ed uomini, che, proprio a partire dalle incrinature prodotte non da oggi tra scienza e società, lavorano sull’autocoscienza della scienza. Dopo il disastro di Cernobyl ci siamo ritrovate in tante attorno alla "coscienza del limite".

Dare corpo alle parole, parole ai corpi è stato sempre decisivo nelle pratiche politiche e discorsive di donne. E’ questo il filo del discorso che vorremo riprendere, oggi che ci troviamo di nuovo a misurarci con discorsi senza corpo, e con la riduzione a biologia dei corpi, degli esseri umani , del significato e dell’esperienza della nascita, e delle relazioni che attorno ad essa si costruiscono.

Maria Luisa Boccia, Grazia Zuffa



http://www.diotimafilosofe.it/down.php?t=2&id=80



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